Capitolo 86

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Tutto si ferma. I nostri occhi puntati sull'uomo che ho sempre pensato di conoscere alla perfezione, di cui ora invece, non ho alcuna certezza.
"Diego?". La voce di Natalie è spezzata. Io non credo di aver sentito bene.
È impossibile.
"Mi dispiace", solo questo. Testa bassa, mani sul tavolo come a reggersi.
"Ti dispiace?". Urla Dave. "Cosa ti dispiace? Che vuol dire che Diego sta arrivando?".
"Lui...io...", la sua voce è bassa, colpevole. Sono queste le prime sensazioni che riesco a provare. Sensazioni pessime che prevedono qualcosa di orribile.
Come se mi fossi appena risvegliato dopo chissà quanto tempo, mi ritrovo al suo fianco e non so come, afferro e stringo forte le sue spalle fra le mie mani. Gli sto facendo del male, non riesco a fermarmi e neppure voglio farlo.
"Parla", urlo ad un centimetro dal suo viso. "Che sta succedendo, Micol?".
"Lui...lui...io, non ho eseguito i suoi ordini". Stringe forte gli occhi. Voglio colpirlo ma prima devo capire tutto. Tutto.
"Continua", Dave mi affianca, lo tiene fermo con me.
"Vi ho traditi".
Tre parole che fermano il tempo, che spezzano il mio respiro e quello dei miei amici.
"Che vuol dire?". Natalie è in lacrime, incredula almeno quanto me che continuo a non capire, a non voler capire.
"Mi era stato ordinato di fingere un operazione, poi lui avrebbe disattivato il cuore e Sophia sarebbe morta...per mano sua".
E non sento più nulla, non ho più il controllo di me stesso mentre le mie mani colpiscono la sua faccia, il suo stomaco. Le urla strozzate di Natalie, Dave che mi intima di fermarmi, il viso di Micol bianco come un lenzuolo.
"Così lo ammazzi".
"Lasciami", cerco di liberarmi. Fa male, fa tutto male. L'inganno è più doloroso di una nocca rotta. Molto di più.
"Fermati, dobbiamo capire che diavolo fare", urla. "Sophia è in quella stanza ancora incosciente, se dovessimo scappare, hai un piano?".
Il suo nome mi ferma, il suono mi paralizza come il più forte dei veleni.
Micol mi guarda dal basso, viso sporco di sangue, naso spaccato. Non me ne pento, non me ne pento affatto.
"Io...ho studiato per anni quella cura", balbetta facendomi gelare il sangue nelle vene. "Sophia era la mia occasione".
"Potevi ammazzarla", urlo pronto a scagliarmi di nuovo contro di lui.
"Ci avrebbe pensato Diego", ribatte. "Io invece avevo una possibilità di salvare lei e forse altre migliaia di vita".
"Ci hai traditi", ho l'affanno come se avessi corso per chilometri. "Da sempre".
"Forse non lo capirete mai", tenta di alzarsi e sono felice nel notare la sua espressione dolorante. "Ma per noi medici, la sperimentazione è l'unica cosa che ci permette di curare le persone".
"Tu non sei un medico", urla Natalie. "Mi fai schifo", inizia a colpirlo mentre lui non fa più nulla per difendersi e no, non posso provar pena per l'ennesimo uomo che ha cercato di farci del male solo per i suoi scopi. E mentre sono perso nella mia rabbia, qualcosa accade. Qualcosa che mai avrei previsto, qualcosa per cui non sono affatto pronto.
Lo stridere di ruote fuori la porta attira l'attenzione di tutti.
"È troppo tardi", sono queste le parole di Micol.
"Merda", impreca Dave. "Dobbiamo scappare, questo ci ammazza".
"Perché è qui?". Lo afferro per il bavero del camice che io stesso ho già ridotto a brandelli.
"Sa che non ho rispettato i piani". Sussurra appena chiudendo gli occhi come se fosse già pronto al prossimo colpo, ma non ci riesco. Non ci riesco perché la paura, ora, ha superato di gran lunga la rabbia. Non permetterò a nessuno di toccarla. "Porta via Sophia, c'è una porta sul retro...", un forte boato interrompe le sue parole e prima che qualcuno possa anche solo pensare a cosa fare o dire, lo vedo.
È invecchiato, l'espressione sicura di sempre, gli occhi di ghiaccio. Ho sempre odiato quest'uomo ma allo stesso tempo, ho anche provato tanta pena per lui.
"Ma quanta gente", la sua risata sguaiata è raccapricciante, molto più di quanto si possa spiegare a parole.
"L-lasciali stare", balbetta Micol. "Prenditela con me".
"Oh, puoi giurarci", ammicca avanzando nella nostra direzione e non capisco il motivo, ma mi muovo in automatico coprendo quello che un tempo è stato come un padre per me.
"Alexander, spostati".
"Ricordi ancora il mio nome", sputo una risata amara. "Vattene ora che puoi ancora farlo con le tue gambe".
"Però", la sua reazione è la stessa. Una risata cinica, fredda come l'inverno più rigido. "Sei cresciuto, sei molto diverso dal bambino dolce che piangeva per la perdita della sua amichetta del cuore".
"Brutto pezzo di merda", mi avvento su di lui ed è come se si aspettasse questa reazione. Si difende, colpisce, la mia schiena batte contro il tavolo. È incredibilmente forte.
"Alex attento", Dave mi aiuta, riusciamo a bloccarlo ma è allora che tutto accade. Le mie mani lasciano subito Dave non appena riconosco quel viso che ho tanto odiato ed invidiato. Le sue mani tremano sulla pistola che stringe forte. Posso vedere i suoi muscoli tesi attraverso i vestiti.
"Chi diavolo è questo?". Domanda Natalie.
Io continuo a guardarlo, Diego si cura di rispondere.
"Ben, mio figlio".

La cura [H.S.]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora