Una vita dietro una finestra, una vita a pormi mille domande, una vita che in realtà corrisponde ad appena sedici anni.Oggi è il quattordici febbraio e a differenza dei precedenti quindici anni della mia vita, riceverò qualcosa. Non so cosa, ma ho un ragazzo, quindi in teoria dovrebbe essere così. Me lo auguro, almeno. Mi guardo allo specchio un'ultima volta, l'espressione stanca di sempre, nulla di nuovo. La notte non dormo, o meglio, non lo faccio come dovrei. Sogno cose strane, non so spiegarle e nemmeno voglio farlo. E' meglio così. Afferro sciarpa, cappello e giubbotto pesante prima di lasciare la mia stanza e imbattermi nell'ennesimo litigio fra i miei genitori. Questo dovrebbe essere il giorno degli innamorati, eppure nonostante sia il primo San Valentino che festeggio, più che innamorata, direi che sono fidanzata. C'è differenza, nella mia poca esperienza posso dire che è così. Fingo di non badare a loro, siamo una famiglia normale, almeno così sembra. Sono figlia unica, ma non mi sento tale. Solitamente i figli unici hanno tutte le attenzioni su di se ma non è il mio caso, anzi. Sono dei bravi genitori e fino a qualche anno fà, erano persino affettuosi con me poi qualcosa è cambiato, loro sono cambiati. Quello che invece è rimasto immutato, è il rapporto con i nostri vicini: la famiglia Clark. Ci odiano e noi odiamo loro. I miei genitori me lo hanno imposto, eppure, nonostante gli innumerevoli tentativi e la stronzaggine del loro figlio prediletto, non ci sono mai riuscita davvero. Non mi sono simpatici, questo è ovvio. Sono scontrosi, maleducati, ma non li odio e non ne capisco il motivo. Alexander, il re della casa è meschino con me, un vero bastardo. Più volte ho chiesto ai miei genitori di cambiare scuola, ma non me lo hanno mai permesso.
Devi essere forte, era questa la loro risposta. Ma non è facile esserlo quando non lo sei mai stata e le otto ore settimanali di box non mi aiutano affatto a mandarlo a fanculo come dovrei. Mi tormenta per settimane, poi mi ignora per mesi. Ecco, quei mesi sono arrivati e mi urta il sistema nervoso sapere che non mi darà fastidio. E' da pazzi, ma non ho molti amici. Ha fatto in modo che tutti avessero una pessima reputazione di me. Ha allontanato tutti, ma non ha avuto egual fortuna con Ben che ora è fermo al fianco del palo della luce con un mazzo di rose rosse fra le mani.
Sorrido, la sua presenza mi rende serena, forse fin troppo. Ben alle volte è noioso ed io, una stronza ingrata che non si fà mai andare bene nulla.
"Ciao", mi bacia sulla bocca, un semplice bacio a stampo. Non ci siamo mai spinti oltre. Lui è timido, io no, ma con Alexander si. Mi mette soggezione, mi incute timore, mi rende nervosa ed insicura. Prima non era così. Quando io e la mia famiglia ci trasferimmo in questo condominio, le cose andavano piuttosto bene. Ricordo che mia madre parlava bene della signora Clark. Le era simpatica e per il primo mese, ogni mattina uscivano insieme, andavano a fare la spesa, poi portavano me e Alexander al parco. Avevamo sei, forse sette anni. Lo consideravo il mio migliore amico, un'amicizia, che però non ha superato l'anno.
Non devi vederlo mai più. Non avvicinarti a lui.
Poche frasi, sempre le stesse. Ancora oggi, mi capita di fare domande a mia madre con il risultato di lei che urla ed io che vado a correre o a tirare pugni contro un sacco. Non so nulla e neppure Alexander per quel che ne so io, ma a differenza mia, lui l'ha presa bene. Da quel giorno non mi ha più rivolto la parola, se non per offendermi, deridermi e mettermi in ridicolo appena ne aveva l'occasione. Odio, questo è quello che Alexander prova per me.
"Sono bellissime", afferro il mazzo di rose fra le mani annusandolo. "Grazie".
Ben mi ha fatto riscoprire un lato di me che neppure sapevo di possedere. So essere dolce, anche se Alexander ha sempre sostenuto che io sia una stronza, una grande stronza, eppure con lui non lo sono mai stata, non ci sono mai riuscita, neppure quando mi aveva rovinato il vestito per il ballo di primavera lo scorso anno, gettandoci sopra un secchio di pittura rossa. Stavo zitta, subivo.
"Non è nulla", scrolla le spalle. E' un ragazzo modesto, nonostante suo padre è forse l'uomo più ricco di Londra. "Allora...", si sfrega le mani, è sempre teso quando è con me. Sono felice di questo, sono felice di riuscire a provocare una cosa simile in un ragazzo. Solitamente ridono di me, abbassando ancor di più la poca autostima che nutro verso me stessa. Non dico di essere brutta, ma....non dico altro, non saprei davvero come descrivermi. C'è di meglio, questo è ovvio, ma quando Ben mi guarda in quel modo, mi fà sperare che forse sono io quella che si fà troppi complessi. "Hai già fatto colazione?". Mi chiede con quell'enorme sorriso che non abbandona mai il suo viso.
"Non ancora", il mio stomaco brontola in risposta. Sono mesi che non faccio colazione attorno al tavola di casa mia, è il momento in cui tutte le discussione vengono a galla, dato che la sera, di rado, la famiglia si riunisce e non ne capisco il motivo. Mia madre fa la casalinga, mio padre vende giocattoli in un negozio a mezz'ora da casa. Non ho mai chiesto il motivo della sua assenza, sarebbe inutile. Odio le bugie e credo, che me ne abbiano dette già tante.
"Perfetto", il suo sorriso si allarga ed io mi sento in colpa per averlo definito solo come il mio fidanzato e non il ragazzo di cui sono innamorata. E' un discorso strano, ma nulla è normale in me, forse Alexander ha ragione. "Allora andiamo, ho fame anch'io", mi prende per mano, intrecciando le nostre dita. La sua mano è il doppio della mia. Ricambio il sorriso che affievolisce non appena il familiare rumore della serranda dei garage giunge alle mie orecchie. Trattengo il respiro, consapevole dello sguardo stranito di Ben su di me mentre il mio resta basso per tutto il tempo in cui lo scoppiettare dalla marmitta della sua enorme moto non scompare, ma non avviene, almeno non subito. Con l'altra mano tengo strette le rose. Mi aggrappo più al loro che al mio fidanzato, fin quando dopo un minuto che a me sembra un'ora, la sua Beta RR o come diavolo si chiama, sfreccia via innalzando una nube di fumo che mi finisce dritta negli occhi.
Tossisco, cercando di riportare i battiti del mio cuore ad un ritmo regolare.
"Tutto bene?". Mi chiede Ben, lui non sa nulla di Alex, non frequenta la mia scuola per fortuna, anche se, in uno scontro sono sicura che non ne uscirebbe vincitore. Alex è forte, è alto, è..tante cose, oltre che un grande stronzo e mi ha ignorata, continua a farlo da più di tre mesi.
Annuisco, perchè non posso fare altro che accettare questa situazione. Non c'è alternativa e non ci sarà mai. Un anno fà, iniziai a pensare che Alexander sapesse qualcosa, che la mia famiglia avesse fatto qualcosa alla sua, ma non avevo prove. Avevo persino provato a parlargli, ma non era servito a nulla e da qual giorno, i mesi di totale indifferenza non fecero che aumentare.
Stringo meglio la mano del mio ragazzo mentre mi trascina via da un posto sorretto da bugie, almeno è quello che penso. Non ho più sette anni, ho smesso di piangere tempo fà per un amico che non mi ha più voluta, ma questo non significa che abbia smesso di sperare che quel bambino sorridente e spensierato, mi cerchi ancora.
Angolo autrice.
Salve ragazze. Anche se siamo solo al primo capitolo, mi piacerebbe sapere quali sono state le vostre impressioni e cosa ne pensate del cast. Grazie per essere qui. xx.
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La cura [H.S.]
Fanfic"Mi stai curando". "Forse è il contrario". Così vicini eppure così lontani. Da oltre dieci anni, Sophia e Alexander condividono lo stesso condominio e l'odio che i loro rispettivi genitori covano l'uno nei confronti dell'altro. Un segreto, un errore...