Capitolo 68

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<<Signorina Stevens, non vorrei dirglielo, ma devo. >> Osservo il dottore di fronte a me, mentre mi guarda con uno sguardo serio, mi parla con un tono professionale e si gratta il pizzetto sfumato di grigio.
Trattengo il respiro.
<<È un anno e mezzo che sua madre è in cura con la chemioterapia, dopo un processo di circa quattro mesi nel quale nessuno l'ha assistita, da quanto riportato da suo fratello.>> Borbotta.

Insomma, ma non può dirlo e basta?

Stringo con le dita sottili la mano calda e grossa di Hero, entrambi concentrati sul dottor Foster.

<<Beh, il signor Jones l'avrà già informata che quest'operazione sarebbe stata l'ultima spiaggia, l'ultimo tentativo per cercare di ridurre il cancro e poi sconfiggerlo definitiva con qualche altra settimana di terapia più leggera.>> Dice, al che annuisco.
Mi fa un cenno, sospirando.

<<L'operazione è andata bene.>> Annuncia.
Rilascio un sospiro di sollievo, appoggiando la fronte sul bicipite di Hero.

<<Purtroppo, però, a sua madre resta si e no un mese di vita.>> Aggiunge.

Le lacrime mi riempiono gli occhi, appena alzo di scatto la testa per osservare il medico, la cui faccia è totalmente diversa.
I suoi occhi sono blu, i capelli biondi, la pelle chiara e le labbra carnose, stirate in un ghigno sfortunatamente famigliare.

L'odio nei suoi occhi brilla come una lampadina LED e le mie gambe tremano.
<<E la prossima sei tu, Holland.>>

Mi sveglio di scatto, completamente sudata ed emettendo un urlo acuto, che quasi mi soffoca.

Il mio petto si alza e si abbassa ad una velocità disumana, tant'è che i polmoni iniziano a farmi male.
Mi porto le mani sulla testa, che gira e pulsa come un'astronave in movimento.

Mi strofino gli occhi con le mani e la mia pelle, al tatto, è bagnata e appiccicaticcia.
Le lacrime si sono mischiate con il sudore.

L'aver sognato il medico, che mi comunica del poco tempo rimasto a mia madre, non è una novità.
Ormai quelle parole mi rimbombano nella testa ogni volta che permetto al mio cervello di pensare liberamente.
In realtà, l'operazione è andata bene, ma nessuno è ancora certo del fatto che mia madre potrà finalmente liberarsi di quel tumore.

Mi volto verso sinistra, trovando il letto vuoto.
Le coperte scostate e il cuscino storto, mentre il lenzuolo è ancora stropicciato e pieno di pieghe per la precedente presenza di Dylan.

Tiro su col naso, tastando il materasso fresco. Segno che non si è alzato da poco
<<Dylan.>> Emetto in un sussurro strozzato.

Con le gambe tremanti, esco da camera nostra e vago nel buio del corridoio.
Guardo l'orologio appeso alla parete, che segna le cinque di mattina.
Ma dov'è finito?
E dove sono tutti?
Guardo nella stanza degli ospiti, ma non c'è traccia né di Lorraine né di Roxanne.

Corro in salotto, accendendo tutte le luci, chiamando ad alta voce ogni membro della famiglia Anderson, senza ricevere nessuna risposta.
Possibile che non ci sia nessuno?

Sospiro, andando in cucina a bere un po' d'acqua.
Devo calmarmi.
Il cuore mi batte ancora fortissimo, come se potesse esplodere tra pochi secondi.

Mi appoggio al marmo della cucina, facendo qualche sorso d'acqua ghiacciata e cercando di ignorare il freddo che mi avvolge il corpo, coperto solo da una maglia di Dylan.

Vado in bagno e faccio pipì, per poi lavarmi mani e viso.
Mi guardo allo specchio.
Le mie occhiaie toccano terra, la pelle del colore del riso e i capelli biondo scuro che sembrano un nido d'uccelli.

𝐋𝐈𝐅𝐄𝐋𝐈𝐍𝐄. (IN REVISIONE)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora