Capitolo 13

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Il senso di colpa mi opprime. Chiudo gli occhi pregando che il mio cuore smetta di fare i capricci e che, sopratutto, lui si allontani abbastanza per riprendere possesso delle mie azioni.
Afferro le chiavi di casa, che per mia grande fortuna mi erano cadute da Gin, dalla tasca della mia giacca.
È incredibile come nell'ultimo periodo recuperi qualcosa per poi perdere o dimenticare altro.
Il mio telefono e la mia borsa al Sophia ne sono l'esempio.
Non so quando riavrò le mie cose, quello che è certo, è che l'atteggiamento così ambiguo e contrastante di Alex mi dà alla testa.
Dopo la nostra ultima conversazione, nella quale mi ha fatto chiaramente capire di non voler avere più niente a che fare con me, ero sicura che non avrei risentito la sua voce per molto molto tempo.
Ma non è stato così.
Apro la porta di casa, tutto tace. I miei stranamente sono già a letto e forse è meglio così, non ho voglia di affrontare altri problemi.
Corro nella mia stanza chiudendomi subito la porta alle  spalle, come se fossi inseguita da una sorta di mostro che non è altro che la mia coscienza che mi urla tutti gli sbagli che sto commettendo.
Sto sbagliando con Ben, con Alex ma sopratutto con me stessa.
Dopo tutto questo tempo, dopo tutte le cose che ha fatto, non dovrei permettergli di abbindolarmi in quel modo. Così facilmente poi. Credo...che la situazione mi stia sfuggendo di mano, che quello che pensavo fosse un profondo affetto nei suoi confronti, si stia trasformando in altro, ed il fatto che ci troviamo entrambi nel pieno di una fase ormonale non gioca a favore di nessuno.
Con questo non voglio dire che lui sia attratto da me come forse io lo sono da lui.
Sono ben lontana dallo stereotipo di ragazza che gli ho visto adocchiare molto da vicino.
Tolgo i vestiti ridicoli che ho deciso di indossare questa sera, promettendomi di dargli fuoco il prima possibile. Le cose con Ben vanno sempre peggio, e il brutto è che lui neppure se ne accorge. È troppo gentile, premuroso e dolce. Vede del buono in tutto, anche quando questo non c'è.
Domani ho un test di matematica, ma l'unica cosa a cui riesco a pensare prima di dormire per un paio d'ore tranquilla, sono i suoi occhi che non sono mai stati così vicini ai miei come stanotte.

"Parker....". Alzo lo sguardo dal foglio, quando sento qualcuno toccarmi la spalla.
"Che vuoi Miller?". Guardo la tipa occhialuta che non mi ha mai rivolto la parola negli ultimi due anni. Anche lei mi reputa strana, ma solo perché non passo la mia intera esistenza a studiare come fà lei.
"Ho sentito Dave", si guarda intorno prima di tornare a me. "Parlare in giro di te".
"Sai che novità", sbuffo lanciando un'occhiata di sbieco al diretto interessato troppo occupato a copiare il test di matematica per il quale ho studiato meno di zero.
"Stavolta è diverso", bisbiglia spingendomi di nuovo da una spalla.
"Cioè?". La guardo appena fingendomi interessata. Dave ne ha dette davvero di tutti i colori sul mio conto, credo che ormai nulla mi stupirebbe.
"Che hai una cotta per Clark e che lui ha rifiutato le tue avance sabato scorso".
"Che cosa?". Urlo, facendo voltare nella mia direzione l'intera classe, professore compreso.
"Io non ti ho detto nulla", si cuce la bocca.
Faccio un segno di scuse al professore prima di riportare la mia attenzione all'ambasciatrice che in questo caso porterà pena.
"Devi essere più precisa".
"Magari dopo, ora sto...".
"Magari ora", le strappo la penna delle mani. "Che diavolo ha detto quel coglione?".
Come se si sentisse chiamato in causa, Dave alza lo sguardo sorridendomi in modo abbastanza inquietante fra l'altro.
"Ecco che tu.....hai chiesto ad Alex di fare sesso con te sabato ma lui ha rifiutato perché tu....hai....insomma...".
"Cosa?". Stringo i denti.
"Qualche problema lì sotto".
La mia sedia striscia e prima che possa rendermene conto il mio pugno ha già colpito la faccia di cazzo di Dave.
"Parker", urla qualcuno ma non sarà l'unico a dire il mio cognome quel giorno.

"Parker....mi spieghi cosa è successo?".
"È solo una povera pazza", urla Dave con un panno umido sul naso sporco del suo sangue.
"E tu un grandissimo pezzo di merda bugiardo", sbotto.
"Ragazzi", il preside si passa le mani fra i capelli. "Calmatevi e tu Dave....tieni la bocca chiusa".
"Dovete sospenderla". Borbotta, guardandomi male.
Se pensa di farmi paura si sbaglia di grosso. Ora come ora, ho solo voglia di fargli male. Tanto male.
"Questo lo decido io", replica il preside. "Per ora sei in punizione, dopo l'ultima lezione...sai già dove andare".
Non è la prima volta che ho una punizione, non perché avessi mai reagito in questo modo contro Dave o Alex. Erano loro a mettermi nei guai.
"Bene", sbotto alzandomi per poi chiudere la porta della presidenza alle mie spalle con un tonfo.
Dave non verrà mia punito. Ovviamente so di essere io quella che ha tirato un pugno a lui e non il contrario, ma qui dentro sembra che nessuno voglia mai capire il perché di certe azioni e no, non andrò da quella succhia soldi di una psicologa.

La cura [H.S.]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora