Capitolo 73

6K 274 50
                                    

Lui continua a camminare, io pure ma non riesco a smettere di fissarlo come un ebete, e il suo sorriso soddisfatto è un chiaro segno che se ne sia accorto.
Vorrei dire qualcosa, vorrei fargli mille domande su di noi, ma non riesco. Non riesco a smettere di guardarlo e desiderare le sue labbra su di me. Sono passate troppe ore dall'ultima volta in cui mi ha baciata e ne sento già la mancanza, è assurdo.
In pochi minuti mi ritrovo all'interno di una pizzeria con vista mare. C'è poca gente, data l'ora, e questa cosa mi piace da morire. Credo sia la prima volta che mi sento così tranquilla con lui, in pace. Ci avviciniamo ad un tavolo e solo allora lascia la mia mano per sedersi, si guarda intorno ma so che percepisce ancora i miei occhi su di se.
"È...un bel posto", mi torturo le mani non sapendo bene come iniziare una qualsiasi conversazione con lui. Alza lo sguardo, molto lentamente, soffermandosi più del dovuto sul mio viso.
"Lo è", conferma.
"C'eri già stato?". Accavallo le gambe, mi sento come una bambina al suo primo appuntamento, ma non lo è. Questo non è un appuntamento e forse non lo avremo mai.
"Non sono mai stato in America prima d'ora", lui è fin troppo calmo, a dispetto di quando mi ha visto in compagnia del povero George che probabilmente non vedrò mai più in tutta la mia vita, ma va bene così. Alle volte ci sono incontri destinati a restare magici proprio per la loro unicità e non dimenticherò mai la sua storia, il suo coraggio e l'amore che ho percepito quando parlava della sua ragazza.
"Mh, si...giusto", borbotto e non ho ma desiderato tanto che qualcuno venisse a prendere le nostre ordinazioni per tirarmi fuori da una situazione così imbarazzante.
Non risponde, continua a fissare il panorama ed io inizio ad innervosirmi. Non può dire di amarmi davvero, per poi fingere che non sia successo nulla.
"Buonasera, cosa vi porto?".
"Due margherite", replica Alex senza neppure consultarmi.
"Una diavola, grazie", quasi ringhio facendo accigliare il cameriere, vittima inconsapevole dei nostri dilemmi mentali.
"Non ti piace il piccante", interviene ancora una volta mettendo a dura prova la mia poca pazienza.
"Ora ne ho voglia", sbotto. "Una Margherita e una diavola", ripeto rivolgendomi al cameriere che dopo un'alzata di spalle va via con le nostre ordinazioni e qualche perplessità.
"Certo che sei strana", sbuffa una risata.
"I gusti possono cambiare", incrocio le braccia al petto, e cavolo, sto morendo di fame.
"Se lo dici tu", la sua espressione cambia lasciando il posto ad una totalmente infastidita.
Le pizze arrivano nel giro di pochi minuti ed entrambi mangiamo senza alzare lo sguardo dal nostro piatto. Sono stufa, l'unica certezza che ho è che non ho certezze. Certo, lui ha detto di amarmi ma sono giorni che sono sempre molto insicura e, oltre belle parole, non ho mai visto nulla di concreto. Forse sto sbagliando, ma i tanti anni di bugie li sento ancora bruciare sulla pelle come una ferita fresca.
"Dove vai?". Domanda non appena mi alzo.
"A pagare la mia pizza". Replico e posso vedere il fumo uscire dalle sue orecchie. Si sta incazzando ma non me ne può fregar di meno.
"Pago io", mi sorpassa e non ha neppure finito di mangiare.
"Non serve, posso pagarmi una pizza...".
"Ah davvero? E con quali soldi?". Sbotta fermandosi all'improvviso. "Non ricordo che tu abbia avuto il tempo di passare in banca o che ti sei trovata un lavoro qui in questi giorni?".
"Quanto puoi essere stronzo da uno a cento?". Porto le mani sui fianchi, ma la verità è che ho appena fatto una colossale figura di merda.
"Sono sicuro che conosci la risposta", borbotta poi si allontana e va a pagare. Vorrei prendere a pugni qualcosa, la sua faccia ad esempio, ma per ora mi limito a strozzare un urlo ed aspettarlo fuori. Ora ho caldo, molto caldo. Non riesco davvero a capire cosa diavolo mi stia succedendo stasera.
"Possiamo andare", lo sento alle mie spalle, e allo stesso tempo mi sento anche un po' bipolare. Mi sento in colpa per come l'ho trattato nell'ultima mezz'ora. Odio farmi assalire da mille dubbi che seppur leciti non ci aiutano affatto. Sto impazzando, sul serio.
"Andiamo al motel?". Mi volto e lo trovo intento a fumare una sigaretta e fissare il mare come se non gli importasse altro. Penso di averlo ferito in qualche modo, penso sia arrivato il momento di chiarire alcune cose.
"Altre idee?". Il suo tono è sarcastico e infastidito. Voglio dare un taglio a questa situazione, necessito di lui, dei suoi abbracci e della verità. Quella assoluta.
"Ti va di fare una passeggiata in riva al mare?". Lo guardo dal basso, sembra ancora più alto dell'ultima volta.
"Come vuoi", sospira scendendo i gradini che conducono alla spiaggia. Lo seguo in silenzio per un po' cercando di trovare le parole giuste, l'approccio giusto ma ogni cosa mi sembra infantile, inappropriata, fin quando non scelgo di fare quello che davvero voglio fare.
"Ti amo", così di punto in bianco. Nessun contesto a farne da padrone, nessuna ricorrenza. Solo quello che sento per lui e che voglio lui sappia. Si ferma a pochi passi da me, lo raggiungo e afferro la sua mano intrecciandola alla mia. "Molto", sono davanti a lui che mi guarda come se non credesse a quello che ha appena sentito. Ma non in senso negativo, e i suoi occhi sono la mia più grande conferma. "Sono stata un po' stronza stasera con te, ma....". Chiudo gli occhi quando con una mano accarezza il mio viso, il suo naso sfiora il mio. "Sono...un po'...insomma, è un periodo strano, non sono sicura di nulla e tendo a prendermela con te che..hai fatto tanto per me in questi giorni".
"Ricordi quello che ti ho detto al tuo sesto compleanno?".
"Cosa?". Apro gli occhi di scatto, il modo in cui mi sta guardando mi sconvolge.
"Non lo ricordi?". Le sue mani ora accarezzano la mia schiena con una dolcezza assurda.
"Il gioco dei nostri cognomi?". Sorrido ammaliata e rapita dai suoi occhi.
"Ricordi anche quello che ti ho detto dopo?". Soffia sulle mie labbra.
"S-si, lo ricordo", sussurro con la voce rotta dall'emozione.
"Bene", poggia la fronte contro la mia. "Perché non passerà molto altro tempo prima che accada".
"Vuoi davvero sposarmi?". Ridacchio, lui è incredibilmente serio.
"Da quando ti conosco". Le sue mani raggiungono il laccetto del mio vestito sul collo, iniziando a scioglierlo. "E lo farò", le sue mani accarezzano il mio corpo prima che il tessuto bianco tocchi terra.
"Non penso ti convenga, sai che col tempo sarò molto appiccicosa".
"Non immagini quanto lo sarò io", poggia le sue labbra sulle mie in quello che sembra un casto bacio a stampo ma l'erotismo del momento rende tutto diverso, paurosamente passionale, come le sue mani che mi spogliano da ogni cosa ed i suoi occhi che pensano al resto.
"Non sembri il tipo", ansimo quando mi morde il labbro tanto da farmi male, un male che riproverei altre mille volte. Mi aggrappo alla sua camicia nera infilandoci le mani sotto. La sua pelle scotta.
"Non sembro, hai detto bene". Caccio un urlo quando mi solleva dalle gambe e inizia a camminare verso un punto più appartato della spiaggia ma già da qui, nessuno potrebbe vederci. Sto facendo follie con lui e per lui, e mai avrei immaginato tutto questo.
Mi mordo le labbra quando mi fa stendere sotto di lui, le sue braccia avvolte attorno a me, poi afferra la mia mano, quella dove porto il bracciale con la chiave. "Ma sei già sulla mia pelle da molto tempo", e lo vedo, quel piccolo lucchetto che per mesi ha tormentato la mia fantasia e le mie illusioni.
"È...è per me?". Balbetto cercando di non mettermi a piangere come una bambina.
Chiude gli occhi e prende un lungo respiro, poi torna a guardarmi e credo che il mare sia proprio lì, in quei due pozzi verdi. I più belli che abbia mai visto.
"È tutto per te", mi bacia annullando ogni incertezza, ma sopratutto ogni paura. Mi lascio amare dalla sua anima e dal suo corpo su quella spiaggia che avrà sempre un pezzo di me, e di noi.
Mi lascio baciare per un tempo indefinito ma che non è mai abbastanza. Lascio che mi tocchi lì dove nessuno è mai arrivato e non si tratta solo di sesso, non è mai stata solo una cosa fisica tra di noi. C'è sempre stato quel qualcosa in più che oggi ci ha permesso di essere qui, nudi sulla sabbia ad ansimare l'uno il nome dell'altra, come se non sapessimo dire altro. Amo il suo profumo, il suono della sua voce, le sue parole spinte che mi imbarazzano da morire. Amo il modo in cui mi fa sua, dolcemente ma con una passione che mi farà sempre tremare le gambe. Amo le sue mani forti che stringono i miei fianchi avvicinandoli ai suoi, e amo ancor di più il fatto che quello che ha dentro, possa gestirlo solo per non farmi del male.
Stanotte non mi ha chiesto di diventare la sua ragazza, forse non sa neppure che solitamente è questo quello che un ragazzo dovrebbe chiedere alla ragazza che ama, ma mi sono ugualmente sentita sua , e so per certo che mai nella vita sarò di un altro. Mai.

La cura [H.S.]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora