Capitolo 9.- Rapimento

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Alexei

Il cellulare vibra a pochi centimetri da me. Grugnisco, pensando che sia la sveglia e mi giro dall'altra parte, deciso ad ignorarla... ma poi mi rendo conto che non può essere mattina. Socchiudo gli occhi, uno spiraglio che mi permette di constatare che è notte fonda, la mia stanza immersa nelle tenebre assolute; mi fa male la testa, ma non mi sento ubriaco... solo leggermente stordito.

Alzo la testa dal cuscino e mi tendo verso il comodino, le bocca secca, cercando a tentoni il telefono, la testa che cerca di ricollegare le ultime ore...  sono andato con Roger all'innominato...lo sento russare dalla sua stanza e borbottare qualcosa dal fondo del suo sonno alcolico. E poi siamo tornati a casa. Quindi qualcuno mi sta chiamando nel cuore della notte... non un buon segno. Le mie tempie pulsano e ho la sensazione di non essere del tutto in me:i postumi non sono una bella compagnia, ma raramente sono stato davvero male per aver bevuto troppo; ho sempre retto bene l'alcool, meglio di Roger... il cerchio alla testa però non promette nulla di buono. E comunque odio essere svegliato improvvisamente, soprattutto in piena notte.

-Pronto?- balbetto quando riesco a prendere il cellulare, ricadendo sul cuscino, affondandoci il viso. Il profumo vago alla vaniglia di Lullaby è ancora impresso nelle mie coperte e sorrido al ricordo della sua testa arruffata posata accanto alla mia. Deve essere a letto ormai, a casa di Frannie... - Chi è?

-Alexei devi venire a Cerulo, subito!-Mimmo urla nel mio orecchio e mi fa sussultare; mi volto verso il soffitto massaggiandomi le tempie, allontanando lo schermo per controllare l'ora: le tre e mezza...siamo rincasati neanche due ore fa.- Subito!

-Mimmo cosa ti prende? Perchè mi svegli a quest'ora?- ringhio con voce stanca e probabilmente ancora impastata.- Che succede? Avete trovato un accordo? Puoi dirmelo domani, dico davvero, sono ancora sbronzo.

-No, cazzo!-dice lui arrabbiato; non l'ho mai sentito tanto agitato.- Peskov, vieni immediatamente a casa mia!

Mi irrigidisco, irritandomi. -Non accetto ordini da nessuno.- rispondo glaciale e sono pronta ad attaccargli il telefono in faccia. -Neppure da te, Jefferson.

Mimmo deglutisce e la sua voce si fa incerta, un sussurro appena accennato, che però mi fa rizzare tutti i peli.- Benedict ha preso Lullaby.

Scatto dal letto come una molla.



Venti minuti dopo sono in piedi davanti alla porta della casa di Mimmo Jefferson, apparentemente uguale a qualche ora fa quando me ne sono andato con un Roger instabile sulle gambe accanto, a battere i pugni sul legno; il mio migliore amico indossa occhiali da sole del tutto inutili e fuma nervosamente una sigaretta. Se io ho mal di testa, non immagino cosa posso star patento lui che ha bevuto il doppio di me. Mimmo mi apre e mi trascina dentro, sbattendo la porta alle mie spalle.

-Sei ubriaco?-mi chiede senza salutare, l'espressione vigile e insieme spaventata.

-Dove diavolo è la mia fidanzata?-ringhio facendo un passo avanti, pieno di rabbia, ignorando la domanda: perfino il cerchio alla testa è scomparso quando ho scoperto che lei è stata rapita di nuovo. Sento solo una paura lacerante che sfuma nella rabbia, qualcosa che mi ribolle nello stomaco.- Cosa le è successo?

Mimmo scuote il capo, sospirando.-Lo prendo come un no.- si appoggia nervosamente al muro, guardando il salotto distratto. Seguo il suo esempio e il mio cuore manca diversi battiti: sembra che sia esplosa una bomba. Frammenti di porcellana sono sparsi sul pavimento, insieme a quello che immagino essere caffè ormai freddo; il divano è spostato di diversi metri e il tavolo sporco di sangue. Il suo gatto miagolo terrorizzato da dietro la porta chiusa della sua stanza...e non c'è traccia di Lullaby o delle gemelle diverse. Mi volto impassibile verso di lui, un nervo che trema sulla guancia.- Hai esattamente dieci secondi per dirmi che cazzo hai combinato, prima che ti uccida.

Un disastro da amare (IN REVISIONE)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora