Capitolo 88

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Il suono della sveglia mi distrugge i timpani, facendomi voltare a pancia in giù, con la faccia affondata nel cuscino.
Un cuscino che non odora dello stesso ammorbidente che usa mamma, al quale mi sono abituata da più di una settimana.

Sorrido, con i denti attaccati alla stoffa sulla mia faccia, ricordandomi della serata -e nottata- precedente.

Non avrei mai pensato di poter risolvere le cose con Dylan in modo così veloce. Ci ho sperato, però.
In realtà, non mi aspettavo nemmeno che scoppiassi così pateticamente a piangere né che gli potessi dire tutte quelle cose, sulle quali ho avuto molto tempo per riflettere.

Mi volto nuovamente, spegnendo la sveglia, per poi ruotare la testa a sinistra, dove un meraviglioso Dylan Anderson sereno e addormentato è sdraiato, o meglio dire spappolato, con la testa rivolta verso di me e una mano sulla faccia.

Sorrido e gli lascio un bacio sulla tempia, l'unica cosa scoperta del suo viso, per poi alzarmi lentamente dal letto, riposata e tranquilla.
Non dormivo così bene da settimane.

Non appena mi alzo in piedi, un fortissimo senso di nausea mi pervade. Sento un calore acido salire su per lo stomaco, per poi immagazzinarsi velocemente su per la gola.
Ci risiamo.

Corro in bagno, affaticata per lo sforzo, faccio in tempo ad accasciarmi sul water e appoggiare le mani sul bordo della tazza bianca, per poi rimettere la cena di ieri sera.

<<Che schifo.>> borbotto, riprendendomi.
Tiro lo sciacquone e mi lavo il viso con dell'acqua fredda, cercando di scacciare il calore sottopelle che mi fa rizzare i peli.

Non ne posso più di questa nausea. Ma quando finisce?
Entro velocemente nella doccia, legando i capelli in una piccola crocchia per evitare di bagnarli. Mi lavo, mi asciugo e corro a vestirmi, il tutto cercando di non fare casino per non svegliare Dylan: sono solo le otto del mattino.

Tiro fuori una sua felpa leggera e dei leggings, infilo le Vans e sono pronta.
Pettino i capelli e lavo velocemente i denti, per poi prendere lo zaino e dirigermi in cucina a mangiare qualcosa.

Ho una fame che potrei mangiarmi anche l'intera cucina.
Mi preparo una tazza di latte, una brioche e dei cereali, per poi rubare all'ultimo minuto i pochi biscotti rimasti nel sacchetto sul mobile.

<<Hol?>> sento urlare.
Mi volto, seguendo la voce di Dylan proveniente dalla camera da letto.
Raggiungo la porta e mi appoggio al legno dello stipite.

<<Che succede?>> chiedo.
Lo vedo sorridere, mentre si alza dal letto con solo i boxer come pigiama.
<<Quindi non era un sogno.>> mormora. Ridacchio, scuotendo la testa.
Anch'io, per un attimo, ho immaginato che potesse esserlo.

<<Penso proprio di no.>> sorrido, stringendomi nella sua felpa.
Non sorridevo da settimane, quasi mi si è bloccata la mascella, ieri sera, con tutte le risate che ho fatto in sua compagnia.

È stato bello poter parlare con lui come se non fosse successo nulla. Certo, abbiamo fatto le cose con calma, una volta tanto. Siamo andati al cinema, abbiami riso, mangiato pop corn e Dylan, ovviamente, si è messo a litigare con un ragazzo dietro di noi che non stava zitto un secondo. Abbiamo cenato da Ibrahm, il kebabbaro più buono del Bronx, e siamo tornati a casa abbastanza presto.

<<Buongiorno, piccola.>> mormora, abbracciandomi e posandomi un bacio casto sulle labbra.
Sorrido, al suo tocco caldo, che mi mancava da matti, e lui balza in aria come se fosse una madre che si è appena ricordata di aver dimenticato il figlio al supermercato.

<<Cazzo, se non mi muovo arrivi tardi a scuola. Hai mangiato?>> chiede.
Annuisco. <<Non preoccuparti, posso farmi accompagnare da Logan, o Jason. Volevo lasciarti dormire.>>
Scuote la testa. <<Non diciamo stronzate! Ti ci accompagno io, a scuola.>> sorride come un bambino, lasciandomi un bacio sulla testa, per poi andare a vestirsi.

𝐋𝐈𝐅𝐄𝐋𝐈𝐍𝐄. (IN REVISIONE)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora