Capitolo 38

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Gli occhi iniziarono a pizzicare, non intendevo proprio continuare il discorso. Sentire ripetere sempre le stesse cose era davvero stancante.

《Gli occhi sono lo specchio dell'anima, Dafne. 》Alzai lo sguardo puntandolo sul suo. 《Sta attenta a chi mostri la vera te, le persone sono orribili, non ti fidare di chi non conosci. 》 Brent, serio come non mai, stringeva fra le mani quella tazza rischiando quasi di romperla.

Meditai sulle sue parole, aveva ragione ed era inutile ribattere.
L'unica cosa che mi tornò in mente in quel momento e che, non aveva proprio attinenza con questo discorso, era l'articolo che avrei dovuto consegnare l'indomani.

《Capperi fritti. 》quasi urlai alzandomi 《 Non è possibile, devo scappare. 》 Presi le mie cose e corsi verso la porta.

Tornai però indietro per lasciare un bacio sulla guancia di Brent. 《Grazie di tutto. 》sussurrai al suo orecchio per poi lasciarlo lì come un pesce lesso.

Corsi via, non potevo concepire di essermi dimenticata una cosa così importante. L'edificio dove era collocata la stanza del mio club, non era poi così distante dalla mensa e facendo leva su tutte le mie capacità fisiche, arrivai lì in pochi minuti.

Salii le scale senza mai fermarmi, arrivando finalmente in quella sala ormai vuota. Mi misi a sedere alla mia posizione. Il computer era stranamente aperto, forse era compito mio spegnerlo ogni volta.

La pagina di word era ancora proiettata dallo schermo. I miei occhi si infastidirono al contatto con quella luce artificiale. Accanto allo schermo c'era una tazza riempita con il caffè accompagnata da un biglietto.

"In bocca al lupo, cerca di non dormire.

Mitch ♡"

Sorrisi guardando quel pezzo di carta e ringraziando mentalmente quel ragazzo per il suo dolce gesto.

Poggiai le dita sulla tastiera e sentii il rumore del sangue che mi scorreva nelle vene.

Non avevo idea di cosa poter scrivere, eppure le mie dita digitavano senza alcuna sosta. Le emozioni si susseguivano, sul mio viso si poteva ben distinguere una lacrima, ma allo stesso tempo un sorriso.

Racchiusi in quel testo mille emozioni, mille pensieri, mille sentimenti. Cercai di scrivere in modo chiaro e conciso e in un attimo mi sentii libera, senza pensieri, come se tutte le cose orribile, che avevo passato fino ad allora, fossero scomparsi con delle semplici lettere, con il semplice rumore della tastiera.

Il sonno però non mi lasciava scampo, spesso mi capitava di sentire la testa pesante, simile ad un macigno. L'ultima parola digitata mi consentì la libertà. Salvai immediatamente il lavoro, non avevo intenzione di rischiare di perderlo.

La stanchezza però prese il sopravvento. Adagiai la testa sul braccio che avevo poggiato sopra la scrivania. Il silenzio fece da contorno per quel momento.

Ogni preoccupazione era oramai dissolta. Il pezzo era pronto. Gli occhi pian piano si chiusero. Le palpebre non riuscivano più a reggere. E tutto scomparve, anche quella figura che aveva, proprio in quell'istante, aperto la porta.

Il prato verde mi circondava, due figure in nero si abbracciavano in modo passionale. Si baciavano come se ogni volta fosse l'ultimo bacio, l'ultimo saluto. Era proprio quello che le due figure facevano, si stavano salutando un'ultima volta. Era un addio.

Lei accarezzava il suo viso e lui la stringeva fra le sue braccia. Un forte dolore mi percosse il cuore. Era un amore che li consumava. Era un amore diabolico. Era un amore impossibile.

I due erano costretti a separarsi una volta per tutte. Le mie gambe tremavano, il logorante desiderio che li spingeva, faceva male.

Un ultimo saluto, un'ultima carezza, un ultimo bacio. Crudele è il dolore che non lascia scampo durante un addio. Il sapere di non poter mai più vedere quel viso, di non poter perdersi nei suoi occhi, di non poter sfiorare la sua pelle, di non poter assaggiare quelle dolci labbra, di non poter sentire quella voce. La possibilità di dimenticare quel viso, quella pelle, quelle labbra e quella voce.

Il mio cuore iniziò a sgretolarsi pian piano. Atroce dolore. Logorante ingiustizia. Insostenibile paura.

Paura di non vedersi più, paura di dimenticarsi, paura di non riuscire a sopravvivere senza l'altro.

La figura di lui si allontanò lentamente, promettendosi di non voltarsi un'ultima volta, perché se solo lo avesse fatto, non sarebbe più riuscito ad abbandonarla.

Ed eccola lì, sola come un cane, nuda delle proprie paure, disperata per il proprio dolore. Tutto ciò che le rimase era un semplice ricordo di quell'ultimo saluto e la speranza di non dimenticare mai il suo uomo. Lo stesso uomo che le aveva regalato il sorriso, che l'aveva fatta sentire bellissima. Lo stesso uomo che l'aveva amata come nessuno mai e che lei amava nello stesso modo.

Due innamorati, un cuore, un pianto, un addio, un amore, un amore impossibile.

I raggi del sole mi accarezzavano il volto, destandomi da quel sogno particolare. La vista ancora offuscata, mi spinse a coprire il viso con quel soffice e fresco cuscino al mio fianco.

È il momento di alzarmi 5:08. Il mio animo iniziò a piangere, abbandonando il mio caro fidanzato: il letto. I piedi nudi a contatto con il pavimento freddo, mi provocarono milioni di brividi.

La voglia di ritornare su quel morbido materasso, abbracciare quel dolce cuscino e infine perdermi nuovamente nel mondo dei sogni, stava per prendere il sopravvento.

Mi guardai intorno, non conoscevo quell'ambiente, dove ero andata a finire?

Quell'alloggio conteneva un solo letto attaccato al muro, un piccolo frigo-bar nascosto in una scrivania con ovviamente la rispettiva sedia, un armadio e due porte, una delle quali collegava quella piccola camera con il bagno, mentre l'altra portava fuori quel posto. Una finestra proiettava l'immagine del grande edificio fatto di vetro. La curiosità stava per prendere il sopravvento, ma in quel momento vinse l'accidia.

Il colore dipinto sulle pareti richiamava il tipico cielo sereno, con nemmeno un frammento di nuvola.

Avvolsi il mio corpo con le braccia, cercando di provocare un po' di calore. Solo allora mi resi conto della mia pelle in bella vista, indossavo infatti solo le culotte con il mio tipico top bianco.

Imprecai mentalmente, dove ero? chi mi aveva spogliato? Ma, cosa più importante, dove erano i miei abiti?

Quasi come un uragano iniziai a mettere sotto sopra l'intera stanza, in cerca di quegli indumenti.

Riuscii a trovare solo una maglietta, che ovviamente non era mia. La fortuna era sempre a mio favore.  La indossai e notai come in realtà copriva tanto il mio corpo quanto un mio vestitino.

In un attimo, mentre cercavo di fare mente locale su come avevo trascorso la serata precedente, la porta si aprì, facendo entrare uno spiraglio di luce naturale in quell'angolo buio.

La figura di quel ragazzo così sexy apparve sulla porta, quasi togliendomi il fiato.

《Buongiorno, Ninfa. 》disse regalando un sorriso meraviglioso che mi aveva rallegrato il risveglio.

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