Capitolo 81

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Mancano quattro giorni al mio intervento, quattro giorni che so passeranno lenti come non mai.
Alex è sempre molto premuroso con me, dopo il nostro ultimo litigio, abbiamo recuperato alla grande e non c'è stata una sola notte in cui non mi abbia amata come necessitavo.
Sono così felice che non riesco a pensare ad altro al momento, fin quando il mio ragazzo dice qualcosa  che mi destabilizza fortemente.
"Hanno provato a far fuoco al Sophia". Entra in cucina come una furia. Dave e Natalie scattano all'in piedi.
"Che cosa?". Sgrano gli occhi. "Come lo hai saputo?".
"La notizia si è diffusa in rete". Si passa una mano fra i capelli.
"Dovresti avvisare il proprietario", dico e in quel momento ben quattro paia d'occhio mi piombano addosso. "Voglio dire...sempre che non lo sappia già". Scrollo le spalle.
Dave scuote il capo poi raggiunge Alex. "Dobbiamo andare, lo sai".
"Perché dovete andare?". Mi alzo anch'io.
"Non posso crederci", Natalie scoppia a ridere. "Non gliel'hai detto?".
"Sta zitta", sbotta Alex fulminandola con lo sguardo.
"Detto cosa?". Sussurro appena.
"Alex qualcuno sa che siamo tornati", continua Dave come se io non esistessi, come se non avessi neppure parlato.
"Basta", ringhia. "Ora andiamo ma basta".
"Basta?". Urlo. "Basta cosa?".
"Sophia, non ora", mi ammonisce.
"Non ci provare", gli punto un dito contro. "Non di nuovo".
"Ne parliamo dopo, ora devo...".
"Vuoi andare al Sophia?". Per poco non mi strappo i capelli. "Sei impazzito per caso? E poi, perché? Deve occuparsene il proprietario, non tu".
"Ti ho detto che ne parliamo dopo", mi sorpassa ma io non ho alcuna intenzione di fargliela passare liscia.
"Aspetta", lo afferro per un braccio. "Non puoi andartene così".
"Sophia, ti ho già detto che ...".
"Bene, vuoi andare? Vengo anch'io, così saluto Sara".
"È fuori discussione, devo andare", si libera dalla mia presa e qualcosa in me si spezza. Deve averlo notato anche lui dato il modo in cui mi guarda. "Ascolta", afferra il mio viso fra le sue mani. "Devo andare, non posso lasciare il locale in quelle condizioni".
"Mi stai mentendo ancora?".
"T-ti spiegherò tutto quando torno", distoglie lo sguardo, a me basta questo per allontanare le sue mani dal mio viso. "Sophia", lui non si arrende afferrandomi per un polso. "Non posso portarti con me", sussurra e sembra davvero in difficoltà.
"Ma puoi mentirmi, però".
"Non...ti dirò tutto", cerca i miei occhi ma non ho alcuna voglia di guardarlo.
"Certo", sbuffo una risata. "Come sempre". Faccio una smorfia liberandomi dalla sua presa.
"Sophia", mi richiama ma non mi volto mentre me ne torno in camera sua, che non sento affatto mia.
Chiudo la porta alle mie spalle ma non passa neppur qualche minuto che viene spalanca.
"Stai facendo la bambina".
"Prego?". Mi volto fulminandolo con lo sguardo. In un'altra vita sarebbe morto stecchito.
"Hai capito", incrocia le braccia al petto. "È una questione importante e tu stai facendo i capricci come una bambina".
"Nessuno ti sta trattenendo", sbotto. "Vuoi andare? Vai. Ho solo paura che lì fuori possa succederti qualcosa, ma tu continui a non capire un cazzo e a rimpinzarmi di bugie", entro domani non avrò più un filo di voce.
"Non ti sto mentendo", scuote il capo, sembra distrutto. "Cioè...c'è una cosa che devi dirti. Non è proprio una bugia, ho solo omesso la verità ma...".
"Mi prendi in giro, Alex?". Sono sbigottita, troppo sbigottita.
"No", va a sedersi sul letto. "Per me è importate quel posto...Sophia". Mi guarda, i suoi occhi sono così trasparenti, colpevoli e dolci. Lo sono sempre.
"Lo so", mi avvicino rapita da quello che vi leggo dentro. "Anche a me piace tantissimo, mi sono sempre sentita a casa lì dentro, non so come spiegarlo ma...era come se appartenessi a quel posto da sempre". Abbasso lo sguardo e solo allora noto il suo fisso su di me. Credo non abbia mai smesso.
"Davvero senti questo?". I suoi lineamenti sono così dolci in questo momento, così teneri e puri, ben lontani dal ragazzo arrogante e sfacciato che ha sempre cercato di essere con me.
"Si", sussurro arrossendo. Con ogni probabilità considererà quello che ho appena detto stupido. Non ci si può affezionare ad un posto così, sopratutto dopo che a malapena ci ho lavorato sei, al massimo sette giorni. "Voglio dire...non lo so", sospiro toccandomi le guance calde. Un sorriso increspa il suo viso, allunga una mano attirandomi dai fianchi.
"Amo questa cosa". Si morde le labbra mentre mi guarda. "Non sai quanto".
"Perché?". Ridacchio nervosamente. "Non capisco".
"Sono io a non capire come tu non l'abbia ancora capito".
"Capito cosa?". Amo il modo in cui mi sta guardando, amo le sue mani che mi accarezzano lente ma decise, amo lui e il suo modo di farsi perdonare ogni cosa anche se, stavolta, non ho capito bene cosa.
"Il Sophia è mio".
"Cosa?". Mi acciglio.
"Cioè...è tuo". Sussurra accarezzando il mio viso.
"Mio? Alex, ma cosa stai...".
"Bevevo ogni sera, mi ubriacavo con la speranza di dimenticare i tuoi occhi". Mi attira sulle sue gambe, io sono molto confusa. "Poi una notte mi sono ritrovato in quella strada...c'erano delle ragazze che...che erano costrette a prostituirsi. Pensavano fossi lì per loro, avevo appena quindici anni. Aspetta...ascolta tutta la storia", dice notando la mia espressione infastidita. Sono davvero molto confusa.
"Dicevo...quelle ragazze pensavo che fossi un cliente, avevano semplicemente bisogno di soldi ma io ero finito lì per un altro motivo. Era il tuo compleanno", sussulto. "Avevi compiuto quattordici anni e...io non potevo esserci, non potevo nemmeno comprarti un regalo o farti gli auguri. Non potevo fare nulla se non odiarmi".
"Alex", sussurro con il cuore in gola.
"Una di quelle ragazze capì che ero solo un bambino e che...stavo male, molto male. Mi ha aiutato, mi ha portato a casa sua e io per tutta la notte non ho fatto altro che parlarle di te, di quanto ti amassi e delle nostre famiglie che...che ci avevano separati. Anche lei aveva dovuto rinunciare al suo grande amore, aveva una bambina e gli assistenti sociali gliel'avevano portata via. Quella notte le feci una promessa, non è stato facile ma...volevo salvarle tutte come lei aveva fatto con me". Tutto inizia a farsi più chiaro.
"Hai aperto uno strip club per loro".
"In parte si, potrei dirti che l'ho fatto per quella donna ma...è solo a te che pensavo mentre mattone dopo mattone lo vedevo prendere vita".
"Quindi tu sei...".
"Il proprietario del Sophia", abbassa lo sguardo. "Potrai trovare squallida una cosa simile ma ho sempre considerato quel posto qualcosa di più di un semplice strip club".
"Sei un angelo".
"Cosa?".
"Sei fantastico", gli sorrido. "E..il fatto che tu l'abbia...non so , dedicato a me...".
"Sei l'unica donna che avrei voluto guardare lì dentro, e pensavo che così...ti avrei avuta più vicina".
"Alex", afferro il suo viso poggiando la fronte contro la sua. "Sei la mia vita, la mia cura a tutto".
"Vorrei esserlo davvero".
"Lo sei davvero". Gli sorrido. "E io..sono così emozionata all'idea di essere stata sempre lì con te anche quando non pensavo fosse possibile".
"Tu sei sempre stata qui", afferra la mia mano portandola sul suo cuore. "È sempre appartenuto a te, ogni tuo sogno è anche il mio".
"Sei tu il mio sogno più grande", mi tremano le labbra. "Scusami per prima, non ho capito nulla e ti ho accusato di mentirmi".
"No", con le dita asciuga le mie lacrime. "Scusami tu amore mio per tutto il male che ti ho fatto".
"Chiamami sempre così".
"Così come?". Mi stuzzica leccandosi le labbra.
"Amore mio", sussurro sfiorandole con le mie.
"Vuoi venire con me, amore mio?".
"Cosa?". Sgrano gli occhi. "Dici davvero?".
"Sara impazzirà".
"Oddio", urlo gettandogli le braccia al collo. "Grazie, grazie, grazie".
"No, grazie a te...solo a te", mi stringe rimettendo a posto tutto, ma proprio tutto.

La cura [H.S.]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora