Guardai l'orologio appeso sulla parete viola, le lancette segnavano le 5:08. Osservai il cielo dalla finestra e mi rilassai a contemplare quei colori caldi che preannunciavano il sorgere del sole. Il letto profumava di un dolce odore che ricordava la mandorla. Mi misi a sedere e cominciai a guardarmi intorno, osservando con accuratezza ciò che la sera precedente non avevo notato. La camera era caratterizzata da un immenso armadio ad angolo e una scrivania dello stesso legno quasi rosato. Uno specchio grande si innalzava fino a toccare il soffitto, era posizionato proprio sul muro su cui la scrivania poggiava un lato. Proprio alla metà dello specchio vi era una sbarra da ballerina, supposi la ragazza amava la danza e aveva intenzione di allenarsi persino a casa. La conferma la ebbi grazie a quelle foto che decoravano i muri.
Ammirai il soffitto, appese, miriadi di stelle si illuminavano al buio. Mi sembrò un sogno. Mi accoccolai nel letto, forse non avrei vissuto un altro momento del genere, ogni pensiero abbandonò il mio corpo e mi lasciai andare alla spensieratezza di quell'attimo. La quiete dopo la tempesta.
Mi alzai dal letto, ormai rassegnata, l'orologio segnava la 6:00, era il momento di abbandonare quella stanza. Mi recai in quella che doveva essere la cucina, la mia capacità di orientarmi era davvero molto ridotta. Un odore di caffè appena fatto mi riempì le narici, la donna si destreggiava nei fornelli mentre la televisione mandava in onda il telegiornale.
《Buongiorno. 》Annunciai la mia entrata indossando il sorriso più finto che potessi fare.
《Buongiorno. 》Rispose Carota sollevando la tazza di caffè. 《Ne vuoi un po'? 》 Chiese porgendomi la tazza, annuii e lei mi servì in un battito d'occhio.
《Chiedo scusa per il disturbo. 》Cercai di incalzare il discorso, mentre lei prendeva posto al tavolo, seguita da me.
《Nessun disturbo. 》Rispose con gentilezza la donna, che prese il telecomando e abbassò il volume della televisione.
《Mi sa che mi dovrò scusare per l'intrusione anche con suo marito, è in casa? 》 Cercai di essere più schietta possibile, dovevo tanto a quella donna, davvero tanto.
Lei mi guardò stupita, forse non si aspettava questa decisione, forse avevo sbagliato qualcosa eppure lei indossava una fede nuziale all'anulare sinistro.
《Scusi. 》Provai a sistemare le cose quando capii che avevo sbagliato ancora una volta.
《Nessun problema. 》Rispose, ma subito dopo una lacrima solcò il suo viso appena rigato. Susseguirono almeno cinque minuti di silenzio. Silenzio che decisi io di interrompere.
《Ne vuole parlare? 》Domandai con voce tranquilla e confortevole, così da far sentire a suo agio quella donna che in realtà soffriva terribilmente.
《Non è più qua. 》Rispose con voce spezzata, era sul punto di scoppiare a piangere, ma per qualche oscuro motivo decise di trattenersi. 《Ha deciso di andarsene. 》Disse con sempre quella voce così sottile e leggera da rendere l'atmosfera sempre più triste. Le afferrai la mano e con sguardo serio la invitai a continuare, non potevo far nulla per risolvere il suo problema, ma almeno avrebbe potuto sfogare ciò che teneva dentro tutto il tempo.
《Si chiama Sarah. 》Disse solamente, spendendo lo sguardo fisso sul mobiletto basso. Mi voltai cercando ciò su cui posava gli occhi. Una foto decisamente vecchia e rovinata, leggermente giallastra, era posata proprio su quel mobile di stile barocco. Mi alzai, lasciando la mano a quella donna e presi quella foto.
Ritraeva una famiglia. La donna, riconosciuta dai suoi capelli color carota, teneva in mano una dolce bambina che aveva lo stesso colore di capelli, il marito poggiava invece una mano sulla schiena della bambina e con l'altra stringeva la donna in un dolce abbraccio.
Fu scattata recentemente rispetto a quello che mi aspettavo. Carota era una ragazza sui vent'anni, ma ciò che rendeva vecchia la foto era il suo stato.
Sicuramente fu accartocciata, buttata nel cassonetto e probabilmente anche nell'acqua e inoltre strappata, almeno questo dedussi dai segni che mostrava. Tutto però fu sistemato da un lento e impegnativo processo con lo scotch che ovviamente, non aveva avuto un buon risultato.
Ritornai al posto, porgendo la foto a quella donna, che l'afferrò e poi iniziò a parlare.
《Mia figlia. 》È successo tutto così in fretta. Sembravano frasi sconnesse e forse nemmeno lei sapeva ciò che cercava di dire.
Rimasi immobile, aspettando in silenzio, non avrei fatto prevalere la mia curiosità in quel momento, era giusto rispettare quella donna e il suo dolore.
《Tutto era iniziato il giorno in cui ho scoperto un maledetto pacco di sigarette nella sua stanza... 》Lasciò la frase in sospeso, non riusciva a parlare e in realtà capivo bene ciò che la faceva soffrire.
《Un maledetto pacco di sigarette... 》Fece un sospirò ma continuò subito. 《Ne parolai con mio marito, lui fumava da quando era ragazzo e la scoperta non lo turbò molto, sinceramente non gli faceva né caldo né freddo. Io, invece non condividevo il suo pensiero. Mi lasciò da sola a combattere quella battaglia. Io e mia figlia litigammo. 》La sua voce fu interrotta da un'altra ondata di singhiozzi.
《Fu la nostra ultima litigata. 》Quelle parole rimbombarono nella stanza quasi come se la Ninfa Eco fosse ancora nei paraggi. 《Fu la prima volta che mi disse di odiarmi. 》Cercò di rilassarsi un po', proseguendo il discorso.
《 Decise di andar via, doveva trasferirsi a casa di un'amica per qualche giorno, non mi chiese nemmeno il permesso come faceva di solito. "Dove pensi di andare?" Le urlai contro con la collera che mi ribolliva nel sangue. Forse, se fossi stata più calma, se l'avessi abbracciata e consolata, se le avessi detto tutte quelle orribili parole... Forse... 》Non riusciva a continuare, era meglio fermarsi, ma lei desiderava raccontarmi tutta la storia, lo voleva davvero.
《Prese la macchina, guidò talmente veloce e senza ragionare che ebbe un'incidente. 》I suoi occhi erano persi del vuoto, le lacrime scendevano rapidamente, ma il suo viso era completamente inespressivo.
《Morì sul colpo. 》Recitò queste parole, quasi nello stesso tono in cui i dottori lo comunicano alle famiglie. 《"Ti odio" fu la prima volta che me lo disse e anche le ultime parole che mi rivolse. 》Le sue lacrime sembravano potessero inondare un'intera pozzanghera. Non dissi nulla, adesso capivo ciò che lei aveva sussurrato la sera precedente.
Il suo dolore era quasi palpabile, le sue lacrime divennero le mie e per un attimo sembrava condividessimo lo stesso fardello. Avere sulla coscienza la morte di un nostro caro. La morte di sua figlia era causa sua, la morte di mio padre era causa mia.
angolo autrice.
Grazie di tutto, grazie davvero di cuore. Senza di voi non sarei qui, in questo momento. Vorrei informarvi che domano al 99% non riuscirò a pubblicare, spero di riuscire ad aggiornare il prima possibile, un bacione, a presto.
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Random Walk
RomanceDafne è una giovane ragazza che viene costretta dalla madre a trascorrere l'estate in un campo estivo, dove farà diversi incontri, alcuni molto interessanti, che l'aiuteranno a crescere. #Estratto dal Prologo# Il silenzio è assordante. Ti travolge...