Dove vuoi.Domani mi prenderò a schiaffi per questo, ma ora come ora non me ne importa affatto. Voglio stare con lui, voglio che mi porti ovunque lui voglia.
Le sue narici si dilatano, la mascella si irrigidisce e temo che fra non molto mi scarichi qui e vada via. Aspetto impaziente una sua risposta, sto per aprire bocca quando lui mi precede.
"Mezz'ora, non un secondo in più". Vorrei saltargli addosso e abbracciarlo fino a farlo soffocare, ma mi limito a sorridergli ampiamente e ho la sensazione che abbia ricambiato, ma si è girato dal lato opposto troppo in fretta per esserne sicura.
"Metti questo", mi passa il casco e non oso contraddirlo anche se odio quell'affare.
Prende un lungo respiro quando appoggio una mano sulla sua spalla per salire dietro di lui. Sono ancora molto ubriaca ma questo non fa calmare l'ansia nel mio stomaco, mi rende solo più coraggiosa con lui.
Circondo il suo busto con le braccia, sarei tentata di appoggiare la testa sulla sua spalla, ma la sua postura rigida mi avverte che è meglio non farlo. Parte piano per poi aumentare gradualmente la velocità restando costante. Le poche volte che l'ho visto in moto, correva e anche tanto. Non ho idea di dove mi stia portando, ma non è importante. Allontano la mano dalla sua vita cercando di abbassare la gonna che ha preso a svolazzare sulle mie gambe.
"Reggiti", tuona arrabbiato e sospira quando lo tocco di nuovo. Non capisco se questo contatto gli piaccia o lo infastidisca. Ho paura della seconda risposta. E' notte fonda e ci sono poche auto per strada, ancor meno quando imbocca una strada sterrata che porta in una zona racchiusa in delle grandi mura di cemento. Non c'è nulla. Dove diavolo mi ha portata?
"Però, bel posto", commento non appena spegne il motore. Scendo guardandomi intorno mentre lo sento armeggiare per posare i caschi.
"Non ho detto che ti avrei portata in un bel posto".
"Giusto", mi giro guardandolo e lui stà già guardando me. "E.....che posto è questo?". Incrocio le braccio al petto.
"Nessuno", scrolla le spalle.
"Bene", mi sento a disagio e credo che lui sia felice di questo. Vuole dimostrarmi che non siamo più fatti per stare insieme, ma gli dimostrerò il contrario. "Andiamo a vedere cosa c'è lì", non aspetto una sua risposta ma inizio a camminare verso il nulla. E' tutto uguale qui e sono più che sicura che non ci sia neppure il segnale al telefono per quanto sono alte queste pareti cementate.
"Non avvicinarti troppo", afferra il mio polso e mi trascina sull'unico muretto basso presente dove poi si siede. "Potrebbero esserci dei topi".
"Non ho paura dei topi".
"Già, dimenticavo che ti divertivi a pestargli la coda".
"Ora ho più rispetto per loro", ridacchio.
"Bene", sospira puntando lo sguardo in avanti.
"Ti va di...".
"Da quando hai cambiato modo di vestire?". Continua a non guardarmi, io invece non riesco a distogliere lo sguardo dal suo profilo perfetto.
"Da quando ho deciso che non meritano di restare chiusi nel mio armadio", giocherello col bordo del mio vestito.
"Mh, capisco", borbotta.
"Stavo dicendo...", prendo un colpo di tosse. "Ti va di parl....".
"No", lo guardo male e lui ricambia.
"Volevo parlare solo del più e del meno. So che non mi dirai nulla su quello che ho visto, tranquillo", sbotto facendo una smorfia.
"E di cosa vorresti parlare precisamente?". Assottiglia lo sguardo.
STAI LEGGENDO
La cura [H.S.]
Fanfiction"Mi stai curando". "Forse è il contrario". Così vicini eppure così lontani. Da oltre dieci anni, Sophia e Alexander condividono lo stesso condominio e l'odio che i loro rispettivi genitori covano l'uno nei confronti dell'altro. Un segreto, un errore...