Capitolo 42

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Sono ancora avvinghiata ad Alex e le sue mani sono ancora ferme sui miei fianchi, mentre il mio amico urla come un'oca giuliva.
"Oh...aspettate", Eric si porta le mani sul viso. Forse ha appena capito quello che stava succedendo qui dentro, ed anche Dave, che a differenza di Eric, non sorride affatto. "Oh, cazzo", scoppia a ridere. Una di quelle risate nervose che fa ridere anche me. Alex mi guarda, Dave mi guarda, Eric è completamente piegato in due. Riesco a scorgere l'ombra di un sorriso anche sul viso di Alex ma dura ben poco e forse la realtà dei fatti colpisce prima lui che me. Sono ancora troppo ubriaca per pentirmi di quello che stavamo facendo.
"Alcuni clienti si stanno lamentando", Dave spezza questo momento avvicinandosi a noi. Non lo voglio qui e credo che persino Alex se ne sia accorto dal momento in cui gli ho afferrato la mano stritolandola con tutta la forza che ho.
"E di cosa?". Sbotta il mio ex migliore amico. È teso e credo non gli piaccia molto quello che sta accadendo anche in questa stanza ora.
"Dell'extra", mi lancia un'occhiata. Alle volte penso che questo tipo mi odi sul serio, altre che mi tolleri un po' di più. Un altro enigma da aggiungere alla lista delle cose di cui Sophia non capisce un cazzo.
Stavolta sono le dita di Alex ad affondare nella carne della mia mano fino a farmi male.
"Dell'extra?". Inarca un sopracciglio, poi lascia la mia mano e mi sento già sola. "Non muoverti di qui", mi punta un dito contro. "E tu fuori", urla in faccia ad un Eric che sta tremando.
"Cosa? Ma io...credo che, dovrei riportarla a casa". Trema. Povero.
"Ci penso io".
"Eric resta", dico e Alexander mi guarda malissimo. "Che vuoi?". Ricambio lo sguardo. "È un mio amico e devo dirgli una cosa". Serra la mascella ma non aggiunge altro e a spalle tese se ne va con Dave,  non prima che anche quest'ultimo mi abbia fulminato con lo sguardo.
"Merda, Sophia", Eric corre verso di me con le mani congiunte. "Ho rovinato tutto?".
"Ma no", mento, avrei voluto baciarlo ancora e ancora. "Noi...".
"Vi stavate baciando, cazzo", poggia le mani sulle mie spalle. "E...oddio", urla e mi porto una mano sulla fronte. La testa mi gira in un modo assurdo. Tutto quell'alcol inizia a dare i suoi frutti.
"Ti ha fatto un succhiotto?".
"Eh? Oh, credo di sì", mi porto una mano sul collo e Dio se fa male. "Ahi, che stronzo", borbotto arricciando il naso.
"Stronzo dici? Sai che vuol dire?".
"Che vuol dire?". Inclino la testa di lato pentendomene amaramente. Ho bisogno di stendermi.
"Che ti vuole", picchietta con il dito sulla mia fronte.
"Oh...lo pensi davvero?". Spalanco la bocca.
"Sophia, l'alcol ti rende scema", mi afferra per il braccio e mi fa sedere sul divano. Su quel divano.
"Non ricordi quello che ha fatto non appena ti ha vista su quel palo? Pensavo davvero che ti uccidesse", ridacchia.
"Oddio", mi porto le mani sul viso. Forse ora sto iniziando a razionalizzare quello che ho fatto. "Che figuraccia".
"È stato epico", si siede al mio fianco. "Il ragazzo è geloso".
"Ha detto che io non sono uno spettacolo", piagnucolo come una bambina.
"Ha detto così?". Si acciglia. "Per come ti guarda credo che lui ti consideri molto più di quello".
"Io...io non ci sto capendo più nulla", sbuffo. "Mi ha baciata", mi fa male lo stomaco se solo ci riperso. "Ed è stato così...".
"Sparisci", Eric si alza di scatto come un soldatino.
"Amico, stavo solo ....insomma sta uno schifo".
"Non sono tuo amico", Alexander si avvicina e il suo profumo mi manda in estasi, di nuovo.
"Giusto", ridacchia. "Tesoro, ti telefono domattina", si abbassa lasciandomi due baci sulle guance e corre via come una gazzella, non prima di aver guardato il culo di Alex.
"Le vostre stronzate andate a farle da un'altra parte", sbotta avvicinandosi alla scrivania.
Ecco, tutto come prima.
"Le nostre che?". Mi metto a sedere molto lentamente.
"Lascia perdere", scuote il capo.
"Hai...risolto con quei clienti?".
"Ti importa?". Si volta e mi fulmina con lo sguardo.
"Era solo una domanda", replico piccata. "Certo che sei strano". Faccio per alzarmi ma ricasco all'indietro come una pera secca.
"Non riesci neppure a stare in piedi", si avvicina e mi guarda dall'alto.
"Qui l'alcol è buono", ghigno.
"Lo so", sospira. "Ma non vuol dire che sia tutto per te".
"Mh, sei sicuro? Questo posto urla il mio nome, credo proprio che sia tutto mio". Forse la sbronza non sta passando e la voce da gatta in calore che ho ora, ne è la conferma. Inconsciamente sto già pensando a dove andrò a scavarmi la fossa domani.
"Non credi di essere un po' presuntuosa?". Poggia le mani sulla spalliera del divano, intrappolandomi ancora.
"Non credi che quella donna mi somigli?". Sposto lo sguardo alla mia destra, su quella gigantografia che illumina l'intera stanza. Ora capisco perché non c'è nessuna lampada qui dentro. È lei la luce.
Sento il fiato di Alex battere sul mio viso e quando mi giro, siamo come prima. Come quando ci siamo baciati, ma so dalla sua espressione tesa, che non accadrà di nuovo.
"No", dice, poi si sposta.
"Sei noioso", sbuffo. Afferra la sua giacca e l'indossa.
"Ti accompagno".
"Andiamo dove ci sono quei strani muri?".
"No", stavolta mi guarda.
"Mh, ci andrò da sola". Scrollo le spalle, mi alzo e stavolta senza ricadere.
"No che non andrai", si passa le mani fra i capelli, recuperando poi le chiavi della sua moto e penso quelle del locale. La festa è finita ma la mia serata no.
"Già fatto", mi avvicino e lui spalanca gli occhi. "E ho anche scoperto una cosa".
"Stai scherzando?". Quasi ringhia, stringendo le chiavi fra le mani.
"Sapevi che un'amica di mia madre lavora lì?".
"C-cosa?". Sbianca.
"Si chiama Carla, la conosci?". Mille emozioni diverse attraversano il suo sguardo, poi la rabbia e la riconosco subito.
"Quando cazzo sei andata la giù?". Urla e gli si ingrossano le vene del collo. "Quando?".
"Che t'importa?". Il suo tono mi infastidisce parecchio. "E te l'ho già detto una volta, non urlarmi contro", sbotto.
"Non urlarmi contro?". Ripete incredulo. "Mi stai davvero chiedendo di non urlare?".
Come siamo passati dal baciarci a questo?
Come?
"Certo che te lo chiedo. Scelgo io dove andare". Incrocio le braccia al petto.
"Sempre nei posti sbagliati", ringhia passandosi le mani fra i capelli. "Tu...tu non ti rendi nemmeno conto di...di...".
"Di cosa?". Mi avvicino. "Parla per una buona volta", spalanco le braccia.
"E cosa vorresti sentirti dire, eh?". Si avvicina a sua volta. "Che noi siamo i buoni o i cattivi? Cosa preferisci, Sophia?". Sussurra il mio nome con cinismo.
"Solo la verità", lo guardo e credo che non siamo mai stati più vicini di così e non solo fisicamente parlando. "Le tue mani, mio padre, quel posto. Tutto. Solo la verità".
"La verità", stringe la mascella. "E poi, che succede?".
"Che intendi?". Mi acciglio.
"La verità potrebbe non piacerti". Non è mai stato più serio di così, forse c'è anche altro ma la paura non è qualcosa che appartiene a lui. Almeno credo.
"Non cambierebbe nulla per me", sussurro.
"Non cambierebbe cosa?". Un altro passo che diminuisce la poca distanza che c'è fra di noi.
"Quello che penso di te". Sbatto le palpebre. Mi sento così vicina alla verità e non ci credo.
"E cosa pensi di me?". Si morde le labbra.
"Parliamo sempre di me", accenno un sorriso. "Tu non ti esponi mai".
"Credimi, lo sto facendo più di quanto mi sia consentito".
"Dimmi la verità", lo supplico con lo sguardo. "Non ce la faccio più".
"Siamo in due". Dice ma non so davvero cosa intenda. "Prendi la tua roba".
"Cosa?".
"Andiamo a casa". Non mi guarda neppure come se tutto quello che è successo in questa stanza, non fosse mai accaduto.
"Ma stavamo parlando", sussurro un po' delusa.
"Sono stanco". Ho una rabbia che mi monta dentro in un modo assurdo.
"Lo sono anch'io", dico e lo supero.
"Aspetta, dove stai andando?". Cerca di afferrarmi ma stavolta non glielo permetto. Non credo di essere più tanto ubriaca e tutto sta tornando a galla ma non come avrei voluto. Quando raggiungo la sala principale tiro un sospiro di sollievo.
"Non sapevo se andare o meno".
Abbraccio Eric.
"Sophia", sento Alex alle mie spalle.
"Andiamo", dico al mio amico. Il mio vero amico. Sono stufa di essere trattata come una stupida, di essere sempre messa da parte. Non può baciarmi e poi fingere che non sia mai successo. Non può parlarmi in quel modo, illudermi per poi rimangiarsi tutto. Non può e non glielo permetterò.
Mi aggrappo al braccio di Eric e l'ultima cosa che vedo prima di andare via, è lo sguardo di Alex attraverso lo specchio. È difficile andarsene, ma forse è tempo che anche lui assaggi la mia assenza.

La cura [H.S.]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora