Sento i suoi occhi su di me ma lo ignoro. Odio quando fa lo stronzo, odio quando mi punta il dito contro per delle stronzate. Resto seduta al mio posto mentre gli altri salgono sul furgoncino che Micol è riuscito a farsi spedire dall'America. Credo che questo coso bianco diventerà il nostro mezzo di trasporto per un po'.
Viene a sedersi al mio fianco senza proferire parola, a quanto pare ora è arrivata la fase Alexander l'offeso. Non mi importa, stavolta non sarò io a chiedere scusa per una stupidaggine simile. È stato il primo a nascondermi dell'omosessualità della sua amichetta facendomi star male per parecchio tempo.
Guardo questo campo di roulette diventare man mano più piccolo. Non ho più il tempo per affezionarmi ad un posto che devo lasciarlo, non so più quale sarà il mio futuro, la mia casa ma so che dentro di me c'è qualcosa che sicuramente dovrò proteggere con le unghie e con i denti.
Ho paura, paura di sapere la verità sul mio cuore e su questo bambino. Voglio avere la forza di affrontare questa gravidanza al meglio. D'istinto poggio la mano sul mio ventre ancora piatto, ho fame ma credo che per ora dovrò restarmene tranquilla.
Chiudo gli occhi, poggiando la testa contro il finestrino. Passa qualche minuto, e la sua mano si poggia sulla mia. Crede che stia dormendo o forse, ho appena conosciuto un altro lato di Alex: quello meno orgoglioso.
Mi viene da sorridere ma è ancora troppo presto per addolcirmi e nel fingere di dormire, alla fine succede davvero.Questo posto è esattamente come lo ricordavo, forse un po' più sporco del solito. L'erba è cresciuta tantissimo e mi viene da ridere nel vedere Micol imprecare, di solito è fin troppo calmo.
"Non ti lascio qui", borbotta Gin. "Che razza di posto è questo?".
"Ti assicuro che dentro è diverso, non fermarti alle apparenze", ridacchio.
"Che casino", sussurra. "Non avrei mai immaginato che succedesse così presto. Quando ti riavrò in palestra?".
"Che nostalgia, questo è un vero colpo basso. Mi manca tantissimo Gin, ma credo che per...i prossimi nove mesi sarà impossibile".
"Stento ancora a crederci".
"Anch'io", ridacchio per la sua espressione. Non scherzavo quando definivo Gin un padre.
"Ora devo andare. Ho due idioti da allenare".
"Giurami che verrai a trovarmi spesso?".
"Almeno una volta a settimana, te lo prometto", afferra il mio viso fra le sue grosse mani. "Voglio vederti ingrassare personalmente".
"Ma che stronzo".
"Già, ma mi vuoi bene lo stesso".
"Già", mi mordo le labbra per bloccare il loro tremolio. "Ti aspetto la prossima settimana e se non vieni mi incazzo".
"Sarò qui, sei abbastanza inquietante quando ti incazzi, poi sei anche incinta...quindi".
"Hey, che vorresti dire?". Lo spingo dal petto.
"Oh nulla", alza le mani in segno di resa. "Ma i tuoi pugni hanno ancora lo stesso affetto, meglio se vado".
"I miei pugni avranno sempre lo stesso effetto", assottiglio lo sguardo.
"Lo so bene, e usali se quello lì fa lo stronzo". Seguo il suo sguardo e per quanto ora Alex finga di tagliare delle erbacce, l'ho già beccato in flagrante.
"Sarà fatto. A presto Gin e fa attenzione".
"Anche tu ragazza, riguardati". Aggiunge con tono serio, quasi preoccupato ma non è da Gin. Lui non ha paura di nulla.
Lo vedo andar via come molte cose della mia vita. Sono scappata dalla mia famiglia, sono arrabbiata con loro ma non nego di provare anche molta tristezza per come sono andate le cose. Non nego che sarà molto difficile potermi fidare ancora di loro o stargli vicina senza temere che possano allontanarmi di nuovo da Alex.
Mi volto e trovo il suoi occhi già su di me, solo che stavolta non fa nulla per non farsene accorgere. Resta a guardarmi come se non potesse resistere. A piccoli passi mi avvicino, ci sono anche gli altri. Ci sono tutti, la mia nuova famiglia.
"Micol", lo richiamo, i suoi occhi non mi perdono mai.
"Hey, dimmi", si passa una mano sulla fronte. Siamo tutti stanchi.
"Quando possiamo...ecco......".
"Fare l'ecografia?". Annuisco e sento un braccio poggiarsi sui miei fianchi.
"Il tempo di una doccia e finalmente vedremo se sei davvero incinta". Accenna un sorriso.
"Ma lei è incinta". Replica Alex alle mie spalle.
"I test non sono mai sicuri al cento per cento, solo un'ecografia potrà darci conferma".
"Beh, allora andiamo", sbotta.
"S-si, datemi dieci minuti e sono pronto", mormora entrando in casa.
Lo vedo allontanarsi con le spalle curve e un atteggiamento che non mi convince del tutto.
"Non trovi che sia un po' strano?".
"Hai ripreso a parlarmi?". Sento il suo sorriso sul mio collo.
"Ovvio che no", con una gomitata nello stomaco lo allontano. "Volevo solo condividere il mio pensiero".
"Beh, lo hai condiviso alla perfezione", è piagato in due e un po' mi dispiace, tuttavia la prossima volta valuterà bene cosa dire prima di accusarmi di mentirgli.
"Fatto male?". Inarco un sopracciglio beccandomi un'occhiataccia.
"Ma figurati", sbuffa una risata passandosi le mani fra i capelli con finta disinvoltura.
"Bene", faccio per andarmene quando sento la sua mano afferrare il mio polso.
"Sophia", il suo petto sfiora la mia schiena. "Sono stato un'idiota". Sospira.
"Già", annuisco.
"Sono follemente geloso di te". Ammette circondandomi con le sue braccia.
"Per caso mi stai chiedendo scusa?". Inclino il capo per poterlo guardare.
"Ho solo ammesso la mia gelosia", ghigna.
"Mh, beh non serve a nulla", lo scanso ma lui mi riacchiappa in due secondi.
"Fammi capire una cosa", mi si mozza il respiro quando lo sento di nuovo così vicino. Non pensavo che la gravidanza potesse rendermi tanto sensibile. A differenza di Micol, non ho alcun dubbio sulla questione test fasullo o meno. "Ti stai vendicando?".
"Ma ti pare", chiudo gli occhi. La sua voce è qualcosa di illegale a quella distanza.
"Mi pare", soffia sul mio collo depositandovi su una serie di baci che aggravano la situazione, di per se, tragica.
"Voglio solo che tu..Alex", strillo quando morde forte.
"Cosa?".
"Smettila, ci sono Dave e Natalie...".
"Dave e Natalie stanno litigando con delle erbacce e poi, posso baciare la mia ragazza dove e quando voglio". È sempre bello sentirglielo dire.
"Potrei abituarmici, non illudermi".
"Illuderti?". Un altro bacio. "Tu sei la mia ragazza, questa non è un'illusione". Non resisto, mi giro fra le sue braccia e lo stringo forte a me. Ridacchia mentre gioca con i miei capelli. Adoro quando lo fa, mi è sempre piaciuto. "Dovrò dirlo più spesso se è questo il risultato".
"Dovresti dirlo sempre", mormoro contro il suo petto.
"Non devi avere mai nessun dubbio su questo", afferra il mio viso. Occhi dentro occhi. "Forse ci sono arrivato tardi, non capivo e non capisco molto di queste cose, ma ho sempre desiderato saperti mia a tutti gli effetti".
"Sono tua", sorrido sulle sue labbra, e il suo di sorriso, è in assoluto la cosa più bella che ho visto da stamattina.
"Ragazzi", ci giriamo verso Micol che è fermo sotto l'arco della porta della sua strana casa. "Se siete pronti...io sono pronto".
Ci guardiamo, non c'è altro da aspettare.
Alex stringe la mia mano nella sua, ad ogni passo l'ansia sale e credo di aver raggiunto l'apice non appena mi stendo sullo stesso lettino sul quale Micol mi aveva visitata la prima volta.
"Dovresti alzare la maglia". Sussurra con lo sguardo concentrato su macchinario bianco.
Alex prende una sedia, posizionandola all'altezza della mia pancia. La sua mano è di nuovo stretta alla mia. Sollevo la maglia con il suo aiuto e forse ora, ho un po' paura di scoprire che quel test si è sbagliato. Voglio questo figlio a tutti i costi.
Sussulto quando un liquido freddo bagna il mio ventre.
"Avrei dovuto avvertirti", ridacchia Micol scuotendo il capo.
"No, tranquillo", prendo un lungo respiro cercando invano di rilassarmi. Spalma quel liquido con l'aiuto di uno strano telecomando anch'esso bianco. Avrei voluto essere più preparata, avrei voluto condividere questo momento anche con la mia famiglia.
"Allora?". Domanda Alex molto più impaziente di me. Micol non risponde, continua a fare quello che stava facendo fin quando, ad un certo punto, si ferma.
"Eccolo", sussurra appena. "Vedete quel puntino". Le nostre teste si voltano di scatto verso il display alla mia destra.
"Dove?". Alex si alza in piedi senza mai mollare la mia mano.
"Qui", indica Micol. Mi avvicino e lo vedo, un piccolo puntino bianco fra tutto quel nero. Lo vedo e non trattengo quello che sto provando.
"Oddio", mi porto una mano davanti la bocca, le lacrime appannano la mia vista ma voglio vederlo. Voglio vederlo sempre. "Alex", lo guardo fissare incredulo quella piccola vita che abbiamo creato insieme.
"Due, al massimo tre settimane", continua Micol in tono monocorde. Poi guarda Alex, ancora nel mondo dei sogni proprio come me. Si abbassa e senza alcun preavviso, nasconde il viso nell'incavo del mio collo. Mi bacia tanto, mi stringe forte. Sento il suo respiro spezzato, gli circondo il collo con le braccia.
"Ti amo da morire". Sussurra accarezzandomi i capelli. "Da morire".
"Anch'io amore mio, anch'io". In sottofondo solo il rumore della porta chiudersi, ma non mi importa. Questo momento è solo nostro. Mio, di Alex e del nostro piccolo puntino.Alexander's pov
Chiudo la porta alle mie spalle. Mi sento sereno, felice, qualcosa che non provavo da troppi anni.
"Allora?".
"Dorme". Mi siedo a tavola. Sto morendo di fame. "Metti qualcosa da parte per Sophia", mi rivolgo a Natalie che a quanto pare, ha riscoperto una strana passione per la cucina.
"Ragazzi", sussurra appena poggiando sul tavolo il nostro pranzo. "A voi quante ne restano?".
"Eh?". Inizio a mangiare ma smetto di farlo non appena noto che tutti, Micol compreso, mi stanno guardando.
"La cura, Alex", è lui a rispondere. "Te ne sei dimenticato?".
"Certo che no", sbotto sulla difensiva. "Ne ho ancora un paio e poi tu me ne darai altre. Come sempre", scrollo le spalle.
"Non gliel'hai ancora detto?". Stavolta è Dave a parlare.
"Cosa avrebbe dovuto dirmi?". Sto per incazzarmi, ho sempre odiato tutto questo mistero su questioni importanti come questa.
"Qualcuno è stato qui dopo la nostra partenza", abbassa lo sguardo. "Sono sparite tutte le boccette che avevo già preparato".
"Che cosa?". Urlo scattando all'in piedi. "E quando pensavi di dirmelo?".
"Eri distratto", serra la mascella.
"Distratto?". Sbuffo una risata amara. "Ma che merda stai dicendo?".
"Non volevo rovinare il vostro momento", scrolla le spalle. "E si, sei distratto. Capisco che tu ora sia emozionato per la notizia, ma...".
"Cosa?". Ringhio. Dave si alza venendo al mio fianco. "Cosa ti turba così tanto, Micol?".
"Alexander". Sussurra Dave. "Al momento c'è una questione più importante da risolvere. Non so se l'hai capito, ma senza quelle boccette...noi moriamo". E solo allora la verità mi compisce come un pugno allo stomaco.
"Non puoi rifarle?". Guardo Micol che è rimasto in silenzio per tutto il tempo, guadando, osservando con fin troppa calma.
"Non hanno rubato solo quelle", sospira. "Ma anche...gli ingredienti".
"Merda", chiudo gli occhi passandomi le mani fra i capelli.
"Come faremo?". Singhiozza Natalie, non l'ho mai vista piangere e in qualche modo questo mi conferma quanto grave sia la situazione, e quanto poco io mi stia rendendo conto del tutto.
"Troveremo una soluzione", dico guardando Micol che fissa il suo piatto ancora intatto.
"Micol", lo richiama Dave. "Dii qualcosa, qualsiasi cosa".
"Farò il possibile", sospira. "Non è facile in pochi giorni ma inizierò da stanotte a tentare".
"Avete sentito?". Non posso essere negativo, non ora.
"Mangiamo e state tranquilli. Non serve a nulla agitarsi", aggiungo fissando quel piatto di cui ora non ne ho più voglia.
La stanza cade in un silenzio fatto di mille domande alla quali, per ora, nessuno sa rispondere.
"Vado da Sophia", mi alzo recuperando il piatto che avevo tenuto da parte per lei. "Non deve sapere nulla". Annuiscono.
Voglio solo che sia tranquilla, ed inspiegabilmente torno ad esserlo anch'io quando la vedo sdraiata sul mio letto, la guancia schiacciata contro il cuscino e una mano sul ventre ancora piatto.
Non ci credo ancora, non del tutto. E nonostante i mille problemi che ancora pesano sulle nostre spalle, stiamo riuscendo ad andare avanti, a realizzare i nostri desideri.
Mi siedo al suo fianco e mi perdo a guardarla come sempre. Con le dita accarezzo il suo profilo, poi afferro una di quelle maledette boccette dal cassetto al mio fianco. Ho odiato questa dipendenza senza la quale non vivrei, ho odiato essere diverso da lei con tutto me stesso e non mi sbagliavo. Ho sempre saputo che prima o poi, la famosa cura avrebbe mostrato i suoi effetti collaterali.
Me la rigiro fra le mani. Otto, me ne restano otto. Chiudo gli occhi compiendo il solito gesto, prima di alzarmi e gettarla nel cestino.
"Alex", la sua voce mi riposta a galla, allontana i demoni che mi attanagliano lo stomaco.
"Hey", mi avvicino lasciandole un bacio sulla fronte. "Ti ho portato il pranzo".
"Ho molta fame in effetti", sorride e per me va già meglio. Si mette a sedere, poi mi abbraccia forte. "Sei un amore". Soffia sulle mie labbra prima di baciarle.
"E tu sei una bambola", la stringo a me approfondendo quel bacio, l'unica cosa di cui ho bisogno. Le ho premesso di prendermi cura di lei, del nostro amore e ora del nostro bambino, e non sarà di certo un piccolo problema di percorso a rovinare tutto. Lavorerò con Micol giorno e notte se necessario, troverò tutto quello che serve per la mia cura affinché possa sempre curare lei.
"Tutto bene?". Mi guarda aggrottando la fronte.
"S-si, certo", distolgo lo sguardo. Le ho mentito per tanti anni e, ad un certo punto, era diventato quasi facile farlo. Ora non più, ora mi sento tremendamente in colpa ma mi ripeto che è meglio così, che nelle sue condizioni non deve preoccuparsi di nulla.
"Sicuro?". Accarezza il mio viso, il senso di colpa aumenta. La stringo a me, nascondendo il viso nell'incavo del suo collo.
"Sicuro", annuso il suo profumo, la mia vera dipendenza.
Non dice nulla ma qualcosa mi suggerisce che ha solo deciso, per ora, di accettare le mie bugie.Angolo autrice.
Ovviamente dopo una bella notizia come quella della gravidanza di Sophia, non poteva filare tutto liscio. Dai vostri commenti ho letto che siete molto preoccupate per il suo cuore, ma a quanto pare non è solo per lei che dovrete preoccuparvi. 😂 XX.
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La cura [H.S.]
Fanfiction"Mi stai curando". "Forse è il contrario". Così vicini eppure così lontani. Da oltre dieci anni, Sophia e Alexander condividono lo stesso condominio e l'odio che i loro rispettivi genitori covano l'uno nei confronti dell'altro. Un segreto, un errore...