Capitolo 55

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Lo vedo entrare in una stanza e subito dopo accende la luce che illumina il resto. Non c'è molto. Solo un materasso sotto la finestra e uno scatolone che funge da comodino.
"È carina", sorrido seguendolo.
Non mi risponde, è diventato strano tutto d'un colpo. Non ho ancora assimilato quello che mi ha detto, e forse la mia reazione è stata fin troppo controllata. Certo, sapere quello che mio padre ha fatto in tutti in questi anni mi ha sconvolta, così come sapere dell'esistenza di cure che potrebbero salvare la vita di molte persone, ma a quanto pare, tutto questo è ancora un segreto. Penso a Dave, a Natalie e a come qualcosa riesca ora ad essere più chiara nella mia mente.
"Hai davvero sonno?". È steso sul materasso e fissa il soffitto. Non capisco perché d'improvviso si sia innervosito.
"Si", replica non degnandomi di uno sguardo.
"Avrei...altre domande da farti, ma credo sia meglio rimandare a domani", dico.
"Già", asserisce con tono piatto, come se non fosse davvero interessato a quello che ho da chiedergli. Mi siedo al suo fianco; dopo questa lunga chiacchierata sento una connessione fra noi ancora più forte. Sento di poter osare e fare quello ho sempre voluto fare.
"Cos'hai?". Chiedo.
"Sonno", sospira pesantemente.
"Non è solo quello. Ho detto qualcosa di sbagliato?". Cerco il suo sguardo ma continua a stare sulle sue.
"No Sophia", sbuffa. "Sono stanco, punto", sbotta dandomi le spalle. Non lo capisco, giuro che non lo capisco.
"Come vuoi", presso le labbra fra loro. Dopo quello che è successo, non mi aspettavo di certo che si comportasse così. "Dove posso dormire io?".
"Qui", si sposta più in là, continuando però a darmi le spalle.
Non lo sopporto.
Sospiro pesantemente, odio queste situazioni, odio i suoi continui sbalzi d'umore. Odio non capirlo quando pensavo di avere tutto sotto controllo, quando pensavo che finalmente avesse iniziato a fidarsi di me. Mi ha raccontato cose importanti, mi ha raccontato tutta la sua vita e questo atteggiamento proprio non doveva usarlo. Non ora. Mi stendo al suo fianco girandomi dal lato opposto. Sarà impossibile dormire, impossibile dopo quello che ho scoperto. I miei pensieri corrono subito alla mia famiglia, a mia madre che, sono sicura, era a conoscenza di tutto, a mio padre che, invece, ha sbagliato tutto. Poteva salvare molte vite, forse lo farà ma ha iniziato con il piede sbagliato e questo è un errore che non gli verrà mai perdonato. Non ho paura, almeno non ora. Credo di non essermi ancora resa conto di quelle che potrebbero essere le conseguenze delle sue decisioni, ho bisogno di tempo e forse venire qui è stata un'ottima idea. Avrei preferito che questa serata finisse in modo diverso, avrei preferito restare abbracciata con lui per tutta la notte. A quanto pare non è possibile. Mi guardo intorno, è tutto così calmo e bello qui dentro. Sembra quasi di essere in un'altra vita, dove i problemi non esistono e dove io ed Alex riusciamo finalmente ad essere felice, ad essere noi stessi. Mi ha guardata per tutto il tempo in un modo completamente diverso. Sembrava sollevato mentre mi raccontava tutto, anche se ha cercato di non farmi del male per tutto il tempo. Sembrava un'altra persona, una persona che era disposta ad iniziare tutto da capo con me. Mi sono illusa anche in questo. Certo, ha ammesso che separarsi da me è stata dura, ma quella, era la reazione di un bambino di sei anni che è stato costretto ad abbandonare la sua amica d'infanzia. Ma oggi? Cosa pensa oggi di tutto questo? Degli anni persi, di quello che mi ha fatto e di quello che forse continuerà a fare. Non so quali siano le sue intenzioni con me e vorrei tanto saperlo. Non so se riprenderemo a parlarci, se ci frequenteremo o se, una volta risolto tutto, torneremo ad ignorarci. Non credo di poterlo sopportare, non dopo aver capito che questo ragazzo cocciuto steso al mio fianco, è la persona più importante della mia vita. L'unica di cui mi fida, nonostante tutto.
Chiudo gli occhi, provo a farlo. Provo ad immaginare una vita dove tutto è più semplice, una vita non sorretta solo da una valanga di bugie, una vita dove essere se stessi è più facile. Una vita in cui io ed Alex non siamo costretti a darci le spalle.
Sento che si muove ma non ho il coraggio di controllare. So che farei danni con la mia boccaccia e non voglio che le cose peggiorino ulteriormente.
"Dormi?". I mie sensi si attivano all'istante. Sento il suo respiro battere sul mio collo anche se tenta di mantenere una certa distanza con il resto del corpo.
"No", sussurro torturando le mie mani fra di loro.
"Neanch'io", dice rilasciando un lungo respiro.
"Pensavo fossi stanco", replico.
"Non ho detto di non esserlo".
"E...quindi?". Giro di poco la testa nella sua direzione. Mi sta guardando e il mio cuore ora batte più forte. "Che vuoi fare?".
"Niente", scrolla le spalle. "Vuoi sempre far qualcosa tu".
Mi giro piano trovandomi faccia a faccia con lui.
"Non riesco a dormire", ammetto.
"Comprensibile", si lecca le labbra. "E ...quindi?".
"E niente", scrollo le spalle. "Tu non hai voglia di parlare".
"Non ho detto questo", inarca un sopracciglio. "Ho solo detto basta domande per oggi".
"Che poi non ne ho fatte moltissime", gli ricordo.
Accenna un sospiro scuotendo impercettibilmente il capo.
"A volte ne basta una".
"Sbagliata?". Domando.
"Non necessariamente".
"Odio quando fai così". Sbuffo.
"Così come?".
"Così...lo sai". Abbasso lo sguardo. "Mi sei stato vicino per tutto il tempo poi, all'improvviso, sei diventato freddo".
"Non sono diventato freddo", si fa serio.
"Non sono stupida, Alexander". Lo guardo. "E ho capito che per il momento è meglio lasciar perdere. Non voglio litigare".
"Pensavo non ti piacesse il mio nome per interno". Mormora scrutandomi attentamente. I suoi occhi sono una grande distrazione.
"Mai detta una cosa simile", replico.
"Poco confidenziale però. Non trovi?".
"Beh, dipende...in che tipo di rapporti siamo ora?". Non sono riuscita a resistere. Molto probabilmente non risponderà neppure.
"Che domanda è?". Vedo che si agita. Non se lo aspettava, mentre io mi aspettavo altro. Forse troppo.
"Ora so la verità", mi sento molto meno sicura di prima e quasi mi pento per averglielo chiesto. "So che...in qualche modo il nostro rapporto è stato rovinato da altri, non da noi", sussurro. Lui non parla, io non lo guardo ma so che neppure Alex lo sta facendo ora. "Ecco...non so, io...mi chiedevo se fra di noi le cose potessero...aggiustarsi". Ecco, l'ho fatto. Ci sono riuscita ma non credo di sopportare una risposta che non è quella che spero.
"Per te si è rotto qualcosa?". Punta i suoi occhi nei miei, perdo un battito. Ho paura, più di quanta invece dovrei averne per tutto il resto.
"Io non avrei mai voluto rompere niente".
"Ti ho chiesto un'altra cosa". I suoi occhi si alternato dalle mie labbra ai miei occhi.
"No, da parte mia non si è rotto nulla", è un discorso strano. Inconsciamente sto ammettendo qualcosa di molto improntate, almeno per me. "Per te?". Ho la tachicardia mentre aspetto una sua risposta. Continua a guardarmi e i secondi passano.
"N-non devi rispondere per forza", balbetto distogliendo lo sguardo.
"Hai mai sentito quella storia dei giapponesi e dei vasi rotti?".
"Eh?".
"L'hai mai sentita?". Mi incalza.
"Si. È una specie di metafora, qualunque cosa rotta si può riaggiustare".
"Già, mi pare dicesse così". Scrolla le spalle.
"Mi stai dicendo che...le cose fra di noi si possono riparare?".
"Non ho mai detto che si sono rotte", replica, poi si gira dall'altro lato lasciandomi con il cuore a mille.
"Fai riposare la tua testolina ogni tanto, cerbiatta".
Vorrei urlare, vorrei saltellare per tutta la casa come una bambina.
"Sai una cosa? Mi sa che ora ho sonno anch'io", sorrido, e penso che questo nessuno possa togliermelo.
"Mh, meglio", borbotta sistemandosi meglio.
"Buonanotte Alex", sussurro al suo orecchio poggiando la guancia sulla sua schiena. Sento che trattiene il fiato per qualche secondo prima di rilassarsi, ma è bene che cominci ad abituarsi a questo.

La cura [H.S.]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora