Sophia's pov
Questa non è esattamente la cosa più facile del mondo. Alex sorride con quel suo fare da bad boy che confonderebbe chiunque e, ahimè, io non sono esanime al suo fascino. Ho davvero voglia di parlare con lui, ho davvero voglia di capire molte cose come quella frase che non dimenticherò mai.
Ti amo da sempre.
Ho i brividi, e il cuore batte all'impazzata.
"Quindi...parla", prendo un lungo respiro cercando di mettere da parte, per un po', il fatto che siamo entrambi nudi e che abbiamo da poco finito di fare l'amore per la terza volta solo oggi.
"Bene", si fa serio e credo che anche lui stia cercando di mettere da parte il piacere. "Molte cose già le sai".
"So quello che riguarda gli altri, di te continuo a sapere poco...oltre il fatto che eri malato di...leucemia". Lui non lo sa, ma ho pianto per questo. Ho pianto all'idea che molti anni fa avrei potuto perderlo per sempre.
"Non sai poco", scuote il capo. "Mi sto sbilanciando tanto con te, e...non pensavo l'avrei mai fatto".
"Cosa ti ha fatto cambiare idea?". Poggio la testa sul suo petto e sembra gradire. È a disagio, forse ha paura di qualcosa. In tutta onestà, anch'io non so cosa aspettarmi da questa conversazione.
"La paura di perderti". La sua presa su di me rafforza, poi afferra il mio viso con una mano ritrovandoci occhi dentro occhi. "Sono innamorato di te, Sophia". Lo sento tremare mentre lo dice, sento che ha paura a dirlo, sento che la felicità è questa.
"Ti amo anch'io", sussurro sulle sue labbra che si increspano in un sorriso bellissimo. "E...e ti giuro che non mi aspettavo che anche tu potessi provare qualcosa per me".
"Qualcosa è riduttivo", sospira fissando le mie labbra. "Da sempre, rende meglio il concetto".
"Da sempre?". Sfioro il suo petto con le dita, nessuno dei due riesce a non toccare l'altro per un sol secondo. Abbiamo sempre bisogno di sapere che ci siamo. Abbiamo rinunciato a questo per troppo tempo.
"Da sempre", conferma portando lo sguardo fuori dalla finestra. Questo posto è bellissimo ma lui di più, decisamente di più.
"Io...io pensavo che....".
"Che ti odiassi, lo so", contrae la mascella. "E invece ti amavo. Ti amavo quando avevi ancora i denti di latte e anche quando hai tolto l'apparecchio". Sono sconvolta da questa sua ammissione, assuefatta all'idea di quello che lui ha sempre provato per me.
"Alex", sussurro il suo nome, non riuscendo a dire altro. Lo guardo completamente rapita dai suoi lineamenti perfetti.
"So che hai tante domande da farmi", si passa una mano fra i capelli. È molto teso, davvero tanto.
"S-si, solo che...in questo momento sono...".
"Spaventata?". Mi guarda con troppa serietà.
"Incredula". Sorrido, voglio che sia tranquillo con me. "E felice", gli bacio il mento, lo sento rilasciare un lungo respiro. "Io...io non mi aspettavo tutto questo. Per anni ho cercato di capire i tuoi atteggiamenti ma....".
"Ero geloso". Poggia la fronte contro la mia. "E incazzato con il resto del mondo perché non potevo averti e non potevo dirti....quello che provavo, e che provo", aggiunge con un fil di voce.
"Mi hai sempre amato?". Credo che glielo chiederò altre mille volte.
"Fin dalla prima volta", accarezza il mio viso non distogliendo mai lo sguardo dal mio. "E mi odiavo ogni volta che ti vedevo piangere a causa mia". Aggiunge.
"Perché non hai mai voluto dirmi niente? Perché non ti sei fidato di me?".
"Non si tratta di fiducia", sbuffa una risata amara. "Potrei dirti che volevo proteggerti, ma non è solo per quello".
"E per cosa?". Aggrotto le sopracciglia sempre più confusa.
"Rabbia, la mia più grande amica".
"Sono io la tua più grande amica". Salgo a cavalcioni su di lui, e mi chiedo da dove provenga tutta questa audacia.
"Stai barando ancora". Lotta per continuare a guardarmi negli occhi.
"Non abbiamo finito di parlare", gli ricordo beccandomi un'occhiataccia.
"Mh, vero". Si gratta la nuca. "Altre domande?".
"Si, ovvio". Spalanco le braccia.
"Non avevo dubbi", ridacchia poggiando le mani sui miei fianchi. "Avanti".
"Ecco...mi chiedevo perché....insomma, perché disprezzi il mio trapianto?".
Mi guarda per qualche secondo, forse qualche minuto e non dice nulla. Poi le sue mani rafforzano la presa su di me come se fossi il suo unico appiglio, e mi piace pensare che sia davvero così.
"È un po' contorno", si mordicchia le labbra. "Ti ricordi quello che facevamo da piccoli quando i miei litigavano?".
"Si, certo. Venivi da me, e poggiavi la testa sul mio...Alex".
"Già". Chiude gli occhi. "Era l'unica cosa in grado di calmarmi, e quando tuo padre mi disse che non ti avrebbe dato la cura perché aveva trovato un donatore, io....".
"Alex", sussurro ancora nascondendo il viso contro il suo collo.
"È egoistico pensarla in questo modo Sophia, ma io...io amavo davvero il tuo cuore".
"Lo so", tiro su col naso. "Me lo dicevi sempre".
"E non scherzavo", mi stringe. "Non era solo un modo di dire. Quella notte, quando tu eri in ospedale, io ero giù, sotto la tua finestra e ho preso a pugni ogni cosa durante le ore dell'operazione". Non riesco a smettere di piangere, per lui, per noi e per tutto il tempo che ci è stato tolto. "È stato come se avessero portato via per sempre una parte di te, quella che più mi faceva stare bene. È da pazzi pensarla così, perché senza quell'intervento, ora non saresti con me, eppure continuavo a pensare che con un cuore nuovo, saremmo stati ancora più diversi di quanto già non lo fossimo".
"Noi non siamo diversi", torno a guardalo. "Noi non lo siamo, gli altri ci hanno messo contro ma noi...".
"Io sono diverso, Sophia", afferra il mio viso a coppa fra le sue mani, e posso leggere tutto il dolore nei suoi occhi anche se non lascia cadere alcuna lacrima. "Io potrei farti del male in qualunque momento".
"Non lo farai, tu prima hai detto che...".
"Lo so, ma non posso esserne sicuro". Abbassa lo sguardo. "Io sono questo, e tu...tu non sei nel pieno delle tue forze. Non mi perdonerei mai se dovessi...".
"Stronzate", sbotto. "Tu non mi farai del male, ed io starò bene".
"H-hai intenzione di accettare quello che Micol...".
"Non lo so", lo interrompo. "Non lo so davvero, ma non vorrei più sottopormi a quel tipo di operazione".
"Non farlo allora", si avvicina sempre di più. "Non farlo, troveremo un'altra soluzione".
"E se fosse qualcosa di più grave? Come faccio a sapere se...se sto rischiando qualcosa?".
"Troveremo un modo, non so quale Sophia. Ma ti giuro che mi prenderò io cura di te".
"Me lo prometti?". Sussurro appena cercando nei suoi occhi la conferma di cui ho bisogno.
"Te lo giuro, e tu promettimi che non prenderai decisioni affettate".
"Te lo giuro". Mi sorride.
"Bene", si lecca le labbra. "Altre domande signorina?".
"Altre mille, ma per stasera direi che ....anzi, avrei un'altra domanda ma...nulla lascia perdere".
Non ho abbastanza coraggio da chiedergli cosa siamo. Beh, mi ha detto che mi ama, ma non ha mai aggiunto altro.
"Sicura?". Mi scruta attentamente, come sempre sembra sapere il fatto suo.
"S-si, sono sicura", balbetto distogliendo lo sguardo. Ci sarà sicuramente un momento più adatto di questo, ed inoltre per certe cose tendo ad essere un po' all'antica. Vorrei che fosse lui, nel caso, a chiedermi di diventare la sua ragazza. Dio, come sono passata dal desiderare la sua amicizia a questo?
"Io...ora ho un po' sonno", scendo dal sua bacino stendendomi al suo fianco.
"Si, anch'io", sento i suoi occhi bruciare su di me. Gli do le spalle, e credo abbia fatto lo stesso, poi qualcosa cambia e credo che dormire stanotte sarà davvero difficile. Il suo petto tocca la mia schiena. Le sue braccia mi circondano e le sue mani si poggiano sul mio ventre facendomi subito sentire a casa.
"Buonanotte Sophia".
"Notte", gracchio con un fil di voce.
"Ah, un'ultima cosa", sussurra nel mio orecchio. "Non sei la mia più grande amica, non più".
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La cura [H.S.]
Fiksi Penggemar"Mi stai curando". "Forse è il contrario". Così vicini eppure così lontani. Da oltre dieci anni, Sophia e Alexander condividono lo stesso condominio e l'odio che i loro rispettivi genitori covano l'uno nei confronti dell'altro. Un segreto, un errore...