Ho sempre saputo convivere con la solitudine o almeno ho imparato a farlo quando ne sono stata costretta. Le cose in casa vanno sempre peggio, e fra il via vai dei miei genitori in questi giorni, sono arrivata alla conclusione che preferisco la loro assenza perenne. Ho sempre pensato di essere matura per la mia età, autonoma...ma mai come ora.
Butto l'ennesima omelette venuta male. Non do molta importanza alla colazione, ma quando questa diventa l'unico pasto che posso consumare seduta intorno ad un tavolo, lo diventa eccome. La notte passata da Alex è solo un lontano ricordo. Bello ma pur sempre lontano e irripetibile. Sono passati a malapena quindici giorni da allora, gli stessi in cui lui e la sua famiglia sono scomparsi. Sono sicura che sono andati via e quello che, in parte, mi fa sperare in loro ritorno, è la targhetta fuori la porta con ancora scritto il loro cognome. Ricordo che dopo la prima settimana ho pianto, ho temuto il peggio. Ho davvero pensato che lui fosse andato via per sempre senza neppure salutare. Sono persino andata al Sophia. Ero ubriaca e ovviamente Eric non ha potuto far altro che assecondare ancora una volta le mie follie, ma non ho attenuto nulla se non una ramanzina da parte di Sara.
Dave non c'era, Alex non c'era. Entrambi sono scomparsi e mi chiedo come possano diplomarsi fra soli due mesi. Sono preoccupata per lui, ma sopratutto per me stessa dopo aver tentato di baciare, sempre da ubriaca e in una serata diversa da quella trascorsa con Eric, Ben. Odio non avere il controllo di me stessa e ultimamente sta capitando spesso. Ma è solo colpa sua. La settimana scorsa sarei dovuta andare dal mio cardiologo per un controllo, non l'ho fatto e non ho nessuna intenzione di farlo. Sto bene, la box è la mia cura ora. Quello di cui ho bisogno per star bene con me stessa anche se, non funziona al cento per certo, ma non posso di certo permettere che quello stronzo mi tolga anche quello. È l'unica cosa che mi è rimasta.
Sbuffo arrendendomi all'idea di una colazione con i fiocchi, mangiando quello che credo mi sia venuto meglio. Anche se meglio è un eufemismo. Rassetto le ultime cose prima di avviarmi verso la porta di casa consapevole di rivederla a notte fonda."Parker?". Alzo di scatto la testa dal banco.
"Cosa stava facendo?". Chiede il professore mentre cerco di mascherare uno sbadiglio.
"Ehm, nulla io....".
"Vado a dormire", sorride. Sono quasi sul punto di ringraziarlo quando poi continua. "Ma fuori da quest'aula", urla facendo ridacchiare tutti i miei compagni di classe.
"Con piacere", sbotto afferrando il mio zaino.
Percorro i corridoi raggiungendo l'uscita. È l'ultima ora quindi non credo ci sia alcun problema se me ne vado definitivamente. Io ogni caso, non me ne frega un cazzo di quello che pensano. Non ho mai dato una grande importanza alla scuola, ma ho sempre cercato di non combinare guai, almeno fin quando i guai non sono venuti da me facendomi vivere le pene dell'inferno. Tutto questo non mi mancherà affatto e conto le ore che mi separano dalla libertà. Quando ero piccola, immaginavo il liceo come la fase più bella della mia vita. La immaginavamo insieme a dire la verità. Tanti progetti e passioni in comune che sono sfumate via da un giorno all'altro, perché così ci siamo persi. Un giorno eravamo inseparabili, quello dopo separati. Troppo.
Supero il cancello maledicendomi mentalmente per non aver portato con me un ombrello. Sta diluviando. Inizio a correre verso la prima fermata dell'autobus che come al solito non è mai in orario.
Non vedo l'ora di prendere la patente e poter avere una macchina tutta per me. Nonostante i miei genitori mi abbiano chiesto da aiutarli economicamente, dopo il primo mese non mi ha mai più chiesto un solo spicciolo e anche questo è strano. Gli affari al suo negozio non vanno alla grande e l'ho potuto notare in prima persona. Il tempo passa e la pioggia mi entra fin dentro le scarpe.
"Non ci credo", urlo quando sento dei ragazzi parlare di uno sciopero. Non posso essere così sfigata, ma evidentemente è proprio così.
Inizio a camminare verso casa sperando che la distanza si accorci magicamente.
Mancano pochi isolati quando sento un auto strombazzare alle mie spalle, mi volto notando l'ultima persona che speravo di vedere, salutarmi con la mano.
"Certo che sei strana tu", cinguetta dal finestrino mentre è al caldo e asciutta nella sua auto.
"Capita", replico piccata.
"Vuoi un passaggio?". Mi chiedo come non mi abbia ancora mandata a fanculo.
"Sono quasi arrivata". Continuo a camminare e la sua auto con me. È una stalker.
"Non proprio", ridacchia. "Dai sali". Si ferma.
"Grazie, ma non devi preoccuparti per me".
"Alex è tornato?". Le mie orecchie si drizzano.
"Tornato da dove?".
"Dal suo viaggio". Stronza.
"Non sapevo neppure che fosse partito per un viaggio". Scrollo le spalle quando in realtà vorrei spezzare la sua. Dio, sa tutto di lui e mi infastidisce.
"Oh eccolo", afferra il cellulare che non è neanche suonato mentre legge un messaggio. Forse ha la suoneria bassa ma non riesco a crederle ugualmente, tuttavia io resto ferma sotto la pioggia ad aspettare la sua prossima mossa. "È appena arrivato in aeroporto, devo andarlo a prendere", sbuffa alzando gli occhi al cielo.
"Ah", sospiro pesantemente. "Allora non ti rubo altro tempo".
"Ti va di accompagnarmi?". Sorride ancora. Ha una paralisi facciale, non c'è altra spiegazione.
"Non credo sia il caso", ridacchio amaramente.
"Perché no? Hai da fare?".
"Dovrei asciugarmi e...no, non credo sia il caso", ripeto nonostante la gran voglia di scardinare quella portiera e farmi portare in quel dannato aereoporto.
"E chi decide quando è il caso o no? Su, salta. Mi annoio da sola".
"Non sono una buona compagnia e...".
"E che palle", sbuffa. "Lo so che vuoi venire".
Mi porto una mano dietro la nuca prendendo tempo, intanto che la pioggia continua a battere su di me.
"Allora?".
"Ok", rispondo senza averci pensato davvero.

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La cura [H.S.]
Fanfiction"Mi stai curando". "Forse è il contrario". Così vicini eppure così lontani. Da oltre dieci anni, Sophia e Alexander condividono lo stesso condominio e l'odio che i loro rispettivi genitori covano l'uno nei confronti dell'altro. Un segreto, un errore...