Capitolo 2

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Il mio corpo fu percorso da un brivido freddo. L'acqua iniziò a gocciolare dai miei capelli e ritornare nella piccola fontana.

Ignorai la frase di quel ragazzo. E dopo essermi ripresa dallo stato di trance dovuto alla sua bellezza, mi alzai in piedi, rifiutando la mano che mi aveva offerto.

Mi avvicinai ad una delle due valigie e la aprii, presi un asciugamano, con cui iniziai a tamponare i capelli. Tolsi i vestiti, asciugai il mio corpo, e misi dei pantaloncini e una maglietta.

Notai che lo sguardo di tutti era puntato su di me, ma non mi interessò molto, chiusi la valigia e prendendo anche l'altra mi incamminai dove era la segreteria. O almeno dove pensavo che fosse.

Continuai a camminare sotto lo sguardo di tutti, essere indifferente davanti queste cose è la mia più grande specialità. Infondo, ciò che pensano gli altri di me non mi aveva mai fatto né caldo e né freddo, alla fin fine a nessuno importava nemmeno di me.

Ero sempre stata una ragazza particolare che preferisce stare a casa, che uscire con le proprie amiche. E forse è questo che ha influito sul mio gruppo di amici che, da un giorno all'altro, iniziarono ad ignorarmi.

Non avevo bisogno di amici e tanto meno di ragazzi con cui perdere tempo, per poi come al solito essere ferite ed abbandonate.

Scossi la testa per cercare di allontanare i piccoli e brutti ricordi.

Mi guardai intorno. In un momento mi sentii smarrita, come un bambino che perde la propria mamma in un supermercato.

Mi voltai su me stessa cercando di trovare un insegna che indicasse la mia meta. Fortunatamente vidi un cartellone appeso al muro con tutte le indicazioni per trovare i luoghi che si cercavano.

Passai una mano sulla varie parole e mi fermai quando vidi la scritta "Segreteria 2°", picchiettai più volte con l'indice, per poi prendere le mie valigie e proseguire sul mio cammino.

Riuscii a raggiungere quel luogo e pensai quanto fosse utile quel cartellone per tutti coloro che non avevano senso dell'orientamento come me.

Arrivai in segreteria comunicai il mio nome e la donna seduta alla scrivania, si alzò, andò verso un armadietto, ancheggiando su dei tacchi vertiginosi.

《Prego a te. 》disse poi, porgendomi delle chiavi e un foglio che presentava l'iter delle giornate che avrei dovuto trascorrere lì. 《E benvenuta in questa accademia. 》 disse infine fingendo un sorriso, che avrà usato molteplici volte.

《Buona giornata. 》Liquidai la conversazione, dirigendomi fuori da quel posto.

《Ah mi scusi signorina, dovrebbe consegnare il cellulare》disse la signora alle mie spalle.

Mi voltai lentamente con uno sguardo a dir poco assassino. 《Scusi, non ho capito bene, può ripetere? 》chiesi fingendo un sorriso sulle labbra. Il risultato non fu quello sperato, la donna infatti fu smentita dal suo sguardo che cercava di sembrare calmo, ma appariva spaventato.

《Le regole dell'accademia stabiliscono la consegna di tutti gli aggeggi tecnologici.》disse in poche parole, cercando di non tremare.

《Capisco. 》sbruffai arresa all'idea, mi dovevo adattare no? Consegnai il cellulare e senza perdermi riuscii ad arrivare al portone principale dopo minimo cinque minuti.

Sospirai una volta uscita, adesso dovevo trovare il mio alloggio e questo, mi avrebbe rubato più tempo del previsto e io volevo soltanto dormire per qualche ora.

《Finalmente, Ninfa, sei uscita sana e salva, pensavo ti avessero rubato gli alieni.》sentii una voce familiare sulla mia destra, che mi spinse a girarmi verso la sua direzione.

Rividi quegli occhi neri come la pece, ma decisi di ignorarlo completamente iniziando a camminare con il passo più deciso del solito.

Sentii comunque quel ragazzo inseguirmi e questo mi fece infastidire ancora di più.

《Ehi, Ninfa, aspetta!》urlò provando a tenere il mio passo, che cercai di velocizzare il più possibile.

《Mi dispiace, ma non ho tempo da perdere a fare la baby-sitter. 》risposi con fare superiore, lasciandolo a bocca aperta e di colpo impietrito.

Corse verso di me e si mise davanti. Sentii i miei capelli muoversi dal vento alzato da lui.

Appoggiò le mani sulle spalle e si piegò a metà. Rimasi impietrita, nessun ragazzo si avvicinava così tanto a me da molto tempo.

Era piegati in due con le lacrime agli occhi dal ridere che rendevano più intenso il suo sguardo.

《Dovresti almeno dirmi il tuo nome, Ninfa.》disse fra una risata e l'altra. Fui quasi rapita dal suo sorriso, ma cercai di riprendermi da quello stato di trance.

《No!》risposi d'istinto 《Non sono obbligata a dirtelo. 》passai oltre cercando di ignorarlo completamente.

《Come scusa? 》chiese bloccando ancora il mio cammino 《Ti ho lanciato un pallone in faccia, sei finita in una fontana e per ultimo ti sei spogliata davanti a tutti! Sai, sono seriamente rimasto turbato.》disse con tono quasi ironico e facendo un sorrisino malizioso 《Sai mi hai anche fatto andare in fibrillazione. 》sussurrò al mio orecchio, stringendomi la vita e combaciando il suo corpo contro il mio.

Scoppiai a ridere dopo pochi secondi.

Mi guardò in modo strano, non capendo cosa avessi tanto da ridete.

Alzai il ginocchio colpendo con forza i suoi genitali, si piegò in due e io continuai a ridere.

《Ohh povero, mi sa che ti sei fatto male.》sorrisi infine vittoriosa, prendendo le mie cose e andando via.

Girai per almeno dieci minuti prima di riuscire a trovare il luogo in cui avrei dormito, che a dire il vero si rivelò una catapecchia e nulla di più.

Sapevo che tutte le costruzioni erano fatte in legno e la cosa poteva sembrare carina.. ma cazzo questa era davvero qualcosa di orribile!!

La struttura non era male, ma dentro... non conteneva nemmeno una sedia, fortunatamente però vi era una scrivania, anche se piena di polvere. Questo posto aveva due letti uniti (e per fortuna che quelli almeno erano al posto giusto) e un piccolo mobile che si poteva chiamare armadio.

Nè una televisione nè un computer e in più, si è senza cellulare! Ma scherziamo? In che diavolo di posto sono finita?

Mi buttai nel letto per sbollire un po', ma il risultato non fu quello sperato, al contrario i nervi erano a mille.

Sapermi fuori dal mondo per un intera stagione mi stava per uccidere, quando sentii bussare a quella porta di legno.

Aprii la zanzariera e poi la porta. Mi si parò davanti una figura a me molto familiare.

《Ciao.》disse con un sorriso stampato in faccia.

《È tutta colpa tua!》gridai, sbattendo il piede a terra come facevo quando ero bambina.

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