Capitolo 19

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Mancano pochi giorni al ballo di primavera e, a scuola non si fa che parlare d'altro. Come previsto non ho ricevuto alcun invito, e come alcune ragazze parlottavo nei bagni, Alex ci sarà. Da quando frequento questa scuola non ha mai invitato nessuna ragazza, la pescava al momento e con lei andava via a far Dio sa cosa. Ho sempre preferito non pensarci anche quando questa strana forma di interesse nei suoi confronti non esisteva. Alexander mi è sempre piaciuto come persona, anche quando faceva lo stronzo, perché in cuor mio sapevo che quello non era lui, che era diverso o almeno io così lo ricordavo.


Straccio l'ennesimo volantino attaccato al mio armadietto prima di gettarlo nel primo cestino disponibile. L'idea di Eric mi sembra stupida oltre che folle e sono sicura che ne ricaverò solo un'altra umiliazione e non posso permettermelo.
Il telefono squilla quando sono a pochi passi dalla mia aula e come se si fosse sentito chiamato in causa, il nome di Eric appare sullo schermo.
"Dimmi che hai cambiato idea". Lo accolgo sperandolo davvero. Non c'è verso di farlo desistere, è davvero convinto che quella serata potrebbe cambiare qualcosa. Io non voglio illudermi ma forse è la convinzione nel tono del mio amico a spingermi a fare quest'ennesima cazzata per lui.
"Neanche per sogno", trilla. "E a differenza tua, mi sono messo all'opera ed ho ottenuto qualcosa".
"Cosa?". Domando rilasciando un lungo respiro.
"I biglietti", urla e sono sicurissima che abbia preso a saltellare come una gazzella.
"I biglietti?". Sgrano gli occhi. "Ma come hai fatto?".
"Alcuni tuoi compagni di scuola solo facilmente corruttibili".
"Dovresti vergognarti", ridacchio. "Sono molto più piccoli di te".
"Non esagerare", sbuffa. "Abbiamo i biglietti. Questo è l'importante".
"Mh, si", mordo il labbro nervosamente. "Ma io...non sono più così sicura di volerci andare".
"Non fare scherzi", mi ammonisce. "Abbiamo anche scelto il vestito".
Già, sembra che proprio tutto sia pronto. Tranne io. Mi tremano le gambe al sol pensiero di doverlo vedere in compagnia di un'altra o peggio ancora mentre mi prende in giro con i suoi amici. Non potrei sopportarlo, non dopo quella notte dove tutto mi era sembrato possibile.
"Si, lo so", sospiro passandomi le mani fra i capelli.
"Nessun ripensamento Sophia. Venerdì noi andremo a quel ballo".

Quel venerdì, arriva troppo in fretta e io ho già rotto tre paia di collant nel tentativo di infilarle.
"Sei un disastro", sbotta Sara. "Lascia che ti aiuti".
"Non le ho mai messe", piagnucolo. "E mi danno prurito".
"Non toccarle", urla Eric più isterico del solito mentre cerca di domare i suoi capelli con del gel.
"Ci sto provando, credimi", alzo gli occhi al cielo. "Ma mi bloccano la circolazione sanguigna".
"Esagerata", dicono all'unisono. Stasera sembra che si siano entrambi alleati contro di me.
"Sarà una catastrofe questa serata", mi stendo sul letto. Ho chiuso la tenda, non lo faccio mai, ma nonostante questo il mio sguardo cade sempre lì. Dove non dovrebbe.
"No, se ascolterai i miei consigli", dice Eric venendosi a sedere al mio fianco.
"E se mi ignora per tutto il tempo?".
"Avrai passato una dolce serata con il tuo nuovo migliore amico", mi sorride ed io non posso non ricambiare. Eric è davvero dolce, unico.
"Grazie, da sola non avrei mai avuto tanto coraggio".
"Come la scorsa volta?".
"Come la scorsa volta". Confermo.
"Piccioncini, risparmiatevi per dopo. Alex non è qui, ora".
"Ho già detto mille volte che non voglio farlo ingelosire", ripeto.
"Beh, ma se succede, non è poi così male", ammicca Eric scambiandosi un'occhiata complice con Sara.
"Affatto", concorda lei.
Non prevedo nulla di buono da questa serata e, non è neppure iniziata.

Quando arriviamo a scuola, il parcheggio è gremito d'auto e a stento io ed Eric riusciamo a trovare un posto libero per la sua.
Nonostante siamo appena entrati in primavera, fa ancora fresco. Mi stringo nella mia giacca prima di intrecciare il mio braccio a quello di Eric.
Adoro il mio vestito, mi è sempre piaciuto, ma non ho mai avuto modo di indossare qualcosa di così elegante prima d'ora.
È nero, e arriva a metà gamba con una scollatura a v non troppo profonda. È semplice e sono sicura di non dare troppo nell'occhio lì dentro. Non è quello che voglio.
Prendo un lungo respiro prima di sottopormi alla classica foto di coppia. Cerco di sorridere ma sono sicura che Eric sia venuto centomila volte meglio di me.
"Su col morale bimba, non stiamo andando ad un funerale", bisbiglia nel mio orecchio.
"È ancora presto per dirlo", replico seria mentre lui ridacchia.
"Melodrammatica", aggiunge pizzicandomi la guancia. "Ci divertiremo", sembra davvero convinto di questo. Invidio la sua positività, la sua forza. Vorrei averne solo un grammo.
Non appena mettiamo piede nella grande palestra adibita per l'occasione, riconosco subito qualche mio compagno di classe che, come previsto mi guarda sorpreso. Credo che nessuno qui dentro si aspettasse la mia presenza, sopratutto dopo quello che è accaduto lo scorso anno grazie allo stronzo per il quale sono qui.
"Hanno tutti occhi per te", ridacchia Eric.
"Già, nessuno escluso", sospiro. Tutto questo non fa che mettermi ancora più a disagio e temo sul serio, che qualcuno possa capire che Eric non fa parte di questa scuola. Allora si che farò una colossale figura di merda. Un'altra.
"Andiamo a prendere qualcosa da bere". Eric mi trascina verso un angolo della stanza e gliene sono grata. Ho bisogno di allontanare tutti quegli sguardi da me il prima possibile.
Mi fermo al suo fianco aspettando che il mio accompagnatore prenda due analcolici che ci accompagneranno per tutta la serata, mentre con lo sguardo passo in rassegna ogni centimetro di questo posto, ma lui non c'è. Nemmeno l'ombra, ma forse è solo troppo presto.
"Prendi".
"Grazie", gli sorrido iniziando a sorseggiare il mio drink.
"Però...non ricordavo che fossero così noise queste feste".
"Te l'avevo detto". Mormoro passandosi la lingua sulle labbra. "Tutti figli di papà", aggiungo. Odio tutti, credo di avere qualche serio problema con il mondo in generale. Con i rapporti umani per essere precisi.
"E con la puzza sotto al naso".
"Esattamente", annuisco.
"E con parecchi soldi".
"Ah quelli gli escono dal culo".
"E con dei pettorali da far paura".
"Ah guarda...che?". Mi acciglio guardandolo strano.
"Dovrebbero impedirgli di indossare una camicia in un lungo pubblico". I suoi occhi sono puntanti a destra e non appena seguo quella direzione, capisco bene di cosa sta parlando, solo che....sembra che abbia appena perso la facoltà di parola.
"Ecco...ecco io...".
"Balliamo", strilla nel mio orecchio trascinandomi in pista.
Ora che so che lui è qui, l'ansia aumenta, così come la voglia di scappare via da questo posto. Magari con lui, ma è impossibile. Altamente impossibile.

La cura [H.S.]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora