Una fine

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"Non posso vivere con te, nè senza di te."
(Ovidio)
•••
Elisabeth

Non so più come si respira.

Forse ho qualcosa che non va, forse c'è qualcosa di incastrato tra il mio petto e la mia gola che mi impedisce di prendere aria, mi blocca i polmoni.

Eppure respirare dovrebbe essere così facile: il petto si alza e si abbassa, l'aria entra ed esce.

Però non ci riesco.

C'è solo questo freddo che mi attanaglia le ossa, mi stringe il cuore in un pugno d'acciaio e mi priva di ogni briciolo di energia.

Non sto piangendo, mi rassicuro.

Non sto affatto piangendo, mi ripeto portando una mano al viso, sfregando con forza una lacrima solitaria che sta rotolando sulla mia guancia.

Non sento niente e cazzo, non sto piangendo.

Ho bloccato il ricordo dell'ultima mezz'ora della mia vita in qualche posto nel mio cervello.

Mi sono detta che se fossi riuscita ad eliminarlo subito, se avessi provato a fingere di non aver vissuto questa mezz'ora sarei riuscita a stare bene.

Sento il mio viso bagnarsi, la mia stupida pelle continua ad imperlarsi di lacrime traditrici.

"Non sto piangendo." Sussurro a bassa voce per darmi prezioso conforto.

"Elisabeth." Una voce.
"Beth, perfavore." Ancora quella voce. "Beth ti prego, guardami."

Delle calde e grandi mani mi atterrano sulle spalle come due macigni pronti a sotterrarmi.

Torno a percepire ogni cosa.
E tutto riaffiora in superficie.

Le parole di Jeremy, quella verità mai svelata, le sue bugie, la borsa che mi scivola dalle mani, i suoi occhi, le sue bugie, la mia folle corsa fuori dalla villa, le sue urla, ancora le sue bugie.
E poi parole, giustificazioni, spiegazioni, il nome di una certa Natalie mi rimbalza in testa come una molla, una donna, mia madre, la mia vera madre.
Ancora bugie, un incidente, la morte dei miei veri genitori, la colpa di Jeremy.

Prendo una boccata d'aria.

La mia vita è una menzogna.
Jacob Butler è un bugiardo.

"Toglimi le mani di dosso." Lo minaccio con voce ferma mentre mi concedo di guardarlo dritto in faccia.

C'è sempre stato qualcosa in Jacob che ai miei occhi lo rendeva perfetto: alcune volte mi convincevo che si trattasse delle sue labbra, di quelle fossette che spuntavano ai lati della sua bocca ogni volta che sorrideva, altre volte pensavo fossero i suoi occhi, quelle calde screziature di dorato che si mescolavano al verde mi ammaliavano tanto da riuscire a farmi perdere la cognizione dello spazio e del tempo.

Ora lo guardo e vedo un pozzo nero di vuoto: i suoi occhi ricambiano con disperazione il mio sguardo spento, le sue labbra sono tese in una linea dura, le fossette sono sparite mentre con le mani prova a toccarmi, accarezzarmi, tenermi ferma.

Lui è un cumulo di bugie, segreti e tradimenti.

"Giuro che se non mi lasci andare chiamerò la polizia, cazzo." Mi dimeno disperatamente, provando ad allontanare la sua pelle ed il suo odore. "Vi farò arrestare! Farò arrestare te e quello psicopatico di tuo padre!" Sbraito a pieni polmoni, lascio andare l'aria che si condensa in urla furiose e parole sconnesse.

Il contatto tra me e Jacob si interrompe bruscamente.

Mi osserva guardingo, come se fossi una preda terrorizzata pronta a fuggire. "Okay." Ribatte semplicemente, sollevando le mano in aria, con i palmi rivolti verso me. "Okay, non ti toccherò. Ma devi permettermi di spiegare." La sua voce implorante si spezza sull'ultima, fragile parola.

𝗛𝗨𝗥𝗥𝗜𝗖𝗔𝗡𝗘. 𝗧𝗨 𝗦𝗘𝗜 𝗟'𝗜𝗡𝗔𝗦𝗣𝗘𝗧𝗧𝗔𝗧𝗢Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora