Un ultimo tentativo. Tutto passa in secondo piano quando si tratta di lui. E' sempre stato così, ho sempre messo l'orgoglio da parte per Alexander, e ad oggi non è cambiato nulla.
"Grazie, buona giornata".
Dopo un estenuate allenamento da Gin ho caricato il borsone in spalla e ho girato l'intera zona alla ricerca di un negozio che vendesse cornici economiche. Dopo un'ora ci sono riuscita e stamattina, quando quest'idea ha sfiorato la mia mente, non avrei mai immaginato di aggiungere anche qualcos'altro. Una semplice frase incisa per sempre che rappresenta appieno quello che lui è per me.
Esco per strada e come al solito piove. Tornare da Gin è stata la miglior scelta che potessi prendere oggi. Per affrontare il ballo e quindi il compleanno di Alex, devo essere pronta non solo fisicamente ma anche mentalmente. Quando arrivo a casa sono bagnata dalla testa ai piedi, e dopo chissà quanti mesi l'odore di cibo mi accoglie.
"Sophia".
"Mamma", mormoro appena mentre le passo accanto per raggiungere la mia stanza.
"Fra poco la cena è pronta", dice. Dal suo tono sento che ha capito che le cose non vanno fra noi. Entrambi sanno che non mi fido più di loro, che stanno trascurando la famiglia e che questi momenti non torneranno mai più. Eppure, non fanno nulla per recuperare. Vivono nella falsa illusione che io me ne stia con le mani in mano ad ascoltare le loro bugie. Si sbagliano e questo mi conferma quanto poco loro mi conoscano.
Poggio il borsone della palestra a terra per poi passarmi le mani sul viso. Tre ore di allenamento sono troppe e solo ora me ne sto rendendo conto. Tolgo le scarpe quando all'improvviso una forte fitta al petto mi costringe a fermarmi e piegarmi sulle ginocchia.
"Oddio", gracchio con un fil di voce. La fitta dura pochi secondi, meno di cinque ma è stata forte e inaspettata. Deglutisco con ancora la mano sul petto. Mi siedo a terra e chiudo gli occhi. L'ultima volta che ho avuto questi dolori avevo dodici anni ma ormai, a differenza dei miei, so che c'è qualcosa che non va. Non ho ricevuto nessuna chiamata dal dottor Connel ma allo stesso tempo lo preferisco. Voglio una vita normale, lontana dagli ospedali e da quei letti schifosamente bianchi. Solo dopo dieci minuti mi alzo, non dico nulla a mia madre e mi nascondo in bagno per la successiva mezz'ora. Passerà, passerà anche stavolta.
"Ancora", sbotto stracciando l'ennesimo volantino di questo ballo attaccato al mio armadietto.
"Ancora nessun pretendente?".
"Dave", urlo sobbalzando. "Sbuchi ovunque", dico aggrottando la fronte.
"Ciao anche a te", si gratta la nuca e sembra....imbarazzato, ma sicuramente mi sbaglio.
"Che vuoi?". Alzo gli occhi al cielo.
"Dicevo...", prende un colpo di tosse. "Qualcuno ti ha già chiesto di andare al ballo?".
"Eh? No, perchè questa domanda?". Sbuffo una risata.
"Ecco....pensavo che ci andassi con quel tuo amico...Eric?".
"Si, Eric", sospiro. "Ma lui non è di questa scuola".
"Lo so, ma qui nessuno rispetta nulla..quindi, pensavo venissi con lui".
"Non ti seguo", mormoro sempre più confusa. "E comunque no, non verrò al ballo". Non è proprio vero ma ho altri programmi che non racconterò di certo a lui.
"Ah...quindi, non è che...".
"Dave", sobbalziamo entrambi, io per la seconda volta nell'arco di tre minuti.
Me lo procureranno loro un infarto.
"Hey amico, stavo infastidendo un pò il nostro gioco preferito", ridacchia Dave guardando Alex che invece non sembra affatto divertito.
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La cura [H.S.]
Fanfic"Mi stai curando". "Forse è il contrario". Così vicini eppure così lontani. Da oltre dieci anni, Sophia e Alexander condividono lo stesso condominio e l'odio che i loro rispettivi genitori covano l'uno nei confronti dell'altro. Un segreto, un errore...