Capitolo 18.- Mai quella giusta

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Lullaby

Non vedo Alexei da un paio di settimane e quando lui apre gli occhi e si mette seduto, volgendo il viso verso di me, il mio cuore perde un battito o due e sento che sto per piangere, ma mi sforzo di ricacciare indietro le lacrime e lo fisso decisa. Ha i capelli rossi disordinati e il viso esausto, ma i suoi occhi grigi sono quelli di sempre, dolci e sorpresi; le sue pupille si dilatano quando mi vede. Ha tra le mani un plico di appunti, ma lo chiude con un movimento secco, gettando le gambe oltre il bordo del letto, fissandomi a bocca aperta. Poi esita.-Cosa fai qui?-chiede in un tono duro che non ha mai usato con me, distogliendo lo sguardo.-Dovresti essere in ospedale, no?

Mi stringo fra le braccia.- Mi hanno dimessa un paio di giorni fa.- evito di aggiungere che mia madre non voleva che mi muovessi, perchè ho ancora una commozione celebrale, le costole doloranti e sono debolissima. Eppure dovevo vederlo, dovevo vedere Alexei e non potevo aspettare oltre, come un tossico non può aspettare per la dose seguente dopo un periodo di astinenza; così ho supplicato l'aiuto di Samantha. E lei mi ha accompagnato qui senza farmi domande.

-Bene.- risponde lui fiaccamente.- Immagino che tornerai a scuola lunedì.

Non potrò muovermi da casa per un mese almeno, ma preferisco fingere non sia così.- Mi ha fatto entrare tua madre. Adesso è uscita per andare in ufficio, credo. Ha detto una cosa del genere.

Alexei si alza, allontanandosi ancora di più da me; sento come un abisso che si apre tra di noi e ho sempre più voglia di piangere.-Fantastico. Cosa sei venuta qui a fare?

-Sono venuta a prendere ciò che è mio.- dico decisa, arrossendo appena. Alexei alza lo sguardo di scatto.- E sarebbe?

-Tu, Alexei Peskov. Tu sei mio.

Arriccia le labbra, un fantasma del suo sorriso malizioso, ma torna subito serio, distogliendo gli occhi.- Non dovresti essere qui. Dovresti riposare, picc...Lullaby.

-Credi che non lo sappia?- dico con rabbia trattenuta.- Non riesco a stare in piedi, ho il fiatone anche solo per stare dritta e ho dovuto supplicare Samantha di portarmi qui, perchè a piedi sarei morta. Mi fa male la testa, ho tre cicatrici orribili...eppure sono qui. Sono qui perchè io ti amo e non rinuncio a te.- lo sforzo di parlare mi lascia senza fiato e sono obbligata a barcollare di lato, certa che cadrò a terra. Alexei scatta subito, afferrandomi per le spalle, stringendomi delicatamente tra le braccia e facendomi appoggiare alla porta, sostenendomi. Ho un brivido quando le nostri pelli si sfiorano ed alzo gli occhi.

Lui mi guarda, deglutendo, agitato.-Lulu, non possiamo, lo capisci? Guarda tutto quello che ti è successo da quando sono entrato nella tua vita.-dice roco e mi lascia, allontanandosi di un passo.- Ho rovinato la tua vita, Lullaby.

-Non è vero!- protesto e mi sforzo di raddrizzarmi, appoggiandomi alla parete.- Tu mi hai salvata.

-Ti ho messa in pericolo. Sempre.

-Alexei Peskov, tu non hai idea di cosa sia il pericolo!- faccio un passo verso di lui, che indietreggia, spaventato, tenendo le mani in alto.- Ho passato la mia vita a credere di essere sbagliata, di essere brutta, stupida, inferiore, di meritare l'odio incondizionato. Non ho mai avuto un ragazzo, perchè l'idea che qualcuno mi sfiorasse mi faceva paura, non mi fidavo dopo quello che tutti mi hanno fatto. Ma di te, Alexei, io mi sono fidata. Io ti ho consegnato la mia anima, il mio cuore, il mio corpo e non me ne pento. Io ti amo, sei la prima persona nella mia vita che ami...- chino il capo.- E ora tu mi stai dicendo che invece era un gio..gioco?

-No!- Alexei si appoggia alla scrivania, pallido.-Non era...non è un gioco, non pensarlo. Luluy, cerco di fare qualcosa di buono, di lasciarti andare, di non essere causa di altro male per te...

-Benedict mi ha fatto del male, non puoi neppure immaginare quanto.- alzo la testa e vedo che la sua espressione impenetrabile traballa; non è mai riuscito a restare impassibile con me come fa con gli altri.- Emily e Alissa me ne hanno fatto. Matthew me ne ha fatto. Tu mi hai salvato: sai cosa sarebbe successo se tu non mi avessi aiutata quella sera, al Tetto?

-Che Benedict non ti avrebbe quasi violentata e picchiata a sangue?- dice tra i denti e ho un brivido.

-Sarei il suo giocattolo.- mormoro.- Io sarei un gioco di Benedict, che potrebbe farmi tutto quello che vuole, perchè non avrei mai avuto la forza di ribellarmi. Sarei nel suo letto, probabilmente starei piangendo perchè mi avrebbe fatto qualcosa che non volevo, magari avrebbe detto a qualcuno di farmi qualcosa che non volevo.

Alexei mi guarda, impallidendo, stringendo il bordo della scrivania fino a che le sue nocche sono livide.- Non...non dirlo nemmeno per scherzo, cazzo. Mimmo non lo avrebbe mai permesso..

-Non mi sarei mai fidata di Mimmo, se quella sera tu non mi avessi salvato!- dico sull'orlo delle lacrime.- Lui mi avrebbe colpito, io mi sarei spaventata, sarei andata da Benedict, l'unico che avrebbe potuto aiutarmi, lui mi avrebbe fatto quello che voleva e io sarei rimasta zitta, sarei il suo stupido giocattolo, sarei un cane! Tu, Alexei Peskov sei un eroe. Non perchè mi hai salvato da lui due volte. Io sono fragile, anche se fingo di essere forte e tu mi hai dato la forza di scappare, non sto cercando di trovare un motivo per farti sentire meno in colpa.- mi avvicino e gli alzo il mento con un dito, asciugando una lacrima che gli riga la guancia.-Mi hai salvata da me stessa, dal mio passato e non credevo fosse possibile. Quella sera, sono scappata perchè sapevo che a te importava di me, che esisteva qualcuno a cui importava.- abbasso la voce.- Tu sei il mio eroe, Alexei Peskov, il ragazzo che amo. E niente di tutto questo è colpa tua.

Scuote la testa e mi rendo conto con una sensazione di vuoto che nulla di ciò che potre dirgli li farà cambiare idea; mi allontano di un passo, fissandolo.-Lullaby, non avresti dovuto venire qui. È inutile... 

-Mi stai lasciando?-chiedo con voce rotta.- Dimmelo guardandomi in faccia, almeno. Non continuare a fingere di amarmi!

-Non è questo. Luluy non voglio che tu soffra.- dice roco, ancora senza sfiorarmi, guardandomi, piangendo.- E io....Non so se sarò mai capace di essere come meriti. Sono così...incapace di fare qualcosa di buono! Tutto quello che so fare è essere violento, fare del male...

- Non è vero!-grido, scuotendolo per le spalle; so che potrebbe spingermi via senza difficoltà, ma resta mollemente indifferente mentre lo strattono, lasciandomi fare e basta.- Alexei, tu cerchi sempre di proteggere le persone che ami! Io..Io...-l lascio andare, indietreggiando in lacrime.

Lui continua a fissarmi; venire qui e fare una scenata è assurdo e controproducente, me ne rendo conto anche da sola. Mi fa male la testa e anche l'effetto della morfina inizia a scemare, permettendomi di sentire le scosse di dolore dei lividi. I medici sconsiglierebbero vivamente di litigare con dei ragazzi alti il doppio di me, immagino.-Ti accompagno a casa.- dice solo, asciutto, senza guardarmi.

Abbasso la testa-Io ti amavo davvero, Alexei. Mi dispiace di essere così disastrosa, di essere tutto ma non la ragazza giusta per te.- dico e sento le lacrime che sfuggono dal mio controllo. Soffoco un singhiozzo, coprendomi il viso con le mani.-Vorrei davvero essere giusta per te, Alexei, ma so che non sarà mai possibile. Se vuoi che me ne vada dimmelo, urlami contro e lo farò; ma sappi che non smetterò mai di volerti.


Un disastro da amare (IN REVISIONE)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora