Sophia's pov
È tutto così confuso. I ricordi, i pensieri, praticamente tutto.
Ho un forte mal di testa ma mi sento indubbiamente meglio rispetto a ieri. Sbadiglio sonoramente prima di guardarmi intorno e ricordare quello che è accaduto non molte ore prima. Mio padre, Alex, Dave...Micol, e quel bacio. Quel bacio che ancora ora mi fa tremare le gambe. Mi ha baciata, l'ha fatto non appena mi ha vista. Mi ritrovo a sorridere come un ebete e per poco non mi metto ad urlare quando abbassando lo sguardo, noto un cespuglio di capelli ricci oltre il letto sul quale ho dormito.
Alex non ha avuto egual fortuna e mi chiedo in che condizione sia ora la sua schiena, dopo aver passato l'intera notte steso a terra. Dorme ancora e mi beo di quei momenti per guardarlo, per ammirare ogni dettaglio del suo viso che sembra essere stranamente rilassato. Non so come stanno le cose fra noi ora, quel bacio mi ha senza ombra di dubbio confusa, e non nego di volere delle spiegazioni il prima possibile. Tuttavia, non so mai quale sia il momento giusto, sopratutto dopo quello che è successo e che succederà. Non è il periodo più semplice per noi questo, eppure sono dell'idea che divisi siamo solo più deboli. Sobbalzo quando inizia a muoversi per poi stiracchiarsi. Distolgo lo sguardo fingendo di essermi appena svegliata quando mi guarda, e non dice nulla. Non so che fare, ma quando una sua mano si posa sul mio ginocchio, non riesco a fingere un'indifferenza che per lui non ho mai provato.
"Hey", abbozzo un sorriso, lui mi sta già guardando con insistenza.
"Come ti senti?". Sospira lasciando scorrere quelle dita dal basso verso l'alto e i ricordi di quella notte, la più bella della mia vita, mi cadono addosso e non credo di essere l'unica vittima di questi.
"Meglio, solo un po' di mal di testa", replico mordicchiandomi nervosamente il labbro inferiore. Sono sicura di essere abbastanza spaventosa in questo momento.
"Cercherò qualcosa per fartelo passare", dice. Il tono risoluto, come se dovesse risolvere una questione di vitale importanza. Mi piace il modo in cui si prende cura di me, mi è mancato. Troppo.
"Tu...come stai?". Mi passo una mano fra i capelli sperando di non aver fatto peggio. Di solito nei film funziona, peccato che nel mio caso possa parlare solo di una tragedia teatrale.
"Io?". Si acciglia e mi viene da ridere per la sua faccia buffa.
"Si, tu", ridacchio e potrei giurare di vedere la sua espressione addolcirsi.
"Oh...io...ascolta Sophia", sembra pensieroso ed ovviamene non ha risposto alla mia domanda. "Devi raccontarmi giorno per giorno quello che è successo".
"Già, giusta domanda ragazzo". Entrambi ci voltiamo di scatto verso la porta, sotto la quale Micol ci guarda e cavolo, non mi ero neppure accorta che fosse entrato. "Ma prima, vorrei visitarla".
"No", sbotta Alex alzandosi di scatto. Non capisco la sua reazione, e capisco ancor meno i suoi pugni chiusi lungo i fianchi come se fosse pronto ad usarli da un momento all'altro.
"Alex", Micol lo guarda male. Sono entrambi strani ma in qualche modo credo di potermi fidare di questa sorta di medico improvvisato. C'è qualcosa che non va in me, lo sento e non posso negare di avere paura.
"Credo sia il caso che...insomma, ho anche mal di testa", mi metto a sedere sotto il suo sguardo attento.
"Sarei potuto andare anch'io a comprarti un'aspirina", ringhia come un leone in gabbia. Credo si sia offeso e ovviamente immagino come procederà la giornata fra noi. Alcune cose non cambiano, purtroppo no.
"Probabilmente non è quello che le serve", replica Micol. La mascella di Alex si tende producendo un rumore agghiacciante. Non lo capisco, non capisco tutto questo, e non capisco ancora bene come sia possibile che loro sapessero di New York. Sembra di essere tornati all'inizio, a quando ero completamente all'oscuro di tutto. Sbuffo ricacciando indietro lacrime di rabbia per cui spaccherei tutto. Odio quando si comporta così, e odio ancor di più il fatto che stia per lasciare questa stanza senza neppure salutarmi.
"Hai cinque minuti, dopodiché entro", punta un dito contro l'amico. Non mi guarda e va via. Spalle tese e cuore sempre troppo duro nei miei confronti.
"Non prendertela", avanza verso di me. Non ho detto nulla, ma credo che i miei occhi parlino fin troppo.
"Figurati", scrollo le spalle. "Ormai è abitudine".
"E non dovrebbe essere così". Scuote il capo. "Alex è molto protettivo con te", accenna un sorriso. Io resto spiazzata da questa sua frase. "Non dirmi che non l'hai notato?". Inarca un sopracciglio. "New York non è proprio dietro l'angolo, eppure lui è qui e ti ha trovata".
"Com'è possibile? Voglio dire, come avete capito che ero qui?".
"Perché a qualcuno è caduto un biglietto di un hotel di New York in casa di Alex".
"Un hotel? Che hotel?". Il mio mal di testa non fa che aumentare e credo che al momento sia davvero difficile abbatterlo.
"Quello dove alloggia Diego".
"Che?". Per poco non mi strozzo con la mia saliva.
"Sappiamo solo questo, Alex impazziva all'idea di non travarti sapendo che lui era qui".
"Oddio", mi porto una mano davanti la bocca. "Mio padre questo non lo sa".
"Presumo di no, credo che Diego vi abbia seguiti e che questa distanza che Tom ha cercato di mettere, non abbia funzionato".
"Sono...io, non c'è la faccio". Sussurro appena. "Quell'uomo vuole giustamente vendicarsi".
"Giustamente?". Mi guarda come se avessi tre teste.
"Mio padre ha ucciso suo figlio".
"Appunto, tuo padre", corruccia lo sguardo. "Tu non hai colpe".
"Non le aveva neppure quel ragazzo". Mormoro.
"Sophia", sospira avvicinandosi di qualche passo. "So che è difficile, ma ora non devi pensare a queste cose ma solo a te stessa".
"Appunto, è difficile. Ho paura Micol, paura che qualcuno si faccia male".
"Parli di Alex?".
"Sopratutto di lui", presso le labbra fra loro. "Lui....io, non capisco cosa...".
"Ha più paura di te, per te". Abbozza un sorriso. "Te l'ho detto, è fastidiosamente morboso quando si tratta di te".
"Credo sia arrabbiato ora". Borbotto. "Perché si comporta così anche con te?".
"Perché non la pensiamo allo stesso modo", mormora, poi distoglie lo sguardo. "Su, vediamo questo cuore come sta oggi".
"Va bene", sospiro. Odio questa situazione, una situazione nella quale non mi ci sarei più voluta ritrovare. Alzo la maglia come un'automa, ormai so bene cosa fare e come farlo e non dovrebbe essere così. Non a sedici anni. "Micol?". Lo richiamo. Ho tanti dubbi anche su di lui e devo almeno provare a togliermene qualcuno.
"Dimmi", alza appena lo sguardo mentre poggia il solito attrezzo dal nome impronunciabile sul mio petto.
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La cura [H.S.]
Fanfikce"Mi stai curando". "Forse è il contrario". Così vicini eppure così lontani. Da oltre dieci anni, Sophia e Alexander condividono lo stesso condominio e l'odio che i loro rispettivi genitori covano l'uno nei confronti dell'altro. Un segreto, un errore...