5:08. Il numero del mio destino.
Mi destai da quel sogno profondo. 5:08 segnava il mio orologio da taschino. Mi alzai dal letto cercando di non fare tanto rumore. La voglia di dormire pochi minuti in più era tanta, ma sapevo che non avrei mai chiuso occhio.
Spinta da una grandissima forza di volontà mi alzai lentamente dal letto. Il mio corpo sembrava a suo agio, rilassato come se questa nottata fosse stata rigenerante. Mi resi conto che passai la notte con addosso la mia felpa gigante che sprigionava un odore forte. La mia mente viaggio facendo riaffiorare i ricordi della serata precedente. Sfiorai leggermente l'angolo della mia bocca, ricordando quel quasi-bacio.
Sentii la mancanza di quella sensazione e la voglia di poter rivivere quei sentimenti.
Mi alzai di colpo dal letto, io non sono così, io non posso essere così. Non voglio provare ancora dolore, non voglio essere delusa da uno stupido uomo, non lo sarò.
Corsi in bagno prendendo a caso un paio di pantaloncini e una canottiera bianca, ovviamente senza dimenticare l'intimo di pizzo rigorosamente bianco.
Mi tolsi gli indumenti di dosso lanciandoli in un angolo del bagno. Mi infilai nella doccia, l'acqua era congelata. Speravo che tutto sparisse, per un attimo chiusi gli occhi. Speravo che la mia vita cambiasse, che mio padre fosse qui. Gli avrei dato del bastardo di nuovo, ma subito lo avrei abbracciato, continuando ad insultarlo e in fine gli avrei chiesto scusa. Scusa per tutto!
Sollevai le palpebre lentamente sperando che tutto ciò potesse cambiare.
Come al solito mi ritrovai sola, abbandonata al mio destino. Sperai di poter risentire il calore di quelle forti braccia intorno al mio corpo. Sperai che tutto si potesse sistemare con un abbraccio. Anche se la speranza è l'ultima a morire, questa volta è diverso, la speranza mi è stata strappata via brutalmente. Mi è negato sperare, sarebbe inutile cercare di sperare quando invece bisognerebbe solo accettare la nuda e cruda realtà.
Uscii dalla doccia decisi di stirarmi i capelli e di rendermi carina per la colazione con Brandon. Non avevo ancora inquadrato quel ragazzo. Il suo pensiero era ignoto e forse era proprio per questo che non vedevo l'ora di poterlo conoscere.
Mi vestii mettendo infine le mie amate converse bianche. Passai per l'ultima volta la piastra e senza far rumore presi il mio orologio e controllai l'orario. Segnava le 6:45.
Mancava poco all'appuntamento, stabilito per le 7:30 davanti alla mensa. Guardai Charlotte dormire beatamente coperta, come al suo solito, dalla testa ai piedi. Il dispiacere a causa della litigata avventura il giorno prima era immenso. Come se fossi stata colpita alla bocca dello stomaco.
Sapevo che quella non era la ragazza che conoscevo, sapevo che stava succedendo qualcosa nella sua vita di cui io ero all'oscuro. Non conoscevo il suo dolore e forse ciò che potevo fare in quel momento era starle accanto, cercando di non continuare ad alimentare inutili discussioni. Avrei dovuto aiutarla, avrei voluto farlo, ma qualcosa me lo impediva, anzi qualcuno, lei.
Era arrivato il momento di uscire dalla baracca. Decisi prima di passare a lasciare gli indumenti in lavanderia. Mi sorpresi ancora una volta constatando l'accurata organizzazione di quel posto.
Una signora dal fare molto calmo e lento, prese gli indumenti chiedendomi il numero del mio alloggio 《508.》risposi d'istinto e solo allora, dopo tempo, costatai come il destino mi stava giocando un orribile scherzo. La signora che era l'amore fatta in persona e trasmetteva tranquillità, prese il numero della camera, spiegandomi che gli abiti sarebbero stati riportati direttamente nell'alloggio. La ringrazia uscendo da quel luogo che profumata di detersivo per il bucato.
Mi incamminai per quelle stradine illuminate da un sole che iniziava a rendere pesante l'aria. Pensai a quanto il preside abbia lottato per questo posto e quanto sia stato importate per lui, siccome puntava a realizzare il sogno della donna che sempre occuperà il suo cuore.
Quel tragitto accompagnato dai miei pensieri non fu per nulla lungo e stressante, nonostante la mattinata era alquanto calda e afosa. Nonostante ciò camminai convivendo con quella sensazione strana, ma allo stesso tempo bella, che tutte le ragazze prima di un appuntamento provano. Le cosiddette farfalle allo stomaco.
Arrivai finalmente al luogo di incontro, non dovetti aspettare a nessuno, al contrario, Brandon era lì puntuale e sperava solamente di vedermi arrivare al più presto. Lo si leggeva negli occhi non aspettava altro, sembrava ansioso e alquanto timido. Non avevo mai visto un ragazzo così: dal fisico scolpito e di bell'aspetto ma con un carattere vulnerabile.
Mi incamminai verso di lui, cercando, durante il tragitto, di sistemarmi i miei orribili capelli.
《Finalmente sei arrivata! 》 esclamò correndo verso di me e regalandomi uno di quei sorrisi, che molte ragazze avrebbero pagato per riceverlo.
《Già, sono qui e sto morendo di fame. 》scherzai, ripensando che infondo ieri non avevo cenato, o meglio avevo solamente bevuto del the quasi congelato.
《Allora è meglio entrare. 》 sorrise facendo un cenno di mano per farmi passare per prima.
Ricambiai il sorriso incamminandomi verso l'entrata della mensa. Proprio davanti alla porta Brandon mi precedette e con galanteria aprì la porta, facendomi così passare per prima. 《Grazie! 》sussurrai ammirando il suo fare gentile e sorprendendomi per la sua galanteria.
Quasi subito quella sensazione che mi accompagnava in tutto il tragitto si calmò e iniziai ad abituarmi alla presenza di quel ragazzo alto e con dei muscoli da far paura.
La mensa era quasi piena e notai che ad ogni passo Brandon si fermava a salutare con un cenno di mano quasi tutti, che subito ricambiavano il saluto. Alcune chiesero persino il nome della ragazza che gli stava accanto.
《Non pensavo conoscessi tante persone. 》dissi prendendo posto al tavolo, secondo me riservato apposta per lui e il suo gruppo.
《In quanto capitano della squadre di calcio mi sembra il minimo conoscere coloro che mi danno tanta gioia oltre il pallone.》 disse con tono serio e quasi distaccato, come se stesse ripetendo la stessa frase da anni e anni.
《Credo che però ognuno abbia bisogno della propria privacy, di chiunque si tratti. Sei uno stupido a non ribellarti nemmeno un po' ad un tuo diritto.》diedi voce ai miei pensieri, come al solito senza cercare di mordermi la lingua.
Lo vidi spaesato forse non pensava potessi rispondere così scontrosamente a ciò in cui lui credeva, forse avrei fatto bene a mordermi la lingua una volta per tutte. Mi persi nei suoi occhi verdi, sperando che potesse mettere fine a questa orribile tortura. Non ero mai stata amante dell'imbarazzo soprattutto se si trattava di uno scaturito dal mio inutile errore.
Fece un sorriso, quasi triste. 《Penso proprio tu abbia ragione. Forse nessuno mi ha mai parlato così, in modo alquanto schietto, ma qualche volta fa veramente bene sentire qualcuno che esprime i tuoi stessi pensieri e ha la libertà di farlo. 》Il suo viso mutò non era per nulla malinconico, al contrario, era molto contento e fiero. Sembrava sperasse di incontrare una persona del genere, prima o poi.
《Vado a prendere fa mangiare, cosa gradisci? 》Si stava per alzare dal tavolo, in procinto di dirigersi al banco pieno di prelibatezze.
《Un caffè macchiato con un kraffen, grazie. 》accettai la sua gentilezza, sapevo benissimo che se mi fossi proposta per aiutarlo avrebbe cortesemente rifiutato.
Lo vidi allontanarsi dirigendosi verso il bancone, senza prima avermi sorriso. Iniziai a temporeggiare un po' non perdendolo di vista per un attimo.
《Brandon Jones? Dici sul serio? 》una voce interruppe i miei pensieri poco casti sul corpo di quel bel ragazzo che continuava a camminare spedito tra quelle mille persone che lo circondavano.
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Random Walk
Roman d'amourDafne è una giovane ragazza che viene costretta dalla madre a trascorrere l'estate in un campo estivo, dove farà diversi incontri, alcuni molto interessanti, che l'aiuteranno a crescere. #Estratto dal Prologo# Il silenzio è assordante. Ti travolge...