Mi odio profondamente. Vorrei avere la forza di mantenere il pugno duro con lui, di comportarmi come lui si comporta con me: ossia da vero stronzo. Tuttavia so esserlo con tutti tranne che con lui, e ancora una volta questo gioca a mia sfavore. Ho freddo e questa casa è effettivamente gelida, ma sopratutto la voglia di stringermi a lui è molto più grande della rabbia che provo. Sono preoccupata per i miei genitori e forse anche questo mi spinge a camminare verso la sua stanza. Alex mi ha sempre trasmesso tanta sicurezza quando eravamo dei bambini e dentro me sento che, almeno questo, non è cambiato. Quando gli sono vicina mi sento al sicuro, come se nulla potesse farmi del male. So che ancora una volta sto mettendo da parte il passato e quello che mi ha fatto, ma con lui non sono mai riuscita ad usare la testa. Questo mi preoccupa, mi spaventa tantissimo e la risposta a questi dubbi ancor di più.
"È qualcosa di grave?".
È steso sul suo letto con le braccia sotto la testa mente fissa il soffitto.
"Nulla che non si possa risolvere", risponde dopo qualche secondo non guardandomi. È come se si aspettasse che lo raggiungessi.
"Posso?". Sono sotto l'arco della porta e mi sento un po' stupida.
"Mi pare di avertelo già detto", alzo gli occhi al cielo anche se non può vedermi.
"Sei sempre molto simpatico, sai?". Domando piccata avvicinandomi al suo letto. Ecco, ora non so esattamente cosa fare.
"Lo so", si volta e mi guarda. "Quella non ti servirà", indica con un cenno del capo la coperta poggiata sulle mie spalle.
"Ho un po' freddo e...".
"Fidati". Dice con espressione seria e qualcosa nel suo sguardo mi fa poggiare la coperta ai piedi del letto.
"Se lo dici tu", scrollo le spalle. "Ehm...dove...".
"Non ti serve molto spazio", si sposta un po', lo guardo male ma anche in questo caso mi ignora alla grande. Stronzo.
"Confermo, sei davvero molto simpatico". Mi metto seduta, poi mi stendo e sono una specie di palo della luce per quanto sono rigida.
"E tu parli troppo". Sento che mi sta guardando ma non controllo. Siamo troppo vicini. "Anche quando dormi", sgrano gli occhi.
"Avrai sentito male e poi, abbiamo dormito insieme solo due volte, una delle quali eri ubriaco", preciso sentendomi quasi soddisfatta per questo.
"Peccato che ho una buona memoria". Ghigna e a quel punto mi volto, e i nostri nasi si sfiorano. Io sussulto, lui sembra fin troppo calmo. È come se lo avesse già calcolato, lui sa sempre tutto.
"A volte", dico sfidandolo con lo sguardo. "Molte cose te le sei dimenticate". Aggiungo. Ci sono momenti in cui mi sento coraggiosa, momenti in cui tiro fuori tutto, e questo sembra essere uno di quelli.
"Questo è quello che pensi tu". Assottiglia lo sguardo.
"È quello che dimostri, Alexander", sussurro il suo nome accompagnandolo lettera dopo lettera.
"Mostro solo quello che voglio, Sophia", lui fa altrettanto e lo fa apposta.
"I ragazzi misteriosi sono passati di moda", mi metto sul lato, ho ancora freddo, questa coperta non mi riscalda affatto e mi chiedo come lui faccia a dormirci.
"Direi di no", sussurra percorrendo ogni difetto del mio viso con lo sguardo. Sono a disagio, ma uno di quei disagi belli che ti fanno venire il mal di stomaco e che paradossalmente adori. Un disagio che parte dal cuore.
"Sei troppo sicuro di te". Dico inclinando di poco la testa.
"Se c'è una cosa di cui sono sicuro ora, è che non sono sicuro di niente", soffia sul mio viso. La sua voce è qualcosa che adorerò sempre, qualcosa in grado di scuotermi da dentro, di rapirmi in modo assoluto. Quando c'è Alex il resto scompare ed ogni giorno ne ho la conferma.
"E di me? Di me sei sicuro?". Non so cosa mi sia passato per la mente nell'esatto momento in cui ho parlato ma non posso negare di essere curiosa. Voglia una risposta, la pretendo.
Sospira e distoglie lo sguardo. "Vuoi misurare la febbre?".
"Sei un codardo Alexander". Non passa un secondo, molto meno che accade qualcosa che non mi sarei aspettata.
"Che hai detto?". Il suo corpo torreggia sul mio, la sua espressione infastidita come non mai, ma è quello che si merita e non mi rimangerò nulla.
"Che sei un codardo", ripeto fissandolo negli occhi. "E ora levati dalle palle". Lo spiego ma è troppo forte. Non mi fa paura, voglio una reazione da lui e se necessario continuerò ad istigarlo. Con gli stronzi bisogna essere stronze, tutto qua.
"Ascoltami bene ragazzina", poggia la fronte contro la mia. Sento il peso del suo corpo sul mio ma non mi dà alcun fastidio. Non ho più freddo anzi ora ho addirittura caldo. Vorrei prenderlo a schiaffi ma vorrei anche bacialo e non è normale. Credo di non esserlo mai stata.
"Sono tutta orecchie uomo vissuto". Mi guarda davvero male e sono seriamente tentata di scoppiargli a ridere in faccia, ma è troppo bello e non vorrei mai che si allontanasse da me, anche se stiamo litigando.
"Evita Sophia", serra la mascella. "Mi hai dato del codardo", sbotta. Sono sicura che se la sia legata al dito.
"Chi fugge dai problemi, lo è", scrollo le spalle cercando di non badare a quanto i nostri corpi siano vicini. Perché lui lo fa, e non se ne frega affatto.
"Pensi di essere un problema?". Ghigna. So qual'è il suo scopo. Quello che non so è se finge o sta dicendo la verità.
"Pensi di sapere tutto su di me?". Ribatto.
"Effettivamente no, sai", avvicina ancora di più il suo viso al mio e i nostri nasi si toccano ancora. "O meglio, non ho mai capito cosa vuoi da me", fa una smorfia. "Parli, parli ma di concreto non dici nulla".
"Sto per darti una testata", presso le labbra fra loro e caccio un urlo quando mi afferra per le mani e mi mette a sedere sulle sue gambe. Dovrebbero inventare un premio per l'incoerenza e regalarglielo.
"Volevo salvaguardare il mio naso", si giustifica leccandosi le labbra. Faccio per scendere dalle sue gambe quando le sue mani mi bloccano dai fianchi, la coperta scivola via e resto solo in canotta e pantaloncini.
"E allora non guardarmi le tette", avvampo quando mi rendo conto di quello che ho detto ma è la verità. Mi stava davvero guardando la tette.
"Non c'è scritto da nessuna parte che non posso", ribatte spavaldo. "Ma stavamo parlando d'altro". Aggiunge puntando i suoi occhi nei miei, per fortuna. "Quindi...cosa hai da dire?".
"Io credo di aver già detto troppo".
"Nulla di concreto". Inclina il capo sospirando pesantemente.
"Non avevi sonno?". Sbuffo.
"Lui lo sa che sei qui?". Si fa serio. I suoi sbalzi d'umore mi fanno girare la testa.
"Lui chi?". Mi acciglio.
"Il tuo ragazzo", sputa. "Sa che sei a letto con me", e per poco non mi strozzo.
"Ben non...".
"Io non lo permetterei", dice quasi arrabbiato, poi poggia una mano sulla mia gamba, scuote il capo e guarda da un'altra parte. "Che vuoi da me, Sophia?". Non ha mai parlarlo così tanto e mi chiedo cosa sia successo stanotte per far accadere ciò.
"Io e Ben...".
"Non ti ho chiesto di lui", ringhia e la sua presa aumenta. "Ti ho chiesto....perché dopo tutti questi anni mi cerchi ancora", e non è mai stato così schietto. So benissimo il perché, so benissimo cosa voglio da lui, quello che non so, è che forse oltre quello, voglio anche altro. E non so come dirglielo.
"Non l'hai capito?", sussurro. Ho una lotta nella mia testa e nel mio cuore. Mi sento coraggiosa ma ho anche paura di sbilanciarmi troppo.
"Chi stai rincorrendo Sophia? Perché quel bambino non esiste più". Il tono duro nasconde una malinconia che non mi sfugge. Qualunque cosa sia successa fra noi voglio recuperarla ma lo so, so che non sarà come prima. So che siamo cambiati, ma non i nostri occhi che si cercano come dieci anni fa.
"Non è quel bambino che voglio, Alex". Sbotto. "Non sono aggrappata al passato", non so perché ma mi sto incazzando. "So bene che nessuno dei due ha più cinque anni. Sto guardando avanti Alexander, come stai facendo anche tu", stringo le mani a pugno. "La sola differenza è che io voglio che tu faccia parte del mio futuro ma non so se per te è lo stesso". Ho il fiatone come se avessi percorso dieci chilometri senza mai fermarmi. "Ti basta? Ora ti è più chiaro il perché ti cerco ancora?". Urlo. Lui è sconvolto. Ha le labbra schiuse e mi fissa completamente paralizzato. Sembra quasi che non respiri. Non ottengo risposta e questo fa più male di qualunque offesa. Scuoto il capo e mi allontano per scendere dalle sue gambe e andare via. Questo sembra riscuoterlo dai suoi pensieri.
"Non andartene", mi afferra dal gomito. Deglutisce mentre accarezza prima il mio braccio e poi la mia schiena. Ha lo sguardo basso e l'altra mano ancora ferma sul mio ginocchio trema. "Non andare", sussurra ancora anche se non riesce a guardarmi. Il suo respiro è pesante, sembra così debole, così vulnerabile in questo momento ma non lo è mai stato. Sono incazzata ma questo mi destabilizza, mi confonde.
"Che hai?". Dico e non posso fare a meno di poggiare la mia mano sulla sua. Siamo questo, costruiamo e distruggiamo, poi creiamo ancora ed io non posso dire di no, non posso allontanarmi perché non è questo quello che voglio.
"N-niente", alza il capo, i lineamenti sono tesi ma ho l'opportunità di vederli addolcirsi quando finalmente incrocia i miei occhi ed è come se non fosse passato un solo giorno. Come se davanti a me avessi l'Alex a cui ho voluto sempre bene, l'Alex che ha sempre voluto bene me e l'Alex che avrebbe attraversa mari e monti pur di stare insieme, sempre. Ci guardiamo e l'unica cosa che voglio è perdermi fra le sue braccia. Braccia forti e responsabili che so, mi terranno al sicuro da tutto anche se non lo dice, anche se lo nega. Ma gli occhi parlano e i nostri in questo momento stanno urlando. Alzo la mano accarezzando la sua guancia con appena un accenno di barba. Sto per cedere e lo sta facendo anche lui. Sussulto quando mi attira più vicino a se e poggia la fronte contro la mia. Chiede gli occhi, prende dei lunghi respiri come se stesse cercando di calmarsi e so che il suo cuore batte all'impazzata quando mi stringe così forte da far unire i nostri petti.
"Alex", sussurro.
"Ti prego", stride fra i denti. Una smorfia di dolore sul viso mentre mi accarezza la schiena e spinge la fronte contro la mia. "Non dire nulla". Si morde le labbra e tiene gli occhi serrati. Vorrei fargli mille domande ma questo momento per quanto strano, è magico.
Una volta mi disse che solo io ero in grado di capire i suoi silenzi. Aveva otto anni, Alex è sempre stato un ragazzo molto maturo per la sua età. Per questo non dico nulla e sono felice di essere qui, abbracciata a lui, mentre mi accarezza i capelli come quando eravamo piccoli ma non lo sono più e io questo lo so. Siamo cresciuti, siamo diversi ed oltre questo, è cresciuta anche la mia voglia di stare con lui, di averlo tutto per me in un modo che non avevo previsto. Non so di cosa si tratti, ma se oggi dovessi rispondere alla domanda di mia madre direi si, ho una cotta per Alexander Clark.
È bellissimo, ed è tutto quello che ho sempre voluto. Quello che avevamo era fantastico e quello che potremmo avere ancora di più. Ho paura, paura di sbagliare, di allontanarlo per sempre. Voglio che lui ritorni nella mia vita in qualunque forma, mi basta averlo accanto, al resto penseremo dopo. Non posso negare che lui mi piaccia, non posso negare di provare qualcosa di molto forte ogni volta che mi tocca, non posso negare di essere attratta da lui e di desiderare le sue labbra, sopratutto ora e dopo quel bacio, non penso di essergli indifferente neppure io, ma mi vergogno. Mi sono esposta una volta e non so se quello che è successo accadrà ancora. Io lo aspetto, come sempre. Perché non c'è nessun altro posto in cui vorrei essere se non qui, con lui.
La mia schiena si riempie di brividi non appena sfiora la mia nuca, si sposta e mi guarda. "Hai sonno?".
"Un pò", ammetto. Il mio cuore perde un battito quando le sue mani afferrano il retro delle mie ginocchia per poi sistemarmi sul suo letto. Si stende al mio fianco, ci copre. Viso contro viso. Voglio che mi abbracci di nuovo e come se mi avesse letto nel pensiero, allunga le braccia nella mia direzione. Mi attira a se lasciando le sue mani sulla mia schiena. Il mio naso sfiora il suo petto, alzo il viso e noto che mi sta guardando.
"Solo una". Dice e sorrido. Una sola domanda che non posso sbagliare.
"Tieni a me?". Sbuffa una risata che mi scalda il cuore e non so il perché. Mi guarda poi sposta una ciocca di capelli dal mio viso. Si lecca le labbra prima di poggiarle sul mio naso. Chiudo gli occhi ammaliata dalla dolcezza dei suoi gesti, dalla sua mano che alza la coperta sulle mie spalle, dal suo profumo. Ho ancora gli occhi chiusi quando sento le sue labbra sfiorare le mie mentre parla.
"Poco Sophia". Sussurra sfiorandole ancora. "Davvero poco". Sospira, io non apro i miei occhi.
"Bugiardo", sussurro e sento ancora le sue labbra vicine.
"Molto Sophia. Davvero molto".So che lui c'è. Il mio corpo e la mia anima percepiscono la sua presenza e potrei restare così per sempre. Si sta bene. Il suo braccio avvolge la mia vita e le sue dita solleticano il mio ventre. Credo sia sveglio, anche se pensare che accarezzarmi gli venga spontaneo mi piace molto come idea. Schiudo gli occhi e la prima cosa che vedo è il canestro che ha attaccato alla sua porta. Mi viene da sorridere. Vincevo sempre o forse era lui che fingeva di perdere. Sbadiglio e quando noto che la sua mano si blocca capisco che è sveglio già da un pezzo. Tutta la tranquillità con la quale mi sono svegliata sta sparendo. Ho paura che abbia già dimenticato tutto o comunque che finga non sia successo niente. Non dimenticherò mai il modo in cui mi ha stretto a se questa notte a prescindere da quello che dirà.
Sento il suo respiro sul collo, sfioro con le dita le sue e a dispetto di quello che temevo mi lascia fare, non si scansa. Sta per incrociarle alle mie quando la porta della sua stanza si spalanca e Lydia-sua madre- entra.
"Alex dove...ragazzi". Spalanca gli occhi. D'istinto mi metto a sedere a differenza di Alex che solo dopo essersi stiracchiato lo fa e non sembra affatto felice della visita di sua madre. "Alexander, cosa ci fa lei qui?". Urla e non mi guarda neppure. È come se mi avessero tirato uno schiaffo. Un tempo, la stessa donna che in questo momento finge di avere davanti a se una delle scopate di suo figlio, mi dava da mangiare e mi rimboccava le coperte quando andavo in campeggio con la sua famiglia. Tutto questo, un tempo.
"Mi pare di essere stato chiaro", il tono di Alex mette i brividi. Neppure a me ha mai parlato in questo tono. "Bussa la prossima volta", con la coda dell'occhio noto lo sguardo che riserva a sua madre ed è strano, avevano un buon rapporto.
"Deve tornarsene a casa se non vuoi che i Parker vengano a prendersela con la forza". La mascella di Alex si irrigidisce, producendo uno strano rumore di denti che si scontrano fra di loro.
"Alex, forse è meglio che....", tento.
"No", mi guarda brusco. "E tu esci, non è un tuo problema", si rivolge a Lydia che dopo avermi lanciato un'occhiataccia se ne va chiudendo con un tonfo la porta alle sue spalle. Non so che dire e non faccio nulla. Alex si passa le mani sul viso, è davvero incazzato e so che avrebbe voglia di spaccare tutto. Conosco la sensazione.
"Hai mai pensato alla boxe?".
"Eh?". Inarca un sopracciglio.
"Non risolve tutto, ma calma un po'".
"Sei un'esperta", osserva mordicchiandosi il labbro.
"Abbastanza", sospiro. "Comunque, credo sia meglio andare", scosto la coperta del mio corpo ed è lì che il suo sguardo cade per una frazione di secondi.
"Ti senti meglio?". Dice di punto in bianco. Sinceramente non so se gliene importi davvero, ma Alexander non è di certo uno che si perde in convenevoli inutili.
"Un pò". Credo di avere ancora qualche linea di febbre ma sicuramente sto meglio rispetto a ieri. "Grazie per....per avermi ospitata", mi acciglio per la mia frase ridicola, ma con Alex mi succede sempre questo infondo.
"Ti accompagno". Si alza e il mio cipiglio aumenta a dismisura.
"Quanta galanteria".
"Ti sto solo salvando da mia madre", mi guarda male.
"Che illusa", ridacchio e scorgo l'ombra di un sorriso sul suo viso. Si avvicina e quando si abbassa all'altezza del mio viso sono sicura di essermi ammalata di nuovo. Ho caldo, troppo caldo.
"In quel caso", sussurra al mio orecchio. "Saresti ancora lì", con un cenno del capo indica il suo letto e avvampo alla velocità della luce quando colgo il suo riferimento.
"Io...io..."
"Lo so", mi da uno sbuffetto sul naso ed io prontamente, nonostante la fase di ebollizione, gli schiaffeggio la mano.
"Idiota", sbuffo e lui ride. Credo mi sia mancato anche questo. "Ora, vado sul serio". Mi volto per aprire la porta della sua stanza, usciamo poi mi afferra per il gomito.
"Hai fame?". Quando lo guardo noto l'incertezza nei suoi occhi e mi sciolgo come neve al sole all'idea che non voglia che io vada via.
Stavolta non mi sto illudendo e sto per urlare un gigantesco si, quando un'altra voce e che purtroppo conosco bene, mi precede.Angolo autrice.
Ovviamente Sophia ha accettato l'invito di Alex, ha fatto bene secondo voi? Chi sarà questa misteriosa voce?
A domenica XX.
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La cura [H.S.]
Fanfic"Mi stai curando". "Forse è il contrario". Così vicini eppure così lontani. Da oltre dieci anni, Sophia e Alexander condividono lo stesso condominio e l'odio che i loro rispettivi genitori covano l'uno nei confronti dell'altro. Un segreto, un errore...