Capitolo 25

6.7K 297 33
                                    




Gli occhi di mio padre sono fuoco puro.

"Dove sei stata?". E' la prima volta che mi urla contro e non so che significato dare a questo, se non per il fatto che sia praticamente scappata con Alexander.

"A fare un giro", replico entrando in casa, consapevole dell'occhiata omicida che mi ha appena mandato.

"In pigiama", sbotta. Sento i suoi passi dietro di me mentre mi avvicino al frigo per prendere un sorso d'acqua.

"Quindi?".

"Sophia", il suo tono ora è stanco e qualcosa nel modo in cui pronuncia il mio nome, mi spinge a voltarmi nella sua direzione e guardarlo. "Eri con Alexander?".

"Perchè tutto questo casino per nulla, papà?". Alzo le braccia al cielo. "Si, ero con Alexander. Qual'è il problema?".

"Ti avrò detto un centinaio di volte che non devi frequentare qual ragazzo".

"Certo, quello che però ti sei dimenticato di dirmi, è il perchè?".

"Abbiamo avuto dei problemi in passato con la sua famiglia. Cose fra adulti..", distoglie lo sguardo.

"E noi cosa centriamo con voi? Perchè io e Alex non possiamo neppure guardarci?". Urlo.

"Non mi pare che lui abbia fatto tutte queste storie per te", serra la mascella fregandosi il mio bicchiere. La sua risposta, in qualche modo, mi ha ferita. So che ha ragione, quello che ha detto è vero. Ultimamente però le cose sono cambiate. Un tempo Alex non avrebbe speso neppure un minuto con me, figuriamoci un'ora intera.

"Cosa ne sai tu?". Mi metto sulla difensiva. Vorrei urlargli contro tutte le volte in cui io e Alex abbiamo passato del tempo insieme solo questo mese, ma non posso. Mi ucciderei con le mie mani, e so che mio padre farebbe di tutto per impedirmi di vederlo ancora. Inoltre, Alexander sembra lasciarsi condizionare un pò troppo facilmente dagli altri quando si tratta di me. Non so quale sia il vero lui, non so se mente agli altri o a me, ma con me, lui è esattamente l'Alex di dieci anni fa. Solo più bello, più alto...più...tutto.

"Non voglio che tu ti illuda bambina mia", sfiora il mio viso, guardandomi come se gli facessi pena. "So che gli volevi molto bene ma oggi Alexander non è più lo stesso bambino di un tempo", deglutisce distogliendo lo sguardo. "La sua vita è diversa dalla tua. La sua famiglia ci odia".

"Perchè ci odia?". Stringo i denti. "Papà dimmi il perchè". Il suo sguardo vacilla, schiude le labbra come se volesse parlare, come se volesse finalmente vuotare il sacco, ma è in quel momento che mia madre arriva e, con un finto colpo di tosse e un'occhiataccia a mio padre, spezza ogni mia speranza.

"Il negozio non si apre da solo, caro", poi guarda me dalla testa ai piedi, rilasciando un lungo respiro. E'sempre più strana, all'apparenza stanca. Il suo bel volto è contornato da occhiaie e mi chiedo se anche il mio aspetto è questo ogni mattina. Mi vergogno se penso al modo in cui Alex ha dovuto vedermi oggi e me ne vado in camera consapevole di non riuscire ad ottenere nulla da mio padre. Non oggi almeno. Non mi arrendo e sono sicura che prima o poi riuscirò a scoprire anche una minima cosa che riguarda la mia e la sua famiglia.

Mancano solo tre mesi alla fine della scuola, eppure a me pare un'eternità. Ho sempre odiato questo posto, per lo più per i ricordi spiacevoli che mi ha fornito fin dal primo giorno in cui ho messo piede qui dentro. Non ho mai avuto l'occasione di farmi qualche amico, un amico vero. Le poche persone che mi rivolgono la parola, lo fanno solo per  motivi scolastici. Mai nessuno che abbia cercato di conoscermi davvero, come se farlo fosse sbagliato, inopportuno, pericoloso. Manca un'ora al suono della campanella e poi finalmente potrò andare a pranzo con Sara ed Eric. Devo ammettere che mi sono mancati molto in questi giorni ed è una sensazione assolutamente nuova per me. Scarabocchio sul libro di geografia sperando che questi ultimi sessanta minuti passino in fretta. Fin dall'inizio di questa giornata, ho notato più volte Dave lanciarmi delle strane occhiate. Sono stata in guardia per tutto il tempo e fino ad ora, non è successo nulla, ma mai dire mai. Continuo a disegnare oggetti non identificati sul mio libro, fin quando non sento qualcosa colpirmi la testa. Mi volto notando una pallina di carta scivolare a terra e Dave fare un cenno nella mia direzione.
"Non scappare dopo scuola". Mima. Mi acciglio e non so che fare, ma al momento mi limito ad annuire. Se avesse voluto farmi un dispetto, non mi avrebbe di certo avvisata, penso. Ma è pur sempre di Dave che stiamo parlando. Non posso star tranquilla. Per la restante parte dell'ora, l'ansia mi mangia viva. Non so cosa aspettarmi e quando la campanella suona e tutti i miei compagni lasciano l'aula, mi torturo i capelli con le dita in attesa che parli. Siamo solo noi e questo non è un bene, non lo è mai stato.
"Ascolta...", sospira avvicinandosi al mio banco con una mano dietro la nuca e l'altra nella tasca dei suoi jeans. "Questi sono tuoi". Poggia sul banco due libri nuovi. Uno di matematica e l'altro di storia.
"No, ti stai sbagliando. Non sono miei".
"Sono nuovi infatti, genio", sbuffa poi si ricompone prendendo un colpo di tosse. "I tuoi li ho rovinati, quindi....te li ho ricomprati".
"Cosa? Perché? Voglio dire....non me lo aspettavo", sbatto le palpebre. Deve essere solo un altro dei suoi soliti scherzi.
"Già, nemmeno io", borbotta. "Prendili e non fare altre domande. Ti serviranno". Dice aggiustandosi lo zaino in spalla.
"Ecco io.....".
"Non dire nulla. Non credo tu debba ringraziare me", fa una smorfia. Mi confonde poi esce dall'aula a passo svelto. Sospiro mettendo i due libri in borsa pur sapendo che quello di matematica l'avevo già ricomprato.

La cura [H.S.]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora