Capitolo 66

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DYLAN

Parcheggio la macchina di fronte all'edificio diroccato che la gang utilizza come "base", anche se la definizione migliore per una catapecchia del genere dovrebbe essere "covo", che potrebbe benissimo essere abitato da malati di ebola o drogati in fin di vita.

Faccio una smorfia, spalancando la porta, per poi procedere a passo spedito attraverso i corridoi sudici, evitando accuratamente le siringhe e le bottiglie vuote.

Arrivo di fronte alla porta della stanza in cui Brandon, solitamente, si ritrova con i membri più fidati della gang, luogo che utilizza come ufficio e nel quale ho fatto la cazzata di portare Holly, qualche mese fa.

Blue, appoggiato al muro accanto, ghigna, non appena mi vede.
<<Anderson, pensavamo ti fossi perso.>> Sghignazza.
Apre la porta e mi fa passare.
<<Buon divertimento, bastardo.>> Sussurra, mentre oltrepasso la soglia.
Mi astengo dal lanciargli un'occhiataccia, solo perché ho fretta di andarmene da qui e raggiungere Holly.

<<Dylan Anderson! Ma quale onore.>> Brandon, dietro il tavolo da biliardo, allarga le braccia.
Ha un ghigno malefico stampato in viso, ma lo so che sotto è incazzato.

<<Siediti pure. Un po' di whisky? Birra?>> Propone.
Faccio una smorfia.
Chissà quanta merda ci infila dentro quelle bottiglie.
<<No. Resto qui. Facciamo in fretta.>> Rispondo, atono, osservandolo, in piedi al centro della stanza.

La sua espressione si indurisce.

I due uomini, che poco prima non avevo nemmeno notato, si staccano dal biliardo e si siedono sul divanetto nel lato sinistro della stanza.

<<Anderson. Quante volte ti ho detto, ricordato e ridetto che, qui dentro, la fiducia è quello che ti serve per restare vivo?>> Sibila, stringendo la stecca tra le mani.

<<Sei qui per ripagare il debito di tuo fratello, mentre lui è in prigione. Ti ho detto, fin da quando sei entrato in questa gang, che un minimo sgarro avrà le sue dovute conseguenze. Quel bastardo di tuo fratello non ha ancora avuto quello che si meritava, eppure avevo deciso di chiudere un occhio per te, che ti sei offerto di ripagare il debito.>> Sbraita, iniziando ad alterarsi sempre di più.

<<E ora scopro che quel figlio di puttana di Ryan è uscito di prigione!>> Sbraita, alzando la voce.
<<E tu lo stai tenendo nascosto, a me!>> Urla, lanciando via la stecca da biliardo, che finisce contro al muro, staccando un pezzo di intonaco vecchio.

<<È così, o non è così, Anderson?>> Chiede, appoggiando le mani sul tavolo da biliardo.

Negare o ammettere la verità?
A quanto pare, nessuna delle due, perché Brandon continua imperterrito a sbraitare.
<<Sono settimane che ti sto facendo tenere d'occhio. Ho anche chiamato gli Eagles.>> Sputa, gesticolando, mentre mi si avvicina.

<<Diciamo che non sei molto furbo, caro piccolo Anderson. Della stessa pasta di quel bastardo di tuo fratello, vedo.>> Mi afferra la maglia. Nonostante sia parecchio più basso di me, crede di potermi spaventare.
Stringo i pugni fino a farmi male alle nocche, respirando profondamente.
Non posso colpirlo, o succederà un pandemonio.

<<Hai mandato Ryan dalla tua amica biondina? Com'è che si chiama?>> Sorride, sghembo.
<<Non è male, sai.>> Continua, facendomi incazzare.

Lo afferro per la giacca e ribalto la situazione, scaraventandolo contro il muro.

<<Non provare a toccarla, stronzo.>> Sibilo, a pochi centimetri dal suo viso.

Brandon ride, prendendomi probabilmente per il culo.
<<Lo sapevo che c'era qualcosa. Era strano che te la portassi sempre dietro.>> Mi schernisce e io grugnisco, spingendolo ancora di più contro la parete.

𝐋𝐈𝐅𝐄𝐋𝐈𝐍𝐄. (IN REVISIONE)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora