Capitolo 9

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"Cazzo".

"Merda".

"Ma che...".

"Ti sei fatta male?".

"Mi hai dato un pugno, che dici?". Lo guardo male.

"Stavo bussando", replica serrando la mascella.

"Esistono i campanelli", alzo gli occhi al cielo, mentre porto una mano sulla guancia. Non mi ha fatto davvero male, stava bussando, quindi presuppongo non ci abbia messo molta forza.

"Non funziona", getta la mia borsa a terra.

"Cosa?". Spalanco gli occhi, accendendo la luce in salone che non va. "Ma come è possibile?". Esco fuori dalla porta, suonando il campanello, ma nulla. Non funziona.

"Come avevo detto io", scrolla le spalle con sufficienza, facendomi innervosire ancora di più. "Avete pagato le bollette?". Inarca un sopracciglio.

"C-certo", balbetto. "Potrebbe essere un black out".

"Solo da te, allora", la sua faccia da schiaffi è odiosa in questo momento.

"Già, probabile", sbotto afferrando la borsa davanti i suoi piedi. Sempre gentile.

Sto per chiudergli la porta in faccia, quando un suo piede me lo impedisce.

"Sola?".

"Ti importa?". Stringo i denti.

"Secondo te?". Nei suoi occhi vedo passare una strana luce, sembra divertito. Sembra quasi che mi stia prendendo in giro, ma è impossibile. Alex non arriverebbe a tanto, non con me.

"Grazie per la borsa", mi sento triste e lui non può capire questo repentino cambio del mio umore. Non ha idea di quanto il suo abbandono abbia influito sulla mia vita e sulla mia persona. Non ne ha idea.

Fà un passo indietro, come se fosse stato colpito. Non ho ancora chiuso la porta, ma lui se ne sta già andando e mi chiedo dove.

"Metti del ghiaccio", sussurra mentre scende le scale.

"Attenta a non farli cadere".
"S-si, scusa", balbetto, rilasciando un lungo respiro prima di mettere in lavastoviglie altri piatti.
"Il resto a mano". Adele è una brava donna e cerca in ogni modo di non mandarmi a fanculo per i tre piatti che ho rotto nel giro di un'ora.
"Va bene", metto i guanti, avvicinandomi al lavandino, vicino al quale passerò il resto della serata ma va bene così. Oramai a casa posso solo starci per dormire, ci hanno staccato la luce, ma mio padre ha deciso di mettermi al corrente di questa piccola cosa solo quando gli ho fatto presente il problema. Domani dovrebbero rientrare e lo spero davvero. In casa si gela, sono tre giorni che non asciugo i capelli e mi lavo con l'acqua fredda.
Mi lascia sola, tornando in sala. Non è un locale molto grande, eppure ci viene parecchia gente. Domani è anche quel giorno, ossia quello in cui forse verrò assunta. Mi manca Sara e forse questo è il momento meno adatto in cui pensarci, e poi è strano. Non la conosco e l'ho frequentata per pochissimo. Di solito non succede.

"Preoccupata per domani?".

"Oh", sospiro guadando Adele con un'altra pila di piatti da lavare. "Spero andrà bene", ammetto. A sua detta, il capo è un uomo tranquillo e sono d'accordo. E' stato molto gentile con me fin da subito.

"Non ci sono dubbi che verrai assunta, sei brava".

"Anche se ho rotto...qualcosa?". Ridacchio.

"Capita a tutte", scrolla le spalle e a me sembra di risentire Sara.

Sara, le avevo promesso che sarei andata a trovarla, eppure quel locale non mi sembra più il posto giusto. Forse non lo è mai stato davvero.

Annuisco pensierosa ma non per quello che forse  accadrà domani, non più.

La cura [H.S.]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora