CAPITOLO 80 - Tancredi

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L'ultima (ed anche la prima, in realtà) volta che sono stato qui, non è andata benissimo. Insomma, all'inizio sì, ma poi è andato tutto a rotoli. Il che è un bene, però, altrimenti non mi sarei ritrovato qui. Si è capito, no?

- Finalmente è arrivato questo giorno. - mia madre viene a sistemarmi la cravatta, nel suo bellissimo vestito verde. - Posso portarti all'altare. -

- Lo hai già fatto, sai? -

- Sì, ma controvoglia. - ridacchia, appoggiandomi le mani sulle spalle. - Sei pronto? -

- Sì. - le bacio la guancia. - Sono più pronto che mai. -

- Toc-toc! - Ascanio entra con Zeno in braccio. È cresciuto, il ragazzone. Ha un anno, adesso. - Caspita, che figurino. -

- Anche tu non scherzi. - lo abbraccio, prendendo il mio nipotino. - E mi riferivo a Zeno, ovviamente. -

- Sì, certo. -

- Come si fa il nodo!? - arriva anche Brando, vestito, tranne che per la cravatta slegata attorno al collo. - Qualcuno mi aiuti, prima che la usi per impiccarmi. -

- Il solito esagerato. - ci pensa Ascanio a sistemargliela e, per un breve momento, rivedo i miei due fratellini bambini: Ascanio inginocchiato davanti a un Brando di tre anni che non sa allacciarsi le scarpe. E poi ci sono io, appoggiato alla cornice della porta, che li guardo sorridendo. In quel momento, mio padre era passato in corridoio e aveva visto sia me che loro. Le sue mani si sono posate sulle mie spalle per qualche secondo, prima che scendesse alla reception. E potrebbe essere la suggestione dei ricordi, ma ho la sensazione di sentire di nuovo quelle mani sulle spalle, adesso. Stessa durata, stessa pressione. Papà è qui anche oggi.

- Ecco fatto. -

- Grazie. - borbotta il piccolino. - Al ricevimento la tolgo, ve lo dico già. -

- La toglierò anch'io. - lo rassicuro. - E sicuramente anche Ascanio. -

- Vittoria potrebbe uccidermi. -

- Ti ucciderà per altri motivi, non di certo per una cravatta. -

- Anche questo è vero. - si riprende suo figlio. - Andiamo, campione. Mamma ci aspetta. -

- Ma-ma. - balbetta, battendo le manine.

- Non credi sia ora di dire anche "papà"? -

- Ma-ma. -

- Ti sfotte anche tuo figlio. - ridacchio.

- Vedremo quanto riderai, quando Dafne ti porterà a casa un ragazzo. -

- Taci. -

- Nives è una bomba, comunque. -

Ho uno scatto. Lui l'ha già vista, quindi. E la cosa mi urta, sono curioso anch'io. Non vedo l'ora che arrivi.

Abbiamo deciso di sposarci a Cefalù e non a Palermo. È qui che è iniziato tutto tra di noi, in fondo. La nostra prima cena insieme. La prima volta che l'ho tenuta per mano. Questo posto è stato la nostra magia e lo sarà ancora una volta oggi.

- E Dafne? - chiedo. - Lei posso vederla, no? -

- No. - mamma scuote la testa. - Lei e Nives hanno lo stesso vestito. -

Sorrido. Non vedo l'ora di vederle. E non vedo l'ora di poterla finalmente chiamare "mia moglie". Ne abbiamo passate troppe, da quando abbiamo fatto le scelte sbagliate. È ora di iniziare questa nuova vita insieme.

- Si può? - Vittoria fa capolino nella stanza. E ha in braccio...

- Dafne! - corro a prendere la mia bambina. Indossa ancora il pigiama e sembra essersi appena svegliata, dai capelli tutti dritti sulla testolina. - Ciao, amore mio. - si accoccola contro di me, sbadigliando. - Pisolino tattico, per caso? -

HEAL MY PAIN - TancrediDove le storie prendono vita. Scoprilo ora