Frammento: prima dello scontro

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Elisabeth

Il pungente freddo di questa disastrosa sera di dicembre mi morde la pelle, ricoprendomi di brividi da capo a piedi.

Rilascio un suono a metà tra un sospiro ed un lamento, quando finalmente scorgo l'auto di Noah posteggiata all'angolo dell'immenso parcheggio che fronteggia il The Sin's club.

L'idea che lui sia rimasto qui, per me, aspettandomi senza alcuna esitazione sembra scaldare quel blocco di ghiaccio nel quale si è trasformato il mio petto.

Lui è tornato, ma forse non è tornato per te.

Le parole di Derek rimbombano nella mia testa come un'oscura melodia che tento di scacciare serrando le palpebre.

Salgo in auto e sbatto la portiera con un tonfo sordo mentre tento in fretta di asciugare una lacrima solitaria che è rotolata giù lungo la mia guancia.

Con timore, mi volto verso Noah, pronta a fronteggiare il suo sguardo carico di rimprovero e rassegnazione.

Ma quando lo guardo tutto ciò che scorgo dipinto sul suo viso è preoccupazione e qualcos'altro, qualcosa che ho paura anche solo a definire.

"Scusa." Sussurro, fissando un punto indistinto del parabrezza mentre tento di trattenere le lacrime che mi riempiono gli occhi.

Pochi attimi dopo, sento la pelle di Noah contro la mia: la sua calda e grande mano scatta verso le mie dita.
Osservo i nostri palmi incontrarsi in un gesto che sa di sostegno, di amicizia, sa di Noah.

"Non devi scusarti con me Beth." Mi rassicura dolcemente. "Ma dovresti farlo con te stessa" Dice, rafforzando la presa sulla mia mano. "Devi capire che non sono io la persona alla quale devi spiegazioni, ma sei tu. Solo tu."

È solo quando le sue parole giungono alle mie orecchie e vengono registrate dal mio cervello che in me scatta qualcosa.

Dio, lui ha ragione.
Noah ha assolutamente ragione.
Non voglio stare qui a commiserarmi, non posso.
Non devo aspettare che sia Jacob a darmi spiegazioni all'ennesimo dei suoi assurdi comportamenti.

Sono io a meritarle.
Sono io a doverle pretendere.
Per me stessa.

Mi raddrizzo di colpo sul sedile e, sciogliendo la presa dalla mano di Noah, passo i polpastrelli sotto gli occhi così da scacciare via i residui di mascara ormai sbavato.

"Hai maledettamente ragione." Ribatto con voce ferma. "Ecco perché ti chiedo solo un'ultima cosa."
Dico a Noah senza esitare.
"Devi accompagnarmi in un altro posto soltanto." Mi blocco e prendo fiato. "E dopo, solo dopo, ce ne torneremo a casa."
•••

𝗛𝗨𝗥𝗥𝗜𝗖𝗔𝗡𝗘. 𝗧𝗨 𝗦𝗘𝗜 𝗟'𝗜𝗡𝗔𝗦𝗣𝗘𝗧𝗧𝗔𝗧𝗢Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora