Capitolo 3.- Nel folto del bosco

370 16 61
                                    


Lullaby – On my own, Ashes Remain

Alexei continua a correre per i sentieri impervi del Tetto, stringendo la mia mano con forza, tanto da farmi quasi male, trascinandomi con sè, scostando i rami sul nostro cammino, guidandomi in una direzione casuale senza badare a dove stiamo andando, nel chiaro tentativo di mettere quanta più distanza possibile tra noi e Mimmo; faccio fatica a tenere il ritmo di Alexei e perdo il senso dell'orientamento in fretta tra i pini e gli abeti tutti uguali, ansante e con la sensazione che potrei avere un attacco di cuore a giudicare da come stanno reagendo i miei polmoni a questa corsetta fuori programma.

Ad un certo punto mi volto, del tutto senza fiato, un dolore lancinante al fianco e scopro che di Mimmo non c'è traccia: tento di articolare una frase, del tutto priva di forze, i muscoli che protestano e il cuore che sembra esplodermi in petto e stringo la sua mano con più forza.- A...Alexei...

Lui si volta al mio rantolo, osservando prima il mio viso paonazzo e il mio chiaro tentativo di respirare che non sta andando a buon fine e poi il sentiero deserto alle nostre spalle: rallenta l'andatura fino a fermarsi e si accascia ansimante contro l' albero più vicino, le mani sulle ginocchia, lasciandomi andare. Sembra che anche lui sia provato dalla corsa, ma mai quanto me: appoggio la fronte al tronco di un pino, cercando di respirare ad un ritmo quantomeno accettabile, un groppo in gola.

Iperventilazione, vecchia amica, quanto non mi mancavi. Non sono sicura che sia solo il risultato della corsa e non dell'ansia generalizzata che mi sta chiudendo lo stomaco; non sono del tutto certa che questo non sia il preludio per un attacco di panico coi fiocchi. Mi siedo contro l'albero, portando le ginocchia al petto e chino in avanti la testa, sforzandomi di regolarizzare il mio respiro, tentando di bloccare qualsiasi cosa stia succedendo nel mio corpo sul nascere.

-Dovremmo averlo... seminato.- dice ansante Alexei, quando riesce a raddrizzarsi dopo un attimo. I suoi occhi si posano su di me e sussulta. -Cazzo, stai bene?

Si inginocchia subito al mio fianco alzando una mano, ma esita, bloccandosi con il braccio teso a mezz'aria, abbastanza vicino da sfiorarmi il viso. Annuisco, alzando una mano per minimizzare: non riesco ancora ad articolare nessuna parola di senso compiuto, ma sento che i miei polmoni iniziano di nuovo a collaborare. Lui si rialza, apparentemente sollevato, guardandosi attorno.-Hai idea di dove siamo finiti?

Mi guardo attorno, stordita, il petto in fiamme: la corsa ci ha portato in una radura circondata da alberi secolari alti una decina di metri, che ondeggiano silenziosi, oscurando a tratti il sole, creando giochi di ombre che mi inquietano; mi alzo, spolverandomi i pantaloncini, le gambe che tremano appena. Il terreno è coperto da aghi secchi, che scricchiolano sotto i piedi quando mi muovo per cercare un punto di riferimento qualsiasi nel paesaggio estivo e pieno di vita, ma così stranamente immobile.

Questo posto mi è familiare, ma non sono sicura di esserci davvero stata altre volte o se semplicemente le radure si assomiglino un po' tutte e stia confondendomi; forse mi ci portava mia nonna quando ero una bambina: lei amava andare a cercare more in questa zona di Cerulo. Aggrotto le ciglia, passeggiando lungo lo spazio circolare fino a che non trovo un piccolo sentiero che si snoda tra gli alberi, conducendo a quello che pare un altro settore del bosco, meno curato, più selvaggio del resto del Tetto. Mi basta uno sguardo per riconoscere quel piccolo ponte di legno traballante, sospeso su un torrente in secca, per capire dove Alexei mi ha inavvertitamente portato: sento le ginocchia cedere e devo appoggiarmi all'albero più vicino per non cadere a terra, lasciando sfuggire un mugolio.

-Lullaby.- la voce distante di Alexei mi sveglia dalla trance e volto il viso nella sua direzione.-Lullaby, stai bene?

-Certo.- mento stringendomi forte all'albero, con la sensazione di star per svenire, chiudendo gli occhi. Non posso credere che il destino stia seriamente giocandomi questo brutto tiro: la Grotta. Di tutti i posti dove saremmo potuti finire... Porca miseria. Devo aver ucciso dei gattini nella mia vita precedente, devo aver fatto qualcosa di veramente terribile se il mio Karma è così pessimo ultimamente.-Tutto alla grande.

Un disastro da amare (IN REVISIONE)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora