Capitolo 45

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<<Oh, dai, mi dici dove mi stai portando?>> Lo prego, mentre ci fermiamo ad un semaforo.
Lui ridacchia, scuotendo la testa divertito.
<<È una sorpresa, Hol. Lo vedrai tra poco.>> Sorride.
Il suo è un sorriso contagioso, perché, inevitabilmente, sorrido anch'io con lui, nonostante l'ansia e la curiosità mi stiano divorando l'intestino.

Mi piace questa situazione, però. Lui che mi fa le sorprese, che è dolcioso con me e che è premuroso.
Piano piano, sento che il vero Dylan Anderson sta uscendo fuori da quella corazza di rabbia e tatuaggi.

Poco tempo dopo ci ritroviamo nel centro di Manhattan.
Lo guardo, con gli occhi sgranati e un sorriso gigante.
Lui mi lancia un'occhiata veloce, facendomi l'occhiolino e un sorrisetto furbo.
Sospiro, ridacchiando.
Mi torturo le dita delle mani, mordicchiandomi le unghie e osservando la città piena di luci di sera.
Manhattan, con il buio, è ancora meglio della Manhattan soleggiata. Le luci dei grattacieli illuminano e colorano tutt'intorno e il traffico scorre.

Quando ormai ho la faccia letteralmente spiaccicata sul finestrino, Dylan parcheggia accanto al marciapiede, esattamente di fronte ad un piccolo ristorante dall'aria rustica e non troppo elegante.

Lo guardo.
<< Com'è possibile che ogni volta che usciamo c'è del cibo? Stai complottando, per caso?>> Ridacchio, mentre apro la portiera, in contemporanea con Dylan.
<< Dai, lo so che ci stai prendendo la mano a mangiare, Hol.>> Mi fa l'occhiolino, posandomi un braccio intorno alle spalle.

<<Ma stasera devo farti incontrare una persona.>> Sussurra, abbassandosi per arrivare al mio orecchio con le labbra.
Mi volto verso di lui, alzando il viso, con gli occhi sgranati.
<<Chi?>>
Lui ghigna, scuotendo la testa.
<<Vedrai tra poco.>> Mormora, lasciandomi un piccolo bacio sulle labbra.

L'ansia mi invade i polmoni.
<<Oddio, non dovremmo cenare con la tua famiglia?>> Esclamo, nel panico.
Lui mi guarda, con un sopracciglio alzato.
<<Insomma, sono favolose, sia tua madre che tua sorella, davvero. Ma non sono pronta per tutto ciò! Lo sai anche tu che io e il cib–>> mi interrompe, ridacchiando.
<<Calma, tornado.>>

Faccio un respiro.
<<Non c'è né mia madre, né mia sorella. Siamo io, te e una persona che incontreremo tra pochi minuti. Devi vedere con i tuoi occhi il motivo della mia uscita di questa mattina. Fidati di me, piccola.>> Mormora.
Annuisco ed entriamo nel locale.

Sinceramente non so cosa pensare. Non ho idea di chi possa essere, ne tantomeno il perché dobbiamo incontrare questa persona, però lo seguo, mentre ci andiamo a sedere in un tavolo da quattro posti, nel centro del locale.
È un posto carino, dalle pareti piene di quadri astratti dai toni del nero, rosso e marroncino, il parquet color legno e il bancone nero del piccolo bar in fondo.

<<Mi stai facendo venire l'ansia.>> Borbotto.
Lui sorride, alla mia sinistra, stringendomi la mano.

Poso la testa sulla sua spalla, prima di essere interrotti da una voce maschile.
<<Eccomi. Scusa il ritardo. Insomma, chi dovevi farmi–?>>

Una voce maschile che non sentivo da anni, che si rivolge a Dylan, prima di bloccarsi, perché il biondo dagli occhi scuri qui di fronte a me posa lo sguardo su di me, che alzo di scatto la testa, osservandolo stupita.

<<Holland.>> Sussurra.

Mi alzo, con gli occhi lucidi. <<Oh, mio Dio.>> Mormoro.
Hero mi abbraccia e io affondo la faccia nella sua camicia sbottonata sul collo.
<<Credevo fossi morto!>> Mormoro, stringendolo a me.

Le sue mani mi accarezzano le scapole, per poi spostarmi più indietro e guardarmi negli occhi, due occhi così simili ai miei, grandi e color cioccolato.

𝐋𝐈𝐅𝐄𝐋𝐈𝐍𝐄. (IN REVISIONE)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora