Capitolo 44

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"Allora?".
"Hai ragione, è buonissimo". Dico continuando a mangiare la mia porzione gigante di gelato.
"Un orgasmo".
"Ma smettila", lo spingo. "Stranamente oggi non piove", dico guardando fuori la vetrina della gelateria che da sulla strada.
"Già, dovresti replicare un lungo e interessante pomeriggio al mare con vecchi e nuovi amici".
"Che?". Per poco non sputo il gelato.
"Perché non organizziamo...".
"Tu sei impazzito", rido nervosamente.
"Perché no?". Si acciglia.
"Ci odiano, Eric". Sospiro. "Sai bene che le cose fra me ed Alex vanno da schifo, Natalie non la sopportiamo e Dave...oh Dave è incommentabile", scuoto il capo.
"Io non la sopporto, a te...sta quasi simpatica".
"Stai fantasticando", alzo gli occhi al cielo. "Probabilmente passeranno giorni prima che io ed Alex possiamo rivederci e...".
"Beh, non direi", fa una smorfia guardando oltre le mie spalle.
"C-che vuoi dire?". Balbetto e mi basta seguire il suo sguardo, purtroppo, per capirlo.
Alex e Natalie sono appena entrati in questa dannata gelateria e mi chiedo come sia possibile fra tutte quelle esistenti a Londra, che siano capitati proprio qui. La vita mi vuole male. Non ci hanno ancora visti, lui sbuffa e sembra davvero molto annoiato, lei ride come sempre. Tuttavia a prescindere da questo, ciò non cambia che sono qui insieme. Che lui sia uscito con lei.
"Vuoi andartene?". Domanda Eric che mi guarda preoccupato. Non so quale sia la mia faccia adesso, non so cosa mi aspettassi dopo quel bacio ma fa male, fastidiosamente male vedere che per lui non ha contato nulla. È con un'altra ragazza che so, non è una semplice amica. Non sono stupida, è ovvio che sì siano divertiti parecchio insieme e che forse continuano a farlo. Questo dolore alla bocca dello stomaco è strano, qualcosa che non ho mai provato e che mai avrei pensato di scoprire proprio con lui. Devo controllarlo, posso farlo perché tanto quello che dentro me desidero, non accadrà mai e non posso neppure ammetterlo a me stessa.
"S-si, ho finito di mangiare il gelato", ridacchio nervosamente ma come previsto Eric non se la beve.
"Vorrà direi che lascerò sgocciolare il mio sulla mia nuova maglietta bianca", assottiglia lo sguardo ma si alza lo stesso, peccato che io non ci riesca.
"Sophia", la voce acuta e squillate di Natalie mi perfora le orecchie e i suoi occhi, scorgono la mia figura troppo in fretta. Li spalanca nell'esatto momento in cui io porto i miei sul pavimento. Non dovrei avere questa reazione, non davanti a lui almeno ma mi rendo conto che tutto è sempre più difficile da gestire.
"Ciao", abbozzo un sorriso mentre Eric la saluta con una pacca sulla spalla.
"Ehm, ciao anche a te Alex", continua il mio amico non ricevendo risposta.
"Ciao Natalie", dico indispettita. È un cafone, un maleducato assurdo.
"Oh, ma cosa ti sei fatta?". Si avvicina e mi chiedo come abbia visto il mio piede nascosto sotto il tavolo. Qualcosa non torna. Tutto non torna.
"Sono caduta", mi limito a dire. Sento gli occhi di Alex ovunque. Non può fare così.
"Perché non vi sedete con noi?". Fulmino Eric con lo sguardo per questa sua cazzo di domanda. È impazzito ma in risposta mi sorride consapevole che non saranno queste due stampelle a fermarmi dal disintegrarlo.
"Oh...non so se...". Natalie guarda Alex, la odio di nuovo e quello stronzo che fino ad adesso non ha aperto bocca, lo fa ma nel modo più sbagliato possibile.
"Perché no?". Fa una smorfia spostando la sedia per Natalie. Prendo un lungo respiro ripetendo più volte nella mia testa che l'omicidio è illegale.
"Hai tre secondi per finire questo dannato gelato", bisbiglio nell'orecchio di Eric che finge un sorriso con i nostri nuovi compagni di merenda.
"Ehm, si. Dammi il tempo".
"Sophia", alzo lo sguardo verso Natalie. "Che gusto prendi?".
"L'ho già mangiato", abbozzo un sorriso tirato. "E tu?".
"Fragola e limone".
"Ah", cerco di mascherare la mia espressione disgustata, peccato che questo non riesca anche ad Alex. Ci guardiamo come se stessimo parlando ma senza farlo sul serio e i ricordi di quel giorno riaffiorano in un secondo.

"Dai dillo tu".
"No, dillo tu".
"Non ci arrivo neanche li", sbuffo.
"Sei una nana". Ridacchia pizzicandomi una guancia.
"Lo sei anche tu".
"Un giorno io non lo sarò più, tu si", mi fa la linguaccia.
"Certo, certo", sbuffo. "Intanto prendi il gelato, ho fame", piagnucolo.
"Come sempre", ridacchia. "Il solito?". Mi guarda assottigliando gli occhi a causa del sole. Solo noi possiamo uscire di casa alle tre del pomeriggio per rincorrere il camion che vende gelati.
"E si", gli do un bacio sulla guancia e sorride ancor di più.
"Ehm, salve. Un gelato fragola e lim.....".
"Nooooo", urlo e lui scoppia a ridere.
"Ma come, è sempre stato il tuo preferito".
"Bambini", sospira il gelataio. "Allora?".
"Stracciatella e pistacchio". Diciamo in coro.

La cura [H.S.]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora