Capitolo 56

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Alex's pov
La prima cosa che faccio non appena se ne va, è tirare un pugno al muro al mio fianco.
"Cazzo", impreco facendo scoccare le nocche.
Mi fa impazzire, questa situazione mi fa impazzire e il mio carattere di merda, mi fa impazzire ancora di più. Ogni volta è sempre più difficile, ogni volta sono sul punto di prenderla e dirle tutto, ma non posso. È ancora tutto troppo complicato e dirle che la amo da morire da sempre, complicherebbe le cose ancora di più. Non so come andrà a finire questa storia, non so se suo padre mi brucerà vivo o se finalmente si arrenderà all'idea che io non rappresento un pericolo per sua figlia, non più. Quello di cui sono certo, è che non permetterò a nessuno di farle del male.
Questa storia di Diego non mi ha mai convinto del tutto e purtroppo, era inevitabile che prima o poi sarebbe tornato a ricambiare il favore. Tuttavia, non me ne frega un cazzo, dovrà prima ammazzare me per poterla toccare.
Ho voglia di spaccare tutto, ho voglia di urlare e distruggere questa casa che ho comprato solo per lei. Tutto per lei, e mi fa rabbia sentirle dire queste cose. Lo capisco, lo capisco perché non le ho mai dato modo di capire un cazzo di me e di quello che provo per lei. L'ho sempre trattata male, allontanata e ignorata in ogni modo possibile. Eppure, c'è una parte di me, folle e per nulla sana, che pretende che lei capisca senza che io apra bocca. Conosco il suo carattere forte e ribelle e il fatto che mi ecciti quando mi manda a fanculo, è un chiaro segno del mio forte squilibrio mentale. Mi ha fatto male vederla piangere ieri notte, ero tentato di smettere e non dirle più nulla, ma voglio che lei sappia. Voglio che lei capisca che in un'altra vita, più semplice e senza tutti questi inganni, non l'avrei mai lasciata sola per nulla al mondo. Questa casa mi ha aiutato, l'ho sentita nostra dalla prima volta che l'ho vista e quando ho visto anche lei qui dentro, ho pensando che tutto il resto del mondo potesse anche scomparire. Ma non è così, non può essere così. Apparteniamo a quel mondo, e io, senza quel mondo, sarei morto da tempo.
Sento l'acqua della doccia scorrere nel bagno, sapere che è nuda a pochi passi da me non fa altro che peggiorare la situazione. Non pensavo di avere tutto questo autocontrollo e non so, fin quando riuscirò a gestirlo onestamente.
Apro il frigo prendendo una birra. Non è il massimo dopo un caffè ma devo fare qualcosa per non pensare ma sopratutto per tenere le mani impegnate. Conoscendola mi ignorerà per tutto il giorno, o peggio ancora resterà in quella stanza per tutto il tempo. Vorrei salire e baciarla fino a farle dimenticare il suo nome, ma poi, come glielo spiego?
Come glielo spiego che non desidero altro che lei? Come glielo spiego che rinuncerei ad ogni cosa pur di farla mia? Come glielo spiego che la amo più di quanto qualunque uomo ami la propria donna?
"C'è un supermercato qui vicino?". Sobbalzo e per poco non sputo la birra.
"Che ti serve?". Cerco di ricompormi e mascherare tutto quello a cui stavo pensando. Ha rimesso il vestito di ieri, lo stesso che quel Ben ha sfiorato per salutarla. Vorrei ammazzarlo, giuro.
"Uno spazzolino e qualcosa da mettere". Dice ma non mi guarda. È incazzata. Sospiro passandomi una mano fra i capelli.
"Ti accompagno".
"No grazie, dimmi solo dove devo andare". Sbuffa. Mi mordo le labbra per evitare di essere scortese ancora. Forse lei non lo sa, ma io odio litigare e risponderle in quel modo. L'unica cosa che vorrei fare con lei è l'amore, ma al momento mi sembra altamente impossibile se non voglio beccarmi un calcio nelle palle.
"È lontano, non puoi andarci a piedi". Dico recuperando le chiavi della moto.
"Non voglio disturbarti", replica piccata ed è peggio, cazzo. Molto peggio quando fa così.
"Tranquilla, servono delle cose anche a me", ammicco, e no, non riesco a non punzecchiarla.
"Mh, come vuoi", scrolla le spalle ed esce di casa. Sospiro, consapevole che la prima cosa che farò non appena torneremo a casa, sarà una bella doccia fredda.

Spengo il motore e lei subito scende camminando velocemente verso l'ingresso del centro commerciale.
"Puoi aspettarmi", afferro il suo polso. "Non so se hai visto, ma questo non è un minuscolo supermercato". Sbotto.
"E quindi?". Si libera dalla mia presa.
"E quindi se ti perdo è un casino. Non hai neppure un cellulare".
"Ricordami perché non ho un cellulare?". Incrocia le braccia al petto guardandomi male.
"Perché fai sempre di testa tua", faccio una smorfia.
"Fottiti", borbotta per poi riprendere a camminare per conto suo.
Mi impongo di contare fino a mille e la seguo, stando attento a non prendere a pugni nessuno per raggiungerla.
"Lì vendono dei vestiti per te". Mi guarda, male ovviamente, ma stranamente accetta il mio consiglio.
"Possiamo anche vederci fra un'ora all'ingresso". Dice mentre inizia a rovistare fra i vari stand.
"No, resto qua". Non ho alcuna intenzione di lasciarla da sola in nessuno posto, neppure qui dove so che nessuno verrebbe a cercarci.
"Non dovevi comprare anche tu delle cose?". Si acciglia.
"Dopo", e spero non chieda altro.
"Come vuoi", borbotta continuando la sua ricerca.
"Cosa ti serve precisamente?".
"Quanto tempo resteremo qui?". Si ferma di botto e per poco non le finisco addosso.
"Sicuramente una settimana, se sarà necessario anche di più". Sono serio, possiamo restare anche anni lì dentro se tornare si rivelasse troppo pericoloso.
"Mh", si porta una mano sotto al mento con fare pensieroso. "Allora...", si guarda intorno e giurerei di averla vista arrossire. "Puoi aspettare fuori?".
"No", molto semplice.
"Invece si", sbotta. "Ho bisogno della mia privacy".
"Per comprare dei vestiti?". Ridacchio. "Tranquilla, dirò che ti stanno bene anche quando non sarà vero".
"Stronzo", mi spinge e mi sorpassa.
"Scherzavo, quanto sei permalosa cerbiatta".
"Ti è tornato il buon umore?". Afferra una maglia e per poco non la strappa.
"A differenza tua", poggio un braccio sul manichino che sta fissando senza essere davvero interessata.
"Ho i miei motivi", prende un'altra maglia senza neppure controllare la taglia e solo quando la vedo avvicinarsi alla sezione intimo capisco.
"Possa aiutarti nella scelta, il nero ti dona sicuramente".
"Alex", le sue guance diventano subito rosse. Pagherei ora per farle urlare il mio nome in un contesto nettamente diverso.
"Volevo solo essere gentile", scrollo le spalle e seppur piccolo, noto un sorriso nascere sul suo volto.
"Oh grazie", il suo sorriso aumenta. "Ma non ti riesce", aggiunge dandomi il colpo di grazie.
Sophia 1000- Alex 0.

La cura [H.S.]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora