Lo guardo mentre camminando verso il mare si toglie i jeans restando in boxer. Distolgo subito lo sguardo, avvampando dalla testa ai piedi mentre lui è così tranquillo tranne che con me. Non capisco cosa si gli sia preso. Ho cercato con tutta me stessa di non litigare con lui, ma Alex non è d'aiuto quando si tratta di queste cose. Guardo questo posto e mi piange il cuore. Dieci anni fa una cosa simile non sarebbe mai accaduta, io e Alex non litigavamo mai. Eravamo una grande squadra, la più forte in assoluto. Nulla era in grado di abbatterci, oggi invece basta davvero poco per distruggere l'equilibrio che sto cercando di mantenere fra di noi.
Non so cosa fare ma non voglio neppure starmene qui a far nulla. Mi alzo da terra andandomi a sedere su un tronco a qualche metro di distanza e mi metto a fissare una barca, un insieme di toghe di legno ormai rovinate dal tempo sulla quale abbiamo scattato quella foto. Sono sicura che è lei, ovviamente non chiederò conferma ad Alex che probabilmente mi ignorerà per tutto il tempo in cui staremo qui. Passano ben quindici minuti in questo modo e quando sono tentata di alzarmi ed andarmene, lo vedo uscire dall'acqua e passarsi una mano fra i capelli stile modello Dolce e Gabbana. Alexander è un bellissimo ragazzo, alto, muscoloso e con un viso che farebbe invidia alle migliori copertine di moda nel mondo. È perfetto, almeno fisicamente parlando perché di difetti caratteriali ne ha tanti proprio come me. Forse per questo andavamo tanto d'accordo.
"Che stai facendo?". Chiede con tono piatto, completamente disinteressato.
"Nulla", scrollo le spalle voltandomi nella sua direzione. Passa l'asciugamano sull'addome prima di gettarla sulla sabbia e sedersi sopra. "Ti va di...fare una passeggiata?". Domando. Alza lo sguardo e si acciglia.
"E dove?".
"Non lo so", mi guardo intorno. "È indifferente".
"Non eri incazzata?". Inarca un sopracciglio.
"Tu sei incazzato, io volevo solo capirne il motivo", scendo dal tronco avvicinandomi a lui. "Allora?".
"Ti ustioni", dice giocherellando con i laccetti della mia borsa.
"Oh giusto, almeno ho ricordato di portare la protezione", sorrido abbassandomi sulle ginocchia. "Anche tu dovresti metterla", dico mentre afferro la crema dalla borsa.
"Non ho la pelle così delicata". Afferma guardandomi in modo strano.
"Era solo un consiglio", dico rigirandomi quel tubetto fra le mani.
Lui non risponde e io ora mi sento davvero a disagio sapendo di dover togliere il vestito e restare in costume, ma cavolo siamo al mare. Non dovrebbe essere così imbarazzante. Prendo un lungo respiro prima di afferrarlo dagli orli e sollevarlo dalla testa. Ho lo sguardo basso e non ho il coraggio di vedere se lui sta guardando, ma non credo. Ho imparato a conoscere i suoi gusti ed io, non rientro in questi.
Svito il tappo iniziando a spalmare la crema sulle braccia, sul ventre e ...sulla cicatrice.
"Vuoi una mano?". Sospira pesantemente non so se per la noia o altro.
"Ehm, si per le spalle". Sussurro.
"Voltati", dice e lo faccio sedendomi davanti a lui.
"Da qua", mi strappa la crema dalle mani e qualche secondo dopo la sostanza fredda colpisce la mia schiena prima di essere sostituta da una sensazione che non credo di aver mai provato. Il suo fiato sul collo e le sue mani che si muovono lente su di me dal basso verso l'alto. Trattengo il respiro per tutto il tempo e mi mordo il labbro quando infila le dita sotto al laccetto del reggiseno per spalmare anche lì la crema.
"Fatto", dice con voce roca. Si alza e mi sorpassa, poi si gira e mi guarda.
"Pronta?".
"Si", mi mordicchio il labbro prima di alzarmi e seguirlo.
Camminiamo sul bagno asciuga come se non ci conoscessimo, come se fossimo due estranei che stanno semplicemente percorrendo la stessa strada. Ho provato di tutto con lui da quando abbiamo messo piede su questa spiaggia. Ho provato a mantenere la calma, ho provato a capire cosa lo avesse infastidito così tanto. Ho provato e riprovato ma arriva un momento in cui ti rendi conto che è inutile insistere, almeno per oggi. Camminiamo per oltre un chilometro, le gambe mi fanno male e il sole picchia in testa che è una favola.
"Possiamo fermarci?". Ho il fiatone. Si gira di scatto nella mia direzione, sembra preoccupato ma quell'espressione dura davvero poco per esserne sicura. Annuisce soltanto e si appoggia ad un piccolo scoglio sulla riva. Lo raggiungo restando però a distanza. So quando è il momento di lasciargli i suoi spazi. Immergo i piedi in acqua lasciandoli dondolare. Sto morendo dal caldo nonostante un leggero venticello che mi scompiglia i capelli.
"Faccio un bagno", dico non attenendo risposta. Sbuffo e voglio che lo senta. Sta esagerando. Mi tuffo dallo scoglio nuotando per qualche metro.
Cazzo, è gelata ma è quello che ci voleva per calmarmi. Stavo per esplodere sul serio. Mi rende così nervosa come nessuno mai. Riemergo restando a galla, mantenendo lo sguardo verso il mare aperto. Si può essere tanto stronzi con così tanta costanza? Probabilmente si, ed Alex è il migliore in assoluto.
Chiudo gli occhi galleggiando a pancia in su. Il rumore del male che ondeggia nelle mie orecchie, la sensazione di sentirsi leggera e spaesata, il sole che mi colpisce senza farmi del male. Se fingessi che non esistesse altro sarebbe fantastico. Sarei serena ma mi mancherebbe ugualmente qualcosa, un pezzo di me che vorrei davvero fosse mio per sempre.
Apro di stacco gli occhi. Ho una sensazione ma poi mi rendo conto che è solo tale. Alex non è al mio fianco eppure ero sicura che qualcosa avesse sfiorato il mio viso. Tocco il fondo con i piedi e mi giro verso la riva, lui non c'è.
"Ma dove diavolo...", borbotto fra me e me camminando verso il bagno asciuga, aggiro lo scoglio e per poco non mi metto ad urlare quando lo trovo steso a terra a prendere il sole, completamente bagnato.
"Quando sei entrato in acqua?". Dico.
"Mentre dormivi". Ha ancora gli occhi chiusi.
"Non stavo dormendo", mi acciglio ma lui non risponde più. Sbuffo ancor più forte di prima e vado a sedermi da sola su quello scoglio, maledicendomi per non aver portato con me il mio vestito. Ora sento freddo, sono strana, ma tutto d'un tratto si è alzato un vento assurdo e una nuvola, spero passeggera, ha completamente offuscato il sole.
Porto le ginocchia al petto e le abbraccio in cerca di calore ma essendo completamente bagnata, credo sia inutile. Poggio il mento sulle ginocchia aspettando non so cosa. Trasalisco quando sento un braccio avvolgermi da dietro e due gambe spuntare ai lati del mio corpo.
"Freddo?".
"No". Sono rigida come un pezzo di legno e non perché non voglia che lui mi si avvicini in questo modo, anzi. Vorrei solo avere la capacità di capire i suoi comportanti così contrastanti con altri suoi atteggiamenti.
"Questi dicono il contrario", le mie braccia sono ricoperte di brividi ma a questo punto credo non siano dovuto solo al freddo, ma è ovvio che io preferisca lasciargli credere questo.
"Solo un po'", sospiro pressando le labbra fra loro.
"Lo so", dice e il mio povero cuore fa una capriola, quando poggia il mento sulla mia testa e la sua mano sulle mia ginocchia dove è invece il mio viso.
"Tu non hai freddo?".
"Il freddo non è un problema per me".
"Neanche il caldo. L'hai detto prima", giro piano la testa nella sua direzione per non farlo allontanare.
"Esatto", sospira guardandomi. Non voglio rovinare questo momento, quindi non aggiungo altro.
Porto di nuovo lo sguardo sul mare e lo sento trattenere il respiro quando poggio la testa sulla sua spalla. Quando eravamo piccoli ci abbracciavamo spesso, ogni giorno. Forse ora è diverso, siamo cresciuti ma mi piacerebbe ugualmente passare ore ed ore fra le sue braccia. Chiudo gli occhi abbandonami ad una sensazione che vorrei non passasse mai. Potrei vivere di questo senza stancarmene per un sol secondo, poi sento le sue dita tracciare il mio profilo piano, con una delicatezza e una dolcezza che non pensavo neppure gli appartenessero. Schiudo gli occhi e le labbra con un nodo in gola che quasi non mi fa respirare. Sono tante le cose che vorrei chiedergli. Come questo. Mi ha trattata male per tutto il tempo per poi accarezzarmi come se fossi la cosa più fragile e importate per lui in questo mondo. Vorrei davvero che fosse così e vorrei davvero, che me lo dicesse ma lui non parla, non lo fa mai. Non dice mai quello che pensa, ed interpretarlo è più difficile di quanto immaginassi. Mordo forte le mie labbra per evitare che tremino. Non so perché sto reagendo così, forse ho solo paura che questo non accada di nuovo e ancora più paura a chiederglielo per questo dico altro. Qualcosa che forse mi renderà ridicola più di quanto non abbia già fatto ma è l'unica cosa di cui ho bisogno ora e di cui avrò bisogno sempre.
Mi giro piano fra le sue braccia, sento il suo sguardo pungere su ogni parte del mio viso. Sto lottando per non piangere.
"Puoi...puoi abbracciarmi?". Punto i miei occhi nei suoi sconvolti. Non si aspettava questo e nemmeno io quando stamattina pensavo a quale costume mettere. Sto per perdere, per scoppiare a piangere come una fontana e prima che lui possa vedermi mi aggrappo al suo collo rischiando un rifiuto che non sopporterei. Poi qualcosa cambia, qualcosa succede e la mia presa incerta è il nulla in confronto a quello che fa Alex subito dopo. Le sue mani come una presa mortale, si chiudono sulla mia schiena. Mi attira a se con uno scatto che non avevo previsto, e mi stringe come se volesse fondere i nostri corpi e lo vorrei anch'io. La sua testa finisce nell'incavo del mio collo, la mia nel suo e posso affermare di essere appena diventata dipendente del suo profumo. Stringo come meglio posso le mie braccia al suo collo mentre continua a tirarmi a se e farmi inginocchiare fra le sue gambe. Passa le dita fra i miei capelli e sussurra il mio nome piano al mio orecchio. È in quel momento che perdo la battaglia con me stessa. Inizio a piangere, a singhiozzare come una bambina per l'emozione che questo abbraccio mi sta dando ma anche per paura. Sopratutto quella. Vorrei non staccarmi mai da lui, vorrei che la vita fosse questa.
"Hey", fa per staccarsi ma lo abbraccio ancora più forte bagnando il suo collo con le mie lacrime salate.
"Non piangere". Afferra le mie gambe e mi sedere su di lui come una principessa mentre mi accarezza i capelli, bacia la mia guancia e continua a stringermi a se strofinando il suo naso sul mio collo. Non c'è malizia, non come quando ci siamo baciati. C'è qualcosa in più, qualcosa che va oltre il fatto che Alex sia attraente o che forse io lo sia per lui. Non so cosa abbia significato quel bacio per lui. Per me è stato più di quanto sia disposta ad ammettere. Da quando mia madre mi ha chiesto se avessi una cotta per Alex ne è passato di tempo. Non ho mai risposto, eppure oggi, in questo preciso istante non posso negare di volerlo baciare ancora, non posso negare la passione con la quale mi stringeva mentre divorava la mia bocca e io la sua. Non posso negare la sua bellezza, come non posso negare il fatto che il mio cuore impazzisca ogni volta che lo vedo.
"Sophia", afferra il mio viso con decisione, nonostante i miei tentativi di nascondermi ancora.
"Scusami io...". La sua mano copre completamente la mia guancia.
"Non devi piangere", sembra arrabbiato ma più con se stesso che con me. "E...non devi scusarti". È sempre così confusionario quando dice qualcosa, ma è Alex. Lui è sempre stato così.
"Io...ecco, è stata una bella sensazione". Abbozzo un sorriso timido perché lui mi rende anche così. La parte sfacciata e sicura di me non esiste, non più. Sono sempre molto insicura con lui e lo sa. Un piccolo sorriso spunta sul suo viso nonostante provi a trattenersi.
"Cosa?". Mette su un'espressione apatica più finta dei soldi del Monopoli ma scelgo di stare al suo gioco e prendermi un altro suo abbraccio.
"Questo", sussurro poggiando la testa sul suo petto, legando le braccia al suo busto.
"Ah, questo", dice, poi sposta alcune ciocche di capelli dal mio viso spazzando via con le dita alcune lacrime. Mi metto ad ascoltare il suo cuore, come un tempo faceva lui con me per calmarsi dopo aver litigato con i suoi, ed è come se mi avesse letto nel pensiero.
"Ci siamo scambiati i ruoli?". Ancora una volta porta un braccio sotto le mie ginocchia, mi solleva e scende da quello scoglio con me fra le braccia.
"Che stai facendo?". Domando mentre entra in mare.
"Ora ho caldo", mormora mordendosi le labbra.
"Ma...".
"Cosa?". Assottiglia lo sguardo mentre si cala in acqua piegandosi sulle ginocchia. "Qualcosa in contrario, piccola cerbiatta?".
"Ancora con questa storia?". Lo guardo male non riuscendo però a trattenermi dal ridere.
A sette anni io e Alex scappammo di casa perché pensavo che i miei stessero per divorziare e mia madre volesse portarmi via, quindi Alex venne in camera mia, mi prese per mano e sgattaiolammo dalla finestra. Dopo due ore ci ritrovammo in un bosco e incontrammo un cerbiatto. Alex era il mio eroe e come tale cercò di difendermi nonostante il fatto che quel piccolo cucciolo fosse più spaventato di noi. Mi avvicinai, lo accarezzai per tutto il tempo in cui restammo lì e gli diedi persino un nome quando scoprì che fosse una femmina: Sophia. Da quel giorno Alex non face altro che prendermi in giro per la mia nuova amica. Tornavo almeno una volta al mese in quel bosco con Alex solo per poterla incontrare ma non l'ho mai rivista e ogni volta che scoppiavo a piangere, lui mi abbracciava e mi diceva che era lui il mio unico amico e che non sarebbe mai andato via. Non è stato così.
"Devo dire che le somigli", alza un angolo della labbra guardami di sottecchi.
"Sì certo", sbuffo. "L'hai fatta scappare". Borbotto.
"Hai infilato la tua testa fra le sue gambe solo per capire se fosse un maschio o una femmina". Spalanca le braccia.
"Non è una valida giustificazione per non tornare più", sbotto come se la colpa fosse di quella piccola cerbiatta.
"Effettivamente è stato cattivo da parte sua", ridacchia spostando una ciocca di capelli dal mio viso.
"Già", e con questo vorrei poter dire tante altre cose che forse anche lui comprende. Distoglie lo sguardo puntandolo sopra la mia testa. Le onde battono sui nostri corpi ma ogni volta che rischio di cadere, Alex mi stringe a se. Nessuno dei due dice nulla, nessuno dei due guarda l'altro. Fissiamo il mare e imprimo per sempre questo momento nella mia testa. Non permetterò a nessuno, neppure a lui di rovinarlo. Vorrei parlargli di quello che ho visto in quello strano posto, di quei muri che si sono separati e di Carla. Cosa ci faceva un'amica di mia madre li? Eppure non penso che questo sia il momento giusto, rovinerei tutto e ci meritiamo un attimo di pace.
"Quindi la serata è andata bene anche senza Sara?". Mi poggio al suo petto inclinando la testa sulla sua spalla e chiudo gli occhi.
"Direi che non hai fatto troppi danni". Sento il suo respiro sulla mia guancia.
"Nemmeno uno". Preciso.
Sospira pesantemente poi con le dita afferra, proprio come la notte di due giorni fa, il ciondolo che pende del bracciale che mi ha regalato anni addietro.
"Qualcuno si", sussurra nel mio orecchio. Apro piano gli occhi, il suo polso tatuato ancora una volta attira la mia attenzione. Quel lucchetto, così piccolo eppure così bello, non me la conta giusta. Tuttavia, a prescindere da quale sia il suo significato, è maledettamente giusto mentre sfiora il mio braccio. Tutto è al suo posto. Io, lui, il mare e qualcosa che portiamo dentro alla quale, seppur non sappiamo dare ancora un nome, continuerò a credere.Angolo autrice.
E dopo un bel litigio un po' di dolcezza ci sta tutta :). Spero vi sia piaciuto questo capitolo e i momenti di tenerezza fra i due protagonisti. Un abbraccio. Il prossimo capitolo probabilmente ci sarà fra mercoledì sera, massimo giovedì mattina. XX.

STAI LEGGENDO
La cura [H.S.]
Fanfiction"Mi stai curando". "Forse è il contrario". Così vicini eppure così lontani. Da oltre dieci anni, Sophia e Alexander condividono lo stesso condominio e l'odio che i loro rispettivi genitori covano l'uno nei confronti dell'altro. Un segreto, un errore...