Senza fretta

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"Ero ubriaco
delle sue
risate,
del sorriso
dei suoi occhi,
dello splendore
della luna,
e di
rum."
(Atticus)
•••
Elisabeth

L'orologio batte le due del mattino quando la macchina di Noah si ferma di fronte al mio isolato appartamento.

Il motore si spegne con un rombo sommesso e lui si rivolge a me.

"In fin dei conti è stata una serata piacevole, no?" Mi domanda con una certa speranza in quegli occhi color nocciola.

Ripenso al nostro bizzarro ed improvvisato ballo ai piedi delle scale e mi ritrovo a sorridere.

"Non posso negare che la tua compagnia mi faccia bene." Confesso di getto, rivolgendogli un timido sorriso.

Noah mi squadra il viso con gli occhi intrisi di dolcezza.
"Sai che per qualsiasi cosa puoi contare su di me, vero? Io ci sono, Beth." Afferma serio, portando la sua mano sulla mia.

Il contatto con il suo palmo caldo è piacevole e rassicurante al tempo stesso, mi riempie il cuore di calore e gioia.

Per la prima volta dopo anni sento di avere un amico.
Un amico vero.

Reprimo un'improvvisa ondata di emozioni ed annuisco, grata per le sue parole.

"Lo so. Grazie." Sussurro flebilmente nel buio abitacolo della sua auto.

Noah mi osserva per alcuni secondi e poi, con un tocco leggero, si avvicina al mio viso per sistemarmi delicatamente una ciocca capelli dietro l'orecchio.

Batto più volte le palpebre, colta alla sprovvista da questo suo premuroso gesto.

"Buonanotte Beth, fai bei sogni." Sussurra depositando un casto bacio sulla mia guancia.

"A domani, Noah." Sussurro in imbarazzo, incapace di dire altro.

Scendo dall'auto e, con il volto in fiamme, corro verso il mio appartamento.

***

Richiudo la porta di casa alle mie spalle.
Rilascio un tremulo sospiro di sollievo: sono felice che questa serata si sia conclusa.

Anche se mi sarei voluta risparmiare l'imbarazzante incontro con Jacob e la sua Miss Gambe Chilometriche.

Abbandono le scarpe in un angolo e sostituisco i miei jeans con un vecchio leggings.

Raccolgo i capelli in una comoda coda e mi precipito verso il bagno: sono ansiosa di sciacquarmi via il trucco dal viso magari insieme al ricordo di questa strampalata festa.

Mi aggiro tra le stanze come uno spettro: l'assoluta quiete che regna in casa mia appare terribilmente scomoda se paragonata alla musica assordante della festa.

Io però ho sempre amato il silenzio.
A molti provoca disagio, ad altri ansia oppure inquietudine, ma non è il mio caso.

C'è qualcosa di intrinsecamente poetico nell'assoluta assenza di suoni.

Il caos nel quale è immerso questo strano mondo non concede un solo momento per respirare, per pensare, per fare ordine in se stessi.
È solo nel silenzio che si maturano le scelte migliori.

E spesso, è proprio ciò che fa silenzio che riesce ad esercitare un fascino senza eguali.

Questa sera però l'armoniosa assenza di rumori che pervade le mura di casa mia viene turbata da qualcosa.

Il campanello.
Deve trattarsi di Noah.

Mi precipito all'ingresso con passo instabile e spalanco la porta in un solo gesto.

𝗛𝗨𝗥𝗥𝗜𝗖𝗔𝗡𝗘. 𝗧𝗨 𝗦𝗘𝗜 𝗟'𝗜𝗡𝗔𝗦𝗣𝗘𝗧𝗧𝗔𝗧𝗢Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora