Capitolo 48

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Sono ancora fra le sue braccia quando vedo mio padre avanzare verso di noi come una furia.
E le sue braccia non si muovono di un solo millimetro, almeno fin quando mio padre non parla.
"Toglile le mani di dosso". Non credo di averlo mai visto così.
"Papà lui non stava facendo....".
"Tranquilla", mi dice Alex allontanandosi di un passo. "Come vedi, è ancora sana e salva", serra la mascella rivolgendosi a mio padre.
"Sophia vieni qui", ordina mio padre.
"Ma che stai dicendo?". Sbotto.
"Ti ho detto mille volte di starle lontana", mi ignora urlando contro Alex. Non mi piace il modo in cui lo sta trattando, non mi piace affatto.
"Qual'è il tuo problema?". Stavolta urlo io, Alex non ha risposto ma dal suo sguardo, credo stia per esplodere.
"Non ora, Sophia", mi liquida con un cenno della mano continuando a trucidare con lo sguardo quello che un tempo era il mio migliore amico e il bambino che frequentava giorno e notte casa nostra.
"Non ora?". Sbuffo una risata amara. "In ogni caso quello che io ed Alex facciamo non sono affari tuoi".
"Certo che lo sono", avanza nella mia direzione e d'istinto mi aggrappo al braccio di Alex. Non ho paura di mio padre, ma ora come ora, non voglio neppure vederlo. "E lui lo sa bene". Sento che Alex si irrigidisce, le sue mani strette a pugno lungo i fianchi.
"Le tue bugie non reggeranno ancora a lungo, papà", sputo. "Non sono così stupida".
"Di cosa stai parlando?". Si acciglia. Vorrei dirgli tutto ma quando guardo Alex qualcosa mi suggerisce di non farlo.
"Lascia perdere".
"Vieni con me, non sapevamo neppure che fossi uscita stasera. Siamo rimasti fuori casa". Cambia argomento in mezzo secondo e so che gli conviene. Apro la borsetta estraendo la chiavi di casa.
"Torno a piedi", gliele lancio e cadono ai suoi piedi.
"Non fare la bambina e vieni via con...".
"Ti ho già detto che...".
"Vai con lui", mi blocco. "Lasciaci soli Tom", dice a mio padre che dopo averlo trucidato con lo sguardo, si allontana avvicinandosi alla sua auto.
Guardo Alex e vorrei mille risposte che so non mi darà. Ci siamo appena baciati per la terza volta ed è stato diverso. Completamente diverso, eppure lui ora vuole che me ne vada.
"È l'unica soluzione". Dice dopo qualche secondo. Sento i suoi occhi addosso mentre guardo le mie scarpe. "Sophia", con due dita solleva il mio mento. Io non voglio andarmene. "Ascoltami", poggia la sua fronte contro la mia. "Non posso fare quello che voglio", sussurra guardando le mie labbra. "Non sempre almeno".
"Voglio solo sapere...".
"Lo so", chiudo gli occhi quando accarezza il mio viso. "So quello che senti, so la rabbia che ti porti dentro", li riapro incontrando i suoi, così belli e sinceri come non mai.
"Un altro ballo rovinato", accenno un sorriso per quanto possa riuscirci. "E..anche il regalo".
"Credo che....", pressa le labbra fra loro come se volesse dirlo ma non ci riesce.
"Cosa credi?". Domando con un fil di voce.
"Che tutto si possa aggiustare". Sposta una ciocca di capelli dal mio viso.
"Anche noi?". Un piccolo sorriso increspa il suo viso.
"Dovresti prepararmi una torta".
"Eh?".
"Sempre che tu ne sia ancora capace". Scuote il capo. Dio, lo riempirei di baci.
"Alex", urlo. "Mi è venuta un'idea".
"Sentiamo", ridacchia. I suoi occhi sono più luminosi.
"Dovremmo festeggiare il tuo compleanno...io e te, solo io e te".
"Dovremmo", sussurra piano. "Ma non stanotte". Guarda alle mie spalle.
"Quando?". Chiedo speranzosa. Voglio stare con lui.
"Ti chiamo". Si lecca le labbra. "Ora vai", sospira e dopo qualche secondo si allontana.
"Ciao Alex", lo guardo un'ultima volta prima di andarmene.

"Dobbiamo parlare", dice mio padre non appena salgo in macchina.
"Già, di tante cose", alzo gli occhi al cielo.
"Sono serio Sophia, non si tratta più dei vostri capricci ora".
"Dei nostri capricci? Ma di cosa stai parlando?". Urlo stringendo le mani in due pugni.
"Ho bisogno di saperti al sicuro", mi guarda per un attimo prima di riportare l'attenzione sulla strada. "E Alex non deve più girarti intorno".
"Siamo abbastanza grandi da poterlo decidere, ora". Ho una brutta sensazione, l'idea che forse dietro l'allontanamento di Alex possano esserci le persone di cui mi sono sempre fidata.
"Non quando...non quando....Dio Sophia, per una volta puoi fare quello che ti viene detto di fare?".
"No, non quando la nostra famiglia è sorretta da bugie", grido lottando ancora per quelle lacrime che premono per uscire.
"Non farti ingannare da lui". Frena di colpo facendomi balzare in avanti. "Era scattato il rosso, scusami", tanta di sfiorarmi ma mi scanso.
"Semmai, siete voi quelli che mi avete ingannato", scendo dall'auto, incamminandomi verso casa da sola mentre tengo fra le mani l'orlo dell'ennesimo vestito dell'ennesimo ballo andato male, eppure quel bacio e i nostri sguardi, sono stati qualcosa di più di quello che forse non sono mai stati.

La cura [H.S.]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora