Capitolo 76

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Ho vaghi ricordi dell'ultima volta che ho preso l'aereo. Forse perché mio padre è stato costretto a somministrarmi del sonnifero per farmi restare buona e non spaccare tutto.
Siamo decollati da cinque minuti, nulla in confronto alle ore che dovremo passare qui dentro. Ho visto Alex rilassarsi non appena l'aereo ha smesso di toccare terra, ho letto la paura abbandonare il suo sguardo pur consapevole che non siamo totalmente al sicuro ora. Guardo in basso dove so che c'è ancora la mia famiglia, eppure non riesco a provar pena per loro. Non mi mancano, mi hanno fatto troppo male.
La sua mano si posa sulla mia, mi volto a guardarlo.
"Sei pensierosa", osserva giocando con le mie dita. "Ti sei pentita?". Di nuovo quell'incertezza che voglio cancellare ad ogni costo dalla sua mente.
"Assolutamente no", gli sorrido. "Stavo pensando ai miei genitori", sospiro. La sua presa su di me aumenta. "E al fatto che non mi mancano". I suoi lineamenti si rilassano.
"Non ti mancano?". Chiede conferma.
"Hanno sbagliato troppo nei miei confronti e sono sicura avrebbero continuato a farlo". Mi dispiace, non posso negare di essere molto triste ma non pentita. Sceglierei Alex in ogni caso.
"I tuoi genitori ti amano". Sospira pesantemente.
"Perché li difendi?". Mi acciglio. Questa è una cosa che non capirò mai.
"Quando ami tanto qualcuno, a volte, prendi decisioni sbagliate. L'amore rende irrazionali". Guarda davanti a se e so che parla di noi, del suo abbandono e di tutte le conseguenze.
"Quanto sei saggio", lo prendo in giro. Non mi piace vederlo così insicuro, sopratutto nei miei riguardi. Tutti hanno sbagliato, ma lui era solo un bambino che si è ritrovato ad affrontare qualcosa di troppo grande.
"Mi stai prendendo per il culo?". Inarca un sopracciglio assumendo un'espressione infuriata alla quale non riesco a resistere.
"Questo mai", poi scoppio a ridere, e per quanto lui cerchi di trattenersi, alla fine cede. Le ore passano lente, ma piacevoli. Fra mille chiacchiere e risate, fra carezze, baci e proposte indecenti.
Cado in sonno profondo a meno di due ore dal nostro arrivo. Alex mi tiene fra le sue braccia, cullandomi come ho sempre desiderato facesse, e non ne sono sicura ma ad un certo punto, ho sentito le sue mani posarsi sul mio ventre e accarezzarlo come se quello che abbiamo solo ipotizzato, fosse vero.

"Dobbiamo chiamare Gin".
"Usate il mio telefono", dice Dave. "Il tuo direi che è off limits". Non capirò mai perché Alex, a tratti, sembri non sopportare Dave. Cioè, ricordo bene che Dave aveva una specie di cotta per me, ma non credo che Alex l'abbia mia notato.
Resto in disparte, ascoltando quello che Alex dice a Gin, parlandogli come se lo conoscesse da una vita. So che non è così ma adoro particolarmente l'idea che possano andare d'accordo. Sono i miei pilastri, gli unici uomini di cui mi fido davvero.
Lo vedo tornare verso di me con un espressione molto più rilassata rispetto a quella di pochi attimi prima.
"È bravo a tirare pugni?". Mi chiede poggiando le mani sui miei fianchi.
"Perché questa domanda?". Mi acciglio.
"Devo capire se ho qualche chance". Scuote il capo.
"Ti ha minacciato?". Ridacchio. Conosco bene l'indole protettiva di Gin nei miei confronti.
"Si, più o meno si", scuote il capo.
"È abbastanza bravo a tirare pugni, credo abbia vinto all'incirca trenta..".
"Si, ho capito", alza gli occhi al cielo. "Conviene che io faccia il bravo con te", ammicca.
"Guarda che non ho bisogno di Gin per spaccarti quel bel faccino che ti ritrovi", assottiglio lo sguardo mentre lui, beh lui cerca di non scoppiare a ridermi in faccia.
"Ci credo, piccola", sussurra sulle mie labbra. "Comunque...il tuo amico sarà qui a momenti", si fa subito serio.
"Dove andremo, Alex?". Poggio la mia mano sulla sua.
"Non mi ha voluto dire nulla", sospira. "Ma ho chiarito che io e te non ci divideremo".
"No, assolutamente no", replico prontamente. È l'unica cosa di cui ho paura ora.
"Stai tranquilla", si avvicina lasciandomi un bacio sulla fronte. "Non ho alcuna intenzione di separarmi da te neppure per un secondo". Gli sorrido poggiando poi la testa sul suo petto. Ho la necessità di dormire in un letto comodo, di mangiare qualcosa di molto calorico e di un rilassante bagno caldo anche se siamo in piena estate. Sono sfinita, mi sento più stanca del solito.
"Ragazzi". Vedo Natalie correre nella nostra direzione. "Credo che il famoso Gin sia appena arrivato". Ed è come una scarica di adrenalina.
"Vieni", afferro Alex per la mano trascinandolo con me, poi lo vedo, con la sua espressione imbronciata di sempre, i capelli brizzolati, l'aria da duro e i suoi super muscoli che metterebbero paura a chiunque.
Gli salto letteralmente addosso prendendolo alla sprovvista.
"Ma che...Sophia", urla stringendomi subito a se. Ci abbracciamo per un tempo che sembra indefinito ma che non è mai abbastanza. Mi è mancato tantissimo, e prima che possa controllarlo, scoppio a piangere come una bambina fra le braccia del suo papà, anche se purtroppo non è così.
"Va tutto bene", accarezza la mia schiena in modo goffo. In tutti questi anni nessuno dei due si è mai perso in smancerie simili, ora è  diverso ed è bellissimo.
Sento Alex fingere un attacco di tosse alle mie spalle. Mi stacco da Gin che seppur cerchi di mascherarlo, è nelle mie stesse condizioni.
"Problemi ragazzo?. Borbotta fissando in cagnesco un Alex leggermente spazientito.
"Vorrei sapere dove andare", replica il mio ex migliore amico poggiando una mano sulla base della mia schiena. Gin gli scoppia a ridere in faccia ma dopo averlo guardato male, si ricompone.
"Ah giusto", si gratta la nuca. "Conosco un posto dove nessuno verrà a rompervi le scatole".
"Sei il fratello di Diego, perché dovrei fidarmi di te?". Sbotta aumentando la presa su di me. Vorrei tirargli un pugno ma allo stesso tempo lo capisco. Ora è davvero difficile fidarsi di chiunque.
"Non ho una risposta, puoi farlo e basta", scrolla le spalle. Gin è così, non è uno a cui piace parlare. "Allora andiamo?".
Guardo Alex che continua a guardare Gin come se fosse il diavolo in persona ma sono sicura che si ricrederà. Mi fido ciecamente di Gin, non ho mai avuto alcun dubbio su di lui. Il resto della squadra mi guarda e so che, in qualche modo, tutto dipende da me.
"Certo, andiamo", dico. La mano di Alex resta aggrappata alla mia. Stranamente mi segue senza dire nulla, stranamente mi seguono tutti.

La cura [H.S.]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora