CAPITOLO 26 - Nives

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Tancredi mi manca da impazzire. Mi sento un po' persa, in casa sua. Ho paura di toccare le sue cose, a volte ho anche il timore di sedermi sul suo divano. Ma solo perché a Torino non potevo farlo.

Ora però sono qui, lui non c'è.

Fisso la cabina armadio della camera da letto. Non ha moltissimi vestiti, la maggior parte sono tutti completi blu o neri tutti simili tra loro. C'è anche quello grigio, che ha messo per il nostro primo appuntamento. Poi delle tute sportive, qualche jeans, magliette, camicie, maglioni invernali. È tutto ben sistemato, ordinato, preciso. Le scarpe sono allineate negli appositi scompartimenti, così come le cinture e le cravatte.

Ma soprattutto qui dentro c'è il suo profumo.

Non oso toccare nulla, mentre osservo. L'unica cosa che tengo sempre con me, è la camicia che indossava l'altra sera.

È passato un giorno e mezzo, da quando è partito. Non so che ora sia in Thailandia, adesso. E non so cosa stia succedendo. Vorrei chiamarlo, ma temo di disturbarlo. Magari sta riposando, è stressato e il fuso orario non lo aiuta di certo.

Ma, come se i miei pensieri si fossero trasmessi ai suoi, sento improvvisamente il cellulare squillare. Mi butto sul letto per prenderlo. - Ciao, amore mio. -

- Avevi ragione, Nives! -

- Su cosa? -

- L'hotel non è esploso! È esplosa la copertura! -

- Davvero? -

- Sì! - lo sento ridere. - E papà aveva fatto costruire anche una villa, qui a Bangkok. È fantastica, dovremo venire in vacanza qui. Voglio mostrarti tutto. -

- Non vedo l'ora. -

- Purtroppo, però, è comparsa anche Paige. -

Mi irrigidisco. - Dimmi che... -

- Non è successo niente. Ha quasi sparato a Vittoria, ma... -

- Non è successo niente, ma ha quasi sparato a Vittoria. - lo interrompo. - Sul serio? -

- Sì, ma non è stato così folle come l'episodio nel jet. Credo che Paige si sia finalmente arresa. -

- Aspetta, vuoi dire che... -

- Che forse è finito tutto. Sai questo cosa significa, vita mia? -

Che potremo smetterla di nasconderci. - Sì... -

- N...Aspetta... - sento uno strano rumore. - Che succede? Sì, arrivo. Un attimo. Vai, non cominciare. Brando! - improvvisamente, non sento più la voce di Tancredi, ma quella di Brando. - Allora, dovrò cominciare a chiamarti cognata, adesso? -

Non so cosa rispondere. - Ciao, Brando... -

- Ha confessato, puoi parlare con serenità. -

Rilasso le spalle. - Ok, allora sì, puoi chiamarmi cognata, adesso. -

- Non smetterò comunque di provarci con te, però. Ahia! - ho la sensazione che Tancredi lo abbia appena colpito. Poi, un altro rumore e al telefono torna lui. Sento anche una porta sbattere. - Scusa. -

- No, è stato divertente. - ridacchio. - In fondo, è grazie a Brando se hai fatto il primo passo con me. È giusto che lo sappia per primo. -

- Lo avrei fatto comunque, per la cronaca. Ma sì, lui ha dato fuoco alla miccia. -

- Quando tornerai, quindi? -

- Dopodomani. Il tempo di controllare il vero hotel e tornerò da te. -

HEAL MY PAIN - TancrediDove le storie prendono vita. Scoprilo ora