Capitolo 5

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Guardo i suoi occhi verdi come se fossero il mio unico appiglio, ma so bene che non è così. Al massimo, posso descriverli come l'esatto punto in cui mi trovo primo di cadere nel vuoto, nell'oblio, nell'incognito. Questo è Alex, qualcosa di indefinito, che non riesco a comprendere. Dopo chissà quanto tempo, forse anni, il suo sguardo resta fisso nel mio. Sembra che nessuno dei due voglia arrendersi per primo, ma come già detto, lui mi rende debole e prima che possa parlare di nuovo e fare l'ennesima figura, mi faccio forza sulle mani e mi rimetto in piedi. Almeno fisicamente. Non aggiungo altro, e con il mio vassoio e tanta vergogna me ne torno al mio posto, che non so più qual'è.
"Cos'è questa faccia?". Mi domanda Sara non appena mi vede nascondere la testa fra i gomiti.
"Sono fregata, mi licenzierà. Anzi, non arriverà neanche ad assumermi", piagnucolo di fronte a questa evidente sorte. Dave è uno stronzo, anche Alex lo è. Non mi aiuteranno mai e forse è meglio così. Lavorare nella tana del lupo è una pessima idea e non capisco come non abbia potuto pensare prima all'eventualità di incontrarlo proprio qui. La verità, è che in cuor mio lo sapevo e ci speravo, questo mi ha spinto ad imbattermi in questa grande cazzata.
Una delle tante.
"Ma cosa è successo?". Sono felice che la voce non si sia estesa fin qui, almeno non ancora.
"Son caduta e credo di aver...anzi sono sicura di aver rovesciato un drink sulla maglia di...di un cliente", deglutisco. Per ora, preferisco non raccontare troppi dettagli di me. "E dovrei portarne un altro con meno ghiaccio sempre...a quel tavolo". Ho l'affanno e non sono affatto disposta a ritornare lì.
"Oh tranquilla", sventola le mani per aria. "Non sei la prima e non sarai nemmeno l'ultima cameriera qui dentro a cui capita una cosa simile".
"Davvero?". Certo che è vero, queste sono cose che capitano. Diavolo, siamo umani eppure nel suo sguardo, tutta questa umanità, non l'ho vista. Alex mi odia e non so il perché, non l'ho mai saputo.
"Su, porta questo drink con meno ghiaccio", ridacchia dinanzi alla mia stupida domanda.
"Non puoi...".
"In quel caso ti licenzierebbe sul serio. Spalle dritte e testa alta Sophia, sii degna di questo posto", ammicca facendo segno al mio nome affisso su ogni punto morto di questo locale. Sospiro, cercando di non farmi sopraffare dal panico che già mi sta assalendo da un po'. Porto una mano sul petto, come se questa potesse placare in qualche modo il battere accelerato del mio cuore.
"Ok", borbotto poggiando nuovamente il bicchiere sul vassoio, prima di addentrarmi fra la folla e cercare di proteggerlo con la vita. Stavolta non posso sbagliare, stavolta non posso.
Da lontano, scorgo i suoi ricci che ricadono appena sulle spalle. Li ha tagliati dall'ultima volta che l'ho visto. Gli donano, come tutto d'altronde. Avevo previsto che ora Alex fosse seduto proprio lì, al fianco dei suoi compagni. La parte stupida e quella poco razionale di me, dice che, semmai venissi assunta in questo posto, potrebbe essere una buona occasione per riallacciare i rapporti con lui, o quantomeno, per conoscerlo meglio e per capirci qualcosa. Ma poi c'è l'altra parte, quella che in questo momento se la sta facendo sotto ad ogni passo mancante da lui.
"Ecco, meno ghiaccio", sono soddisfatta del mio tono fermo e deciso, essendo io pessima nel recitare una parte che non mi appartiene. Poggio quel dannato bicchiere sul tavolino, tutti mi guardano, ma non sono sicura che lo stia facendo anche lui.
Non ho controllato e non credo lo farò, almeno fin quando la sua voce bassa e roca, che mi mancava da morire, non si diffonde in ogni angolo del mio cervello.
"Tequila". Resto di sasso per qualche secondo, come se lo avessi sentito parlare ora per la prima volta. Ricordavo la sua voce, ma non la ricordavo così bella e....
"Arriva subito", scuoto il capo commettendo l'errore di guardarlo per mezzo secondo, forse anche meno. Mi stava guardando. Non so il perché, ma questo mi rende quasi più coraggiosa, mi dà forza. Una forza che non dovrebbe provenire da lui, dalla stessa persona che mi ha abbandonato senza un apparente motivo, senza uno straccio di spiegazione. Che mi ha umiliata, fatta piangere e odiare da ogni ragazzo della nostra scuola, eppure è così. Cammino tranquilla fra la folla, non piagnucolo come una bambina mentre Sara prepara la sua tequila. È come se aspettassi questo momento da sempre. Quando torno al suo tavolo, lui è ancora lì. Solo. I suoi amici non sono molto distanti da noi, mentre si godono l'ennesimo spettacolo della serata e mi trovo a chiedermi cosa centrino loro in un posto frequentato prevalentemente da uomini che hanno superato di molto la maggiore età. Chi è il capo qui?
Mi abbasso, le mie dita prendono a tremare mentre appoggio la sua ordinazione sul tavolo facendo stralibare di poco il liquido dal bicchiere. Stacco le dita dal materiale freddo e bagnato e qualche secondo dopo, quasi come se fosse calcolato, le sue dita si poggiano lì dove c'erano le mie. Qualche secondo prima, le avrei sfiorate.
Alzo lo sguardo d'istinto, ma lo abbasso subito con le guance in fiamme e il petto che brucia, quando noto che il suo è poggiato su quella ragazza, quella che balla e non su di me. Il nulla, sono questo per lui. Un bicchiere trasparente che se cade si rompe e che, in quel caso, va gettato e sostituito con un altro. Come ha già fatto. Pochi secondi, devo resistere pochi secondi e poi, potrò andarmene. Non mi guarda e sento un peso sul petto ad ogni passo che compio per allontanarmi da lui. Non dovrebbe essere così, non dovrebbe essere più così. Lascio il vassoio sul bancone, ho bisogno d'aria, ho la necessità di lasciare questo posto anche solo per qualche minuto. Non so come farò nell'eventualità in cui venissi assunta. Forse lui, eviterebbe di venire in questo posto. Stranamente questa soluzione non mi tranquillizza, anzi. Tiro un sospiro di sollievo quando raggiungo la porta metallizzata che dà sul retro. Le mie orecchie mi ringraziano per il silenzio che finalmente mi avvolge, odio quella musica, odio tutto lì dentro. Sto sbagliando. Mi appoggio sul muretto freddo e rovinato che affaccia sulla strada deserta. E' tardi, a quest'ora dovrei essere a letto a riposare per una nuova giornata scolastica, ma ho bisogno di questi soldi, la mia famiglia ne ha bisogno, anche se non ho ancora capito il perchè. Sbuffo quando l'ormai familiare trillo dei messaggi mi riscuote dai miei pensieri.

La cura [H.S.]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora