"Ma tu non andrai". La sua non sembra una domanda. I suoi occhi non sembrano disinteressati a quello che ho appena detto. Le sue mani che tremano e stringono il vuoto mi fanno capire e sperare altro. Sono un'illusa? Forse si, ma non stupida.
"Ai miei genitori farebbe piacere liberarsi di me", mi mordo il labbro. Credo di aver imparato l'arte della furbizia proprio da Alex. Non è mai stato un bambino tranquillo e nemmeno io. Eravamo una forza insieme. "Pensano che non sia interessata a proseguire gli studi, e che l'America potrebbe essere il mio futuro".
"Cazzate", sbotta. "I piatti puoi lavarli anche a casa mia".
"Lavateli da solo". Lo guardo male quando in realtà vorrei solo ridere. Le lacrime si sono seccate ma non ho avuto mai alcun dubbio che nel peggiore dei momenti, lui potesse essere la mia salvezza. Come una specie di cura.
"Ho già qualcuno che se ne occupa", ghigna, eppure la solita espressione beffarda non colpisce anche i suoi occhi. Penso che sia turbato da qualcosa ma non posso avere la presunzione di affermare che si tratti di me.
"Fortunato", borbotto.
"E quindi?". Incrocia le braccia al petto. La pelle della sua giacca si tende lasciando intravedere i suoi muscoli. È cambiato molto fisicamente, è più forte. Più uomo e mi maledico mentalmente per essermi messa a pensare certe cose in un momento come questo. Alex mi distrae più di quanto mi sia consentito. Mi spedisce in una dimensione dove senza molti giri di parole, non ci capisco più un cazzo. "Che pensi di fare?". Mi guarda al di sotto di quelle lunghe ciglia, la schiena poggiata al muro, l'atteggiamento di uno ha il mondo ai suoi piedi.
"Devo ancora pensarci", resto sul vago. "Ma è più facile scegliere quando non hai altro a cui pensare". Aggiungo. Ci sto andando giù pesante ma ho tutto il sacrosanto diritto di capirci qualcosa. Di provare a smuovere qualcosa in lui.
"Ah giusto, ora sei...com'è che si dice? Single?".
"Dovresti sapere come si dice? Lo sei anche tu, o sbaglio?". Imito la sua postura restando però a qualche passo di distanza. Non so come siamo arrivati a parlare di questo. Non ne ho idea. Sul serio.
"Io non sono single". Dice e per poco la mia mascella non tocca terra. "Non ho mai avuto questo tipo di problema", sbuffa una risata. "Sono semplicemente libero".
"Che è la stessa cosa". Osservo.
"Ti sbagli", si stacca dal muro ed è lui ad accorciare le distanze. "Single è un'etichetta, ora lo sei prima no. Io non sono mai stato di nessuno, sono libero e lo sarò sempre". Soffia a pochi centimetri da me.
"Non fa una piega", sono costretta a distogliere lo sguardo. Le sue parole mi danno i brividi, lui mi da i brividi e spero non se ne accorga.
"Appunto". Quando alzo lo sguardo, il suo è focalizzato su un punto in particolare: le mie labbra. E per la seconda volta mi ritrovo a sperare che lo faccia. Ma davvero.
"Comunque....", prendo un colpo di tosse cercando di elaborare qualcosa di sensato da dire. "Grazie per...".
"Cosa?". Sussurra. Punto i miei occhi nei suoi.
"Per avermi ascoltata", la mia voce è appena udibile. Guardarlo è la cosa che più preferisco fare e penso che ora, anche per lui sia lo stesso. Non è illusione, sono sensazioni. Sensazioni che provo con lui e con nessun altro. Passano secondi, non dice nulla. Semplicemente ci guardiamo e io arrossisco. I suoi occhi sono in grado di spogliarti di tutto e ho paura che lui possa vedere più di quanto io stessa sappia di avere.
"Forse...forse dovremmo...". Qualunque cosa stessi per dire, ora non ha più senso.
Sento solo le sue mani afferrare con forza, con una decisione assurda i miei fianchi e poi quelle labbra, le sue labbra poggiarsi sulle mie velocemente come se temesse che io scapassi. Spalanco gli occhi. Non mi aspettavo nulla di tutto ciò. Non mi aspettavo di sentire quello che invece ora sto provando e che vorrei ripetere all'infinito. I suoi occhi sono chiusi. Ha l'espressione di uno che sta sognando, e proprio quando anch'io riesco a metabolizzare quello che sta accadendo e chiudere i miei si stacca, ma non glielo permetto. Le mie mani afferrano la sua nuca. Non ho alcuna intenzione di poggiare le mie labbra sulle sue. Io voglio divorarle. Voglio assaggiarle. Voglio che siano solo mie. Morde il suo labbro inferiore. Stavolta è lui a spalancare gli occhi ma quando schiudo le mie di labbra, quelle mani stringono più forte, quelle labbra rovinano le mie nel modo più bello del mondo. Mi attira a se azzerando ogni distanza. Le sue mani risalgono sulla mia schiena, intrecciandosi fra i miei capelli che accarezza con una gentilezza e al contempo con una possessività che mi mandano completamente su un altro pianeta, e non esiste nulla se non lui. Le nostre labbra si scontrano, si cercano e si rincorrono. Le sue mani stringono sempre più forte, così come le mie che tormentano sfacciatamente i suoi capelli. Mi sento libera, viva ed è una sensazione che neppure pensavo esistesse. Mi sento completa, felice e...sua. È un azzardo ma mentre continua a baciarmi, a tirare il mio corpo a se, a stringerlo con passione, con voglia, io non penso ad altro che a questo. Dieci anni di attesa, dieci che forse diventeranno venti, non sono nulla se poi posso avere questo. Lui.
"Alex", sussurro senz'aria, e il respiro mi si spezza sul serio quando d'improvviso si stacca. Non mi guarda e si allontana con le mani fra i capelli per poi poggiarle sulla sua moto. La schiena china, il capo basso. Freme di rabbia e io dalla voglia di correre da lui e baciarlo ancora. Ho ancora i brividi per quello che è successo, ma quello che è accaduto solo un attimo dopo mi destabilizza e delude. Vorrei dire qualcosa ma è come se non avessi parole e voce per farlo. Resto semplicemente impalata alle sue spalle con il cuore che batte e duole al contempo.
"Sali", ordina. Vorrei non farlo. Il mio orgoglio mi suggerisce di tirargli un bel calcio fra le gambe e andarmene via da sola, ma quando alza lo sguardo su di me per un sol istante, qualcosa cambia. Ho letto tutto e niente nei suoi occhi ma quel tutto mi è sembrato abbastanza per avvicinarmi a lui, salire su quella moto e aspettare. Aspettare e aspettare ancora. Infondo, è quello che ho sempre fatto per lui.
Per nessuno dei due questo è facile. Nessuno dei due, almeno credo, pensava che oggi sarebbe successa una cosa simile. Che ci saremmo baciati. Per anni ho rincorso la nostra amicizia, per anni ho sperato che Alexander mi volesse ancora bene e poi basta un attimo, solo uno per desiderare altro. Per desiderare che lui non mi veda più come una semplice amica d'infanzia, e non so quando questo sia potuto succedere. Non so in che preciso istante abbia iniziato a vederlo con occhi diversi, più consapevoli. Eppure è successo, e non me ne pento. Vorrei accadesse ancora, vorrei che mi abbracciasse ancora, ma non so semmai io avrò il coraggio di fare il primo passo. Non so se un suo ennesimo rifiuto ora avrebbe ancora lo stesso effetto su di me.
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La cura [H.S.]
Fanfiction"Mi stai curando". "Forse è il contrario". Così vicini eppure così lontani. Da oltre dieci anni, Sophia e Alexander condividono lo stesso condominio e l'odio che i loro rispettivi genitori covano l'uno nei confronti dell'altro. Un segreto, un errore...