Uno dei tanti motivi per cui vorrei scappare da questa scuola è proprio lui: Dave.
Ultimamente le cose stavano andando bene. Io avevo la mia vita, lui la sua e aveva smesso di darmi il tormento, ma ho cantato vittoria troppo presto dopo il suo gesto di ricomprarmi quel libro. Sospiro passandomi le mani fra i capelli. Ho bisogno di calmarmi altrimenti faccio un macello. Uno, due, tre, mille. Non è servito ad un cazzo. Ho ancora voglia di spaccare la faccia a lui e a suoi amici del cazzo per aver messo il mio zaino nello sciacquone del cesso.
Lì avevo tutto, compresa la tuta che dovrei indossare in questo momento per l'ora di educazione fisica.
"Parker". Alzo gli occhi al cielo quando la prof entra nello spogliatoio. Sono l'unica a non aver ancora raggiunto la sala attrezzi, ma ora capirà anche il perché.
"Non posso uscire", sbotto indicandole la fine che hanno fatto i miei vestiti, comprarti solo da una settimana, fra l'altro.
"Ancora", alza gli occhi al cielo. "Non è possibile".
"Già", sbuffo.
"Perché ti cacci sempre nei guai, Parker?". Sgrano gli occhi.
"Che cosa?". Urlo. "Sta scherzando spero?".
"Non hai amici Sophia, perché?". Mi si avvicina guardandomi come se fossi una sorta di cucciolo smarrito. Si sbaglia di grosso e le conviene allontanarsi subito se non vuole fare la fine di quella tuta.
"Non credo che questi siano affari suoi. Qualcuno ha fatto questo, e di questo dovrebbe occuparsene".
"Capisco", sussurra. "Sai chi è stato? Hai qualche prova?".
Prove? Lei sa bene chi è stato, ma ovviamente accusare Dave in questa scuola è fuori discussione.
"Lasci perdere", afferro la mia borsa gocciolante, sorpassandola.
"Sophia non puoi andare via...".
E anche stavolta dovrò vedermela da sola.
Percorro i corridoi come una pazza. So già quale sarà la mia reazione. Stavolta non chiederò alcuna spiegazione. So che è stato lui e so anche il motivo. Ho interrotto la loro festicciola, e Dave non è di certo il tipo che risolve le questioni parlando. Non lo farò neppure io, così mentre da lontano lo vedo fumare una sigaretta sulle scale di emergenza non mi pento di quello che farò. Carico un destro che lui non può prevedere e con tutta la rabbia che ho in corpo, lo colpisco sul naso dal quale inizia ad uscire una quantità indefinita di sangue.
"Ma che cazzo fai?". Urla non appena capisce chi ha fatto cosa. Le sue mani sono ancora sul suo naso. Non sono ancora soddisfatta.
"La prossima volta che vuoi fare questo", alzo il mio zaino fino al suo viso. "Pensa a questo", carico un altro pugno che però non va a bersaglio. Afferra il mio polso bloccandolo nella sua mano. In un secondo mi trovo con la faccia contro il muro, il suo corpo completamente schiacciato contro il mio e il suo sangue che ora sporca il mio orecchio.
"La prossima volta che vuoi fare questo", altre gocce sporcano la mia maglia. "Pensa a questo". Urlo quando qualcosa simile al fuoco irradia il mio braccio dalla mano in su. Urlo e non so a cosa aggrapparmi, ma prima che questo dolore possa farmi perdere i sensi, Dave molla la presa e non di sua spontanea volontà. Quando trovo la forza e il coraggio di girarmi, vedo qualcosa che mai avrei pensato di vedere e se prima, avevo qualche dubbio sul fatto di avergli rotto o meno il naso, ora non ho neppure uno. Alexander continua a sferrare pugni al suo amico che cerca di difendersi, di parlare. Per quanto se lo meriti non voglio questo.
"Alex fermanti", urlo. Potrebbe ammazzarlo sul serio. Non si ferma, sembra assente mentre continua a colpirlo almeno fin quando non poggio la mano sulla sua spalla. Trasalisce, come se si fosse appena risvegliato dal suo peggiore incubo. Mi guarda e non saprei decifrare i suoi occhi. Strani, vuoti ma pieni al contempo. Un caos. Alex è il mio caos. Sento le voci di altri ragazzi che si stanno avvicinando, ma giungono ovattate alle mie orecchie. In questo momento non riesco a pensare ad altro che ai suoi occhi e quando piano, afferra la mia mano nella sua, non dico nulla. Non gli chiedo nulla. Lascio che mi porti via da lì, ignorando le urla dei professori e anche quelle di Dave che continua a chiamare il suo amico.Percorriamo dieci, forse cento metri in quel modo. Sento che sta per esplodere, che qualunque cosa mi stia per dire non sia per nulla bella. È incazzato e questo non è mai un bene per me.
"Hey aspetta un attimo", ho il fiatone. "Ma dove stiamo...".
"Che cazzo è successo?". Sobbalzo. I suoi occhi sono iniettati di sangue. Fanno spavento e faccio fatica a riconoscere il verde che tanto mi piace.
"Dave ha...".
"Quante volte devo dirti di non avvicinarti ai miei amici?". Urla ancora più forte.
"È stato lui a buttarmi i vestiti nel cesso", urlo di rimando. "Cosa dovevo fare se non rompergli il naso?". Spalanco le braccia. Sento già la mancanza del suo tocco nonostante la situazione.
Sospira pesantemente tirandosi le punte dei capelli.
"Sei sicura?". Mi guarda come se sapesse più di quanto vuole dare a vedere. "Sei sicura che sia stato lui?".
"Chi altrimenti?". Serro la mascella. "Solo voi due mi rompete le scatole da due anni", porto le mani sui fianchi. Se possibile mi guarda ancora peggio di come ha fatto con Dave.
"Non sono più un ragazzino. Non le faccio queste stronzate".
"Fino a qualche mese fa, si", sbotto. "In ogni caso, è stato Dave".
"Potevi dirmelo". Dice prontamente per poi pentirsene. A volte i suoi occhi parlano.
"So difendermi da quell'idiota".
"Non dovresti proprio dover difenderti da lui", quasi ringhia accendendosi una sigaretta al volo che cade a terra quando il suo sguardo cade sul mio polso. È successo tutto così in fretta, che il dolore provocato da quello stronzo è passato in secondo piano, ma quando seguo il suo sguardo e noto quello che non avrei mai voluto vedere, tutto cambia.
"Ma che cazzo è?". Sbotto nello stesso istante in cui Alexander afferra il mio polso portandolo sotto ai suoi occhi che non sono mai stati più cupi di così. Qualcosa cambia anche in lui, e prima che possa rendermene conto mi sorpassa con l'intenzione di tornare a scuola, ma non glielo permetterò. Dave è l'ultimo dei miei problemi ora.
"Fermati subito", lo rincorro nonostante non sia nel pieno delle mie forze. "Che significa?". Non so come, ma riesco a raggiungerlo ed afferrarlo per il retro della sua giacca di pelle. Si gira strattonando la mia presa.
"Secondo te?". È sconvolto mentre mi urla in faccia, mentre mi guarda con disperazione. Come se mi stesse chiedendo aiuto ma senza farlo davvero. È un urlo strozzato, una richiesta nascosta che io riesco a vedere. È sempre stato così fra noi.
"Io..io non lo so", scuoto il capo. "Ma voglio saperlo. È strano, è tutto così strano. Che diavolo avete nelle mani?", deglutisco per mascherare la preoccupazione. Non ho paura, ma la verità potrebbe essere scomoda e altrettanto inspiegabile. Non credo nelle leggende, nei miti e stronzate varie, ma qualcosa qui non va. Quelle boccette misteriose e le loro mani che sembrano essere in grado di bruciare qualunque cosa, ne sono la conferma.
La sua mano prende con urgenza la mia. La scruta, la osserva come un folle. Le sue dita sfiorano il lembo di pelle lesionato e sussulto per il dolore.
"Puoi rispondere....".
"Puoi stare zitta per un attimo?", si stacca da me. Non posso accettare tutto questo.
"Come vuoi, ma sappi che scoprirò da sola quello che mi nascondi", mi volto pronta ad andarmene quando sento ancora una volta le sue mani trattenermi.
"Che t'importa?". Chiudo gli occhi per un attimo quando il suo petto si scontra con la mia schiena senza alcuna gentilezza. La sua voce bassa e roca è un pugno allo stomaco.
"Mi ha quasi staccato un braccio", mento. Mi importa altro al momento.
"Guarirà", dice sicuro.
Provo a girarmi ma me lo impedisce, rafforzando la presa sui miei fianchi.
"Che diavolo sei? Un super eroe, un alieno...che cazzo sei?". Urlo.
"Magari Sophia", soffia nel mio orecchio. "Sarebbe più divertente". Aggiunge divertito ma con un pizzico di serietà che mi incuriosisce ancor di più.
"Non ti fidi di me, vero?". Sussurro. È l'unica spiegazione.
"Non mi fido di me", replica. "È diverso". Mi lascia andare e quasi quasi sarei tentata di gettarmi io fra le sue braccia. Ma sarebbe strano e non saprei come spiegargli questa cosa che sta andando un po' troppo oltre.
Mi volto trovando già i suoi occhi su di me. Avrei da fargli così tante domande che non so da dove iniziare ma la consapevolezza di non ottenere risposta mi fa desistere. Me ne occuperò da sola. Per questo lo guardo un'ultima volta prima di andarmene con un'unica certezza nella mente. Scoprirò la verità, Alex.
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La cura [H.S.]
أدب الهواة"Mi stai curando". "Forse è il contrario". Così vicini eppure così lontani. Da oltre dieci anni, Sophia e Alexander condividono lo stesso condominio e l'odio che i loro rispettivi genitori covano l'uno nei confronti dell'altro. Un segreto, un errore...