"Ma no", dico prontamente.
"Non va bene", risponde lui ed è in quel momento che gli lancio un'occhiataccia che spero possa fulminarlo all'istante.
"Deve solo servire ai tavoli, l'ha già fatto", sbuffa Sara. Vorrei non essermi mai trovata in questa conversazione.
"È una serata diversa", la mascella di Alex si tende.
"Diversa in che senso?". Continua Sara e io sono davvero tentata di andarmene via e magari portare con me la piccola Penelope.
"Un tipo e il suo quarto matrimonio. Non mi fido".
"Di lei o di lui?". Ammicca Sara. Io vorrei prenderla a sberle e credo che Alex non sia da meno.
"State facendo i conti senza l'oste", sbotto. "Chi ha detto che io accetto?".
"Ma chi te l'ha proposto?". Domanda Alex con quel suo fare saccente e presuntuoso.
"Fottiti". Gli alzo il medio.
"Pensaci tu". Sorride mentre io sono sulla buona strada per l'autocombustione.
"Ragazzi c'è una bambina", interviene Sara fingendosi sbigottita. "Devo andare sul serio, quindi arrangiatevi e Alex, non provare a farmi licenziare per questo". Gli punta un dito contro prima di ficcare nelle mie mani il gelato ormai sciolto e sgattaiolare via con la sua bambina.
"Fantastico", borbotto cercando di leccar via il gelato dalle mie mani. Alzo lo sguardo per poi distoglierlo subito quando noto che il suo è fisso su di me. Che vergogna.
"Stracciatella e amarena". Dice. "Alcune cose non cambiano".
"Alcune cose no", sussurro abbassando il capo con la scusa di cercare un fazzoletto nella mia borsa.
"Già", gli sento dire così a bassa voce che non sono sicura l'abbia detto davvero. Ora che siamo soli non mi sento più così sicura e spavalda come prima. Mi ha baciata, ci siamo baciati e probabilmente io non avrò mai il coraggio di chiedergli nulla.
"Quindi....come farai stasera?". Domando incerta. Ecco cosa mi succede in sua presenza.
Sospira, si guarda intorno come se potesse trovare la risposta adatta.
"Non è una buona idea", scuote il capo mordicchiandosi il labbro.
"Cosa?". Torna a guardarmi. "Qual'è il problema?".
"Non hai detto che non hai accettato?".
"Ma di cosa stiamo parlando davvero?". Domando mentre continuo a mangiare il mio gelato con un disinvoltura che ora non mi appartiene affatto.
"Di stasera", fissa i suoi occhi nei miei, assottigliandoli.
"Cosa mi stai chiedendo?".
"Levati quell'espressione dalla faccia".
"Non stai facendo un buon lavoro, Alexander".
"Non ho bisogno di convincerti, Sophia".
"Allora buona fortuna per stasera". Scrollo le spalle sorpassandolo per raggiungere l'uscita.
"Non così in fretta, nana". Afferra il mio polso fra le sue dita. Stavolta piano come se tenesse di replicare qualcosa che entrambi sappiamo troppo bene.
"Ho un nome, idiota".
"Anch'io strega". Fa una smorfia. "Fra un'ora al locale. A fine serata ti pago".
"Ci mancherebbe", borbotto lasciando cadere lo sguardo sulla sua mano ancora avvolta attorno al mio polso.
"Questo mai", sussurra poi si abbassa all'altezza del mio viso. Il mio cuore prende a battere all'impazzata e quando penso che non serva più alcuna spiegazione, lo vedo schiudere le labbra e leccare il mio gelato, poi le sue labbra.
"Mh, pensavo peggio", dice prima di mollare la presa su di me e andare via.
Non credo di aver mai visto nulla di più erotico di questo in vita mia.Quell'ora passa prima di quanto avessi previsto. Sembra che il tempo ce l'abbia con me e che io non riesca mai a stare al suo passo. Mi sento stupida per aver impiegato più del normale nel scegliere cosa indossare. Dovrò semplicemente lavorare in locale pieno zeppo di uomini e spogliarelliste. Questo mi fa sentire ancor più ridicola nei miei aderenti leggings neri e nel mio top rosso.
Sono fuori dal Sophia da oltre dieci minuti e continuo a ripetermi che accettare è stata la più grande cazzata che potessi fare. Tuttavia non sono di certo una che si tira indietro, e prima che possa farlo davvero, entro ed è uno strano tuffo fra i ricordi che seppur pochi hanno un gran valore per me. È come se qui tutto fosse iniziato. Sara e il mio rapporto con Alex. Forse, senza questo posto avremmo continuato ad ignorarci per i prossimi vent'anni.
"Me l'avevano detto, ma stento ancora a crederci".
Dave mi accoglie con la sua faccia di cazzo e con i suoi modi altrettanto di cazzo.
"Felice di averti sconvolto allora", sbuffo sorpassandolo con tanto di spallata. Come se fossi a casa mia, raggiungo lo sgabuzzino, poggio le mie cose in un armadietto e indosso il grembiule.
Mi sento più che a mio agio qui e questa potrebbe essere un'arma a doppio taglio.
Quando esco la prima cosa che vedo sono due braccia tatuate poggiate sul bancone, poi alzo lo sguardo e incontro il suo: serio, formale e fastidioso.
"Puntuale", osserva mordendosi il labbro.
"Dubbi?". Inarco un sopracciglio.
"Nessuno", sussurra lentamente come se stesse assaporando questa parola.
"Bene, che devo fare?".
"Cosa non devi fare", sfrega le mani fra loro. Vorrei sbuffare ma mi limito, si tratta pur sempre di lavoro. "Cerca di non dare troppo nell'occhio, limitati a prendere ordinazioni e non parlare con nessuno".
"Come faccio a non parlarle con nessuno se...".
"Leggi fra le righe, Sophia", sbuffa.
"Quanto sei filosofico", faccio una smorfia alla quale lui risponde con un'occhiataccia.
"Tutto chiaro?".
"Cristallino", alzo un angolo delle labbra e ho la sensazione che lui stia lottando per non fare lo stesso.
"Meglio così", borbotta con il suo fare da burbero. "La festa inizia fra mezz'ora", dice prima di sparire nel suo ufficio.
"La festa inizia fra mezz'ora", imito la sua voce mentre passo uno straccio su una zona già pulita. Qui è sempre tutto perfetto.
"Prega che non ti abbia sentita", ridacchia Dave. Non mi ero neppure accorta che si fosse avvicinato.
"Per quel che m'importa", scrollo le spalle. "Perché mi fissi?". Mi acciglio.
"Non pensavo fossi così", dice con fare pensieroso.
"Che vuoi dire?".
"Alex ti ha descritta....diciamo che sei diversa da come ti immaginavo".
"E..come mi ha descritta Alex?". Mi sento insicura, quasi timorosa della sua risposta.
"Diciamo che la realtà supera le chiacchiere".
"È un modo carino per evitare di dirmi tutte le cattiverie che Alexander racconta sul mio conto?".
"Mettiamola così", si siede sullo sgabello.
"Immaginavo", abbasso lo sguardo. Non voglio che lui noti la mia delusione. "Come va il naso?".
"Secondo te?". Ridacchia.
"Vorrei dire che mi dispiace ma non mi dispiace. Hai rovinato la mia tuta preferita".
"Lui ha rovinato il tuo vestito preferito ma non hai provato a rompergli il naso", osserva.
"Te lo ricordi?". Alzo lo sguardo.
"È passato solo un anno", scrolla le spalle. "Ed è stato abbastanza divertente".
"Non è divertente tormentare una ragazza", lo guardo male. "Soprattutto quando questa ragazza non vi ha fatto nulla".
"Magari a me non hai fatto nulla, ma ad Alex...".
"Cosa?".
"In realtà non lo so", scuote il capo. "Diciamo che...Alex è abbastanza riservato". Mi scruta attentamente.
"Già, ho notato". Sussurro.
"Non prendertela, e poi ora hai dei nuovi amici".
"Con Alex era un'altra cosa ma sono sicura che non te ne ha mai parlato".
"Eravate amici, lo so". Mi stupisce. Non pensavo neppure che Alex avesse mai accennato al nostro passato insieme. "Ma ora lui è un'altra persona".
"Scoprirò cosa nascondete, Dave". Non ne sembra sorpreso.
"È una minaccia?".
"Una promessa. Una promessa che ho fatto a me stessa".
"Sei una tosta, Sophia". Si guarda intorno. "Non sei l'unica che deve capirci qualcosa". Aggiunge. "Oh eccolo, il festeggiato è appena arrivato". Ammicca. "Buona fortuna e cerca di non diventare la sua prossima moglie".
"Ci proverò". Dico e anche lui va via, in quella stanza che forse ha più segreti di quanto sembri.
Sospiro cercando di spazzar via il senso di delusione che mi attanaglia lo stomaco. Ho sempre pensato e saputo che Alexander ha messo delle voci in giro sul mio conto ma averne la conferma è tutta un'altra cosa.
I primi clienti della serata raggiungono il centro della sala e come mi aveva già accennato Alex, si tratta di un addio al celibato. Distolgo lo sguardo quando noto che uno di loro mi fissa da un po'. Sarà una lunga serata.
Un'ora dopo le mie braccia chiedono pietà. Fra il bancone, la sala e i vassoi pesanti non so più cosa fare. Non so come faccia Sara a fare tutto da sola.
"Un'altra bottiglia", dice il festeggiato palesemente ubriaco. Le ragazze stasera hanno già fatto tre spettacoli, in uno dei quali Natalie ha fatto la sua comparsa. Credo non mi abbia neppure riconosciuta ma è meglio così. In qualche modo la sua presenza mi ricorda ancor di più quanto io sia sfigata. Anche Alex è in sala, ma la cosa che mi ha stupita maggiormente è stata il fatto che non mi ha persa di vista per un secondo, come se quelle ragazze mezze nude non esistessero. Questo mi ha fatto sentire strana ma allo stesso tempo mi è piaciuto da morire. Non so il motivo per il quale si sta comportando così, ma stavolta posso anche mettere a bada la mia curiosità. Torno al tavolo con l'ennesima bottiglia di champagne fra le mani. Quest'uomo deve essere davvero molto ricco per permettersi tutto questo.
"Ecco a voi", la poggio sul tavolo e sto per andarmene.
"Tesoro", mi acciglio. "Perché non ti siedi un po' con noi?". Domanda quello che credo sia un amico del futuro sposo o comunque del suo quarto matrimonio. Non ne capisco molto di queste cose ma contenti loro, contenti tutti.
"Io...sto lavorando", faccio per girarmi e tornarmene al balcone quando sento una mano afferrare la mia.
"Sono sicuro che non sia un problema se ti intrattieni con noi".
"Invece io sono sicuro di sì", trasalisco al suono della sua voce sempre inattesa, ma in questo caso assolutamente desiderata. In mezzo secondo mi ritrovo dietro il corpo di Alex che con una finta calma apre la bottiglia di champagne e inizia a versarla nei loro bicchieri. "Vai nel mio ufficio", dice guardandomi con la coda dell'occhio ma con una serietà che al contrario di quello che pensavo, mi porta ad annuire e a farlo. "Ti raggiungo fra poco", aggiunge riportando lo sguardo sui suoi clienti perché anche se questo non è il suo locale e lui si occupa solo di piccole mansioni, riesce ad essere un attimo padrone di casa, e in qualche modo lo è.
Raggiungo il suo ufficio e chiudo la porta alle mie spalle. Tutto sommato la serata è andata abbastanza bene. È ovvio che ora quegli uomini siano ubriachi ma questo non giustifica il loro comportamento. Sembrava quasi che non avessero mai visto una donna in vita loro e sono sicura che non sia così. Rilascio un lungo respiro prima di avanzare in questa grande stanza. Il computer è spento mentre l'insegna luminosa e la donnina di profilo illuminano tutto il resto. Vado a sedermi dietro la scrivania girando sulla sedia come una bambina. Forse Alex si incazzerà, ma non sto facendo nulla di male. Non ancora. Un ricordo ben preciso balena nella mia mente e prima che possa avere il tempo di pentirmene, apro il primo cassetto dove lui aveva messo quella foto che io non ero riuscita a riconoscere. Ma ora è diverso. Ora ho tutto il tempo per vedere come stanno davvero le cose e il cuore prende a battere come un tamburo impazzito, quando riconosco quelle scarpette che forse mia madre ancora conserva da qualche parte. Presso le labbra fra loro che hanno iniziato a tremare. Ricordo ancora quel giorno e ricordo altrettanto bene il momento in cui è stata scattata questa foto. Io e lui. Il suo braccio che circonda le mie spalle e la finestrella fra i miei denti ancora di latte.
Sbuffo una risata che prevede uno di quei pianti madornali quando riconosco quei due bracciali, uno dei quali porto ora al polso. Vorrei andare di là, abbraccialo e dirgli che non me ne frega nulla dei mille segreti che ha. Mi basta vederlo, stare con lui anche solo un giorno a settimana con la consapevolezza che per quel giorno lui è solo mio e sto per farlo se anche qualcos altro non avesse attirato la mia attenzione.
Afferro quel foglio spiegazzato cercando di mettere a fuoco quello che c'è scritto.
Assumermene una dose al giorno da 10 ml per tre mesi, poi aumentare gradualmente.
Sbatto le ciglia cercando di decifrare il nome di qualunque cosa si tratti ma prima che possa farlo, la porta si spalanca, quel foglio scivola dalle mie mani così come la foto di noi due.
"Che cazzo stai facendo?".
Vorrei che la terra mi inghiottisse, non tanto per essere stata colta con le mani nel sacco, ma per il suo sguardo che non mi ha mai fatto paura come in questo momento.
"Io...".
"Cosa?". Si avvicina non distogliendo mai lo sguardo dal mio. "Cosa vuoi inventarti ora?". Urla.
"Stavo solo....".
"Ficcando la tua fottuta curiosità fra le mie cose", si abbassa recuperando quello che a me è caduto e quando nota quella foto, vedo i suoi occhi sgranarsi per poi tornare freddi e incazzati come un attimo prima. "Roba inutile", mormora ma so che è sua intenzione farmelo sentire. Il mio cuore, più o meno fa lo stesso rumore della carta stracciata sotto i miei occhi. Una foto ridotta in mille pezzi come me, solo che lei ha la scrivania a reggerla. Io nessuno. "Puoi anche andartene, il tuo turno è finito", getta delle banconote sempre su quella maledetta scrivania. Non ho il coraggio di aprire bocca, sto per piangere e forse lo sto già facendo. Con quel pò di forza che mi resta lo sorpasso uscendo da quella stanza. Corro nello stanzino dove ho lasciato le mie cose.
"Allora Sophia...che succede?". Domanda Dave mentre continuo a correre fuori da questo posto che mi fa bene ma anche troppo male.
Ho la vista offuscata dalle lacrime che rigano il mio volto. Ho sbagliato, non dovevo guardare nel suo cassetto ma lui, non avrebbe mai dovuto fare qual gesto. Lui tiene a me, lui non mi ha dimenticata e penso che dietro ci sia qualcosa di molto più grosso. Non è presunzione questa. È solo l'ultima speranza, l'ultima cosa a cui mi appiglio pur di non cadere del tutto.
"Hai una gran bella faccia tosta, complimenti", mi giro di scatto. Mi ha seguita, ma dal suo tono di voce so già che non andrà a finire come nei film. "Gran bella uscita di scena".
"Vaffanculo Alexander", sputo. Ora la rabbia ha preso il sopravvento.
"Non voglio avere debiti, quindi prendili".
"Vai a fanculo due volte tu e i tuoi soldi". Urlo sperando che capisca quanto disprezzi lui e i suoi gesti in questo momento.
"Dovrei essere io quello incazzato", serra la mascella. "Quindi datti una regolata".
"Puoi essere incazzato quanto vuoi, ma io quei soldi non li voglio. Ciao", mi volto ma la sua mano è pronta ad afferrarmi e rigirarmi come se fossi una piccola e fragile bambola di porcellana.
"Ti stavi facendo i cazzi miei", sbotta.
"Hai strappato la nostra foto", ribatto forse nel modo più sbagliato che potessi fare. Metto ancor più a nudo le mie debolezze, mi rendo ancora più ridicola.
"E quindi?". Assottiglia lo sguardo. "Pensi che me ne freghi qualcosa?".
"Si", il mio sguardo è di pura sfida. È come se non avessi più nulla da perdere quando in realtà, perdendo lui, perderei tutto. "Onestamente penso che te ne freghi eccome. Nascondi qualcosa Alex, qualcosa che ci ha fatto allontanare, e a differenza tua, io non ho problemi ad ammettere che farei di tutto pur di capire cosa si è messo fra noi. Anche ficcare il naso nelle tue cose, spiare nel tuo cassetto e se mi riesce, anche in casa tua, ok?". Urlo con tutta l'aria che ho in corpo.
Sembra che abbia il fiatone, che abbia corso mille metri, ma forse semplicemente non si aspettava tutto questo e nemmeno io.
"Non pensi di essere un po' presuntuosa". So qual'è il suo piano: vuole umiliarmi, vuole confondermi ma non glielo permetterò. Non cambierò idea.
"Può darsi, ma almeno io non ho bisogno di nascondermi dietro a nulla. Tu si".
"Non sai nulla", ringhia. "Quindi sta zitta".
"Come vuoi. È più facile arrendersi Alex".
"Arrendersi per cosa?". La sua mano mi tiene ancora a se nonostante ci stiamo urlando contro nel peggiore dei modi.
"Io lotto per te, per noi. Anche se un giorno dovessi avere la certezza che a te di me non te ne frega niente, non rimpiangerò mai nulla. Ci ho provato fino alla fine, ho creduto fino all'ultimo giorno che quello che un tempo eravamo potesse esistere ancora e sono ancora qui, anche dopo che hai strappato quella foto sotto ai miei occhi". Mi scappa un singhiozzo. Odio il modo in cui solo lui riesce a rendermi così vulnerabile. Il suo sguardo vacilla, ma non la presa su di me che diventa quasi più forte ma senza far male.
Passano dei secondi in cui non dice nulla. Mi guarda poi distoglie lo sguardo, poi mi guarda ancora. Nella sua testa si sta svolgendo una battaglia di cui non ho idea. Le mie lacrime si mischiano ad una leggera pioggia che inizia a cadere su di noi e aspetto, come ho sempre fatto. Anche se so che a volte bisogna andar via, ma continuo a non riuscirci.
"V-vieni dentro", balbetta con un fil di voce. "La festa è finita e....".
"No, meglio di no". Tolgo il braccio dalla sua mano. Non era questa la risposta in cui speravo.
"Piove, fra non molto ti accompagno a casa".
Sembra a disagio, o forse sconvolto. Ma perché dovrebbe esserlo? Non è la prima volta che gli dico quanto io tenga a lui, non so perché abbia avuto questa reazione.
"Non serve, io...".
"Si fa così Sophia, è inutile discutere". Poi torna stronzo. È stato solo un miraggio.
"A si? Ma chi ti credi di essere?". Sbotto guardandolo male.
"Ti stai bagnando", ammicca e io avvampo. Oltre che stronzo anche pervertito. "Ti muovi?". Si avvicina ancora. Il suo viso a pochi centimetri dal mio, quel sorriso spavaldo stampato in faccia come se quello che è successo solo pochi minuti prima non fosse mai successo davvero.
"Vado a casa", non reggo il suo sguardo e lui non accetta la mia risposta. "Alex", urlo nella posizione di sempre. Testa all'ingiù, piedi all'insù e culo per aria. "Che cazzo fai?". Continuo ad urlare mentre vedo, al contrario, Dave uscire dal locale, scoppiare a ridere e salutare Alexander come nulla fosse. "Mettimi giù".
"Ma quanto rompi?". Ho bisogno di qualche secondo per stabilizzarmi. Mi gira la testa e per ora non posso che guardarlo male.
"Sei un troglodita", gli punto un dito contro.
"Pure?". Si indica fingendosi offeso. "Ti ho risparmiato una corsa sotto la pioggia, dovresti essermi grata".
"Si, certo", alzo gli occhi al cielo passandomi nervosamente le mani sul leggings. "Sono andati via tutti?". Mi guardo intorno.
"Te l'ho detto", dice seguendo il mio sguardo. Il palco è vuoto ma ci sono ancora residui di bottiglie di champagne e qualche strano foulard di piume rosa e rosse.
"Si sono divertiti", osservo facendo una smorfia.
"E hanno pagato", continua lui.
"Alex?".
"Mh?". Mi scruta attentamente.
"Tu conosci il capo di questo posto?". Non ricordo se gli ho già posto questa domanda ma sono davvero curiosa. Noto che si irrigidisce e non mi guarda più.
"No, e te l'ho già detto".
"Ah, ok. Non lo ricordavo", scrollo le spalle. "Chissà chi è?".
"Non è importante". Sospira avanzando verso il palco e si mette a raccogliere le bottiglie vuote.
"Ero solo curiosa", lo raggiungo iniziando ad aiutarlo.
"Lo so", mi fulmina con lo sguardo, prima di afferrare una busta nera e iniziare a gettare dentro tutte le cose. So che dovrei essere arrabbiata con lui per le sue non risposte, ma ancora una volta non è la mia testa a scegliere. "Comunque lascia stare, faccio io", dice sfilandomi una bottiglia dalle mani.
"Non è un problema, posso aiutarti".
"Perfetto", sbuffa quando un tuono mi fa sobbalzare.
"Che problema c'è?". Lo guardo.
"Sono in moto", si passa le mani fra i capelli sbadigliando. Ha l'aria esausta.
"Ah, perfetto", ridacchio quando un fulmine ci scatta una foto. "Aspettiamo che spiova".
"Andiamo in ufficio", dice lasciando la busta a terra. Sbatto le palpebre e mi do dell'idiota per essere arrossita così facilmente per una sola frase. Mi ha semplicemente detto di andare in ufficio, mica altro.
Prendo un lungo respiro cercando di darmi un contegno mentale e lo seguo. Il mio sguardo inevitabilmente cade su quella foto ridotta in mille pezzi e sento il suo sguardo addosso mentre continuo a fissarla.
"È solo una foto", dice.
"Era la nostra foto", sussurro alzando lo sguardo, trovando subito il suo.
"Lo so", soltanto questo. Come se appunto non fosse un problema. Non ribatto, non ho più voglia di piangere anche se sento di averne ancora il bisogno. Vado a sedermi sul divano passandogli al fianco, senza degnarlo di uno sguardo.
"Se non smette di piovere, restiamo qui", spezza il silenzio. Di scatto alzo la testa nella sua direzione.
"E dove dormiamo?".
"Lì", mi indica. "Ti assicuro che è comodo". Ghigna.
"Se lo dici tu", sussurro abbassando il capo. Sento i suoi passi risuonare per la stanza e vedo le sue scarpe muoversi nella mia direzione. Poi si abbassa sulle ginocchia e mi ritrovo il suo viso all'altezza del mio.
"Che vuoi, Sophia?". Assottiglia lo sguardo.
"Nulla", distolgo lo sguardo.
"Riformulo la domanda", sospira. "Cos'hai, Sophia?".
"Nulla". Ancora.
"Non mentire". Dice poi poggia i gomiti sulle mie ginocchia e non riesco a non guardarlo. I suoi occhi sono due pozzi nei quali annegherei, ed è passato troppo tempo dall'ultima volta in cui me li sono ritrovata così vicini, così....sinceri e interessati.
"Cosa vuoi che dica, Alex?". Stringo i denti. "Eh?". E con essi anche i miei pugni.
"Quello che vuoi dire davvero". Il tono serio.
"Te l'ho già detto". Sbotto. "Cosa vuoi ancora?". Non risponde e non si muove di un millimetro. "P-perché l'hai strappata?". Ingoio il groppo che ho in gola.
"Ormai è fatta", ora è lui che distoglie lo sguardo.
"E perché la tenevi?". Sospira.
"Non sapevo neppure...".
"Non mentire", poggio l'indice sulle sue labbra. Chiude gli occhi per un attimo. Ancora una volta sembra combattuto da qualcosa più grande di questo posto.
"Ero incazzato. Sono incazzato". Stringe gli occhi. "È successo, tutto qui".
"Potremmo rifarla".
"Che cosa?". Aggrotta la fronte.
"Quella foto. Ricordo il posto dov'eravamo". Sorrido.
"Non credo sia....".
"Domani, possiamo andarci domani".
"Domani ho da fare". Pressa le labbra fra loro, io incasso l'ennesimo rifiuto.
"Va bene", sussurro. "Non fa nulla". Faccio per alzarmi e lui si sposta. Credo che la delusione sia evidente sul mio volto. Sento che mi osserva mentre guardo ovunque tranne che nella sua direzione. "Quando possiamo....".
"Dopo domani sono libero". Mi blocco.
"C-cosa?". Mi giro piano come se avessi paura di essermi solo immaginata tutto: questa serata, lui, i nostri mille litigi e la sua ultima frase.
"Possiamo andarci dopo domani", si morde il labbro puntando poi nuovamente il suo sguardo su di me. È a disagio, ancora.
"Davvero?". Il mio sorriso va da un orecchio all'altro. Il suo sguardo si addolcisce per una frazione di secondo e spero di non essermelo solo immaginata. I suoi occhi hanno brillato, seppur per poco ed è bellissimo. Lo è sempre.
"Si può fare", sospira poggiandosi alla scrivania.
"Ok", sorrido ancora e lui ricambia. Un piccolo, impercettibile sorriso che non vedevo sul suo viso da troppo tempo ormai. Sono piccole cose, piccoli dettagli che forse non risolveranno tutto ma io ci credo e continuerò a farlo. Sempre.Angolo autrice.
Dopo la passione un po' di dolcezza. Che ne pensate di questa nuova sfumatura di Alex? 😂 commentate e votate in tantissime. Adoro leggere tutto quello che vi passa per la testa...un bacio, a sabato XX.
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La cura [H.S.]
Fanfic"Mi stai curando". "Forse è il contrario". Così vicini eppure così lontani. Da oltre dieci anni, Sophia e Alexander condividono lo stesso condominio e l'odio che i loro rispettivi genitori covano l'uno nei confronti dell'altro. Un segreto, un errore...