Strani ritrovamenti

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"Mai come adesso aveva tanto onestamente sentito che avrebbe potuto amarlo, mai come adesso che tutto il suo amore era vano."
(Jane Austen)
•••
Jacob

Inspiro. Espiro.
Ancora una volta.
Inspiro. Espiro.

Non sono mai stato un tipo riflessivo.
Non rimugino su ciò che mi accade né mi lascio condizionare da inutili paranoie del cazzo.
Preferisco agire: gettarmi a capofitto ascoltando ciò che mi ruggisce sottopelle, scegliere quel che mi fa drizzare i peli sulla nuca, che mi provoca brividi sulla pelle.

Non spreco tempo nel valutare i pro e i contro, io rischio.

La mia vita è una folle partita alla roulette russa: sono io l'unico giocatore, io impugno la pistola e vivo a pieno ogni singolo istante di questo fottuto di gioco.

Ma oggi non posso semplicemente passare all'azione, non posso dar sfogo alla familiare scarica di adrenalina che mi infiamma le terminazioni nervose.

Oggi, forse per la prima volta, devo pianificare, raccogliere i pensieri.

E cazzo, è più difficile di quanto mi aspettassi.

Stringo i pugni e mi ripeto in mente quanto ho appena scoperto: Derek è il vero responsabile dell'incendio nell'appartamento di Elisabeth.

Avrei dovuto capirlo.

Prima o poi lui avrebbe agito: le sue minacce non sarebbero rimaste vacue parole fluttuanti nell'aria. Thompson è un criminale, un uomo scaltro che sacrificherebbe la sua stessa anima pur di raggiungere i suoi loschi scopi.

Questa volta ha colpito Elisabeth, a causa mia.
Per colpa della mia negligenza, per colpa della mia distrazione e disattenzione.
Sono un maledetto colpevole.

Non ho dato il giusto peso all'incarico, non ci ho lavorato duramente e mi sono fatto assorbire da Beth, da queste sensazioni del cazzo che turbinano nel mio petto.

Il vero problema? Non ho idea di come portare a termine il lavoro.
Nonostante le mie ricerche, i miei contatti, non ho trovato nulla di rilevante su mio padre. Apparentemente, Jeremy Butler è un santo.
Nessuna prova, niente che possa macchiare la sua immagine o distruggere la sua reputazione.

Non ho nessuna arma per distruggerlo. Nessun asso nella manica per disintegrare il suo impero di denaro.

Il lento ticchettio dell'orologio mi segnala lo scorrere inesorabile del tempo. Tempo che non ho.

Sferro un pugno contro la lucida superficie della scrivania in mogano nello studio di mio padre, sono rintanato qui dentro da quasi un'ora.

Non sarei potuto rimanere alla villa sulla spiaggia nemmeno un secondo di più: come avrei fatto a guardare Elisabeth negli occhi? Come avrei potuto celarle il peso delle mie colpe?

Dopo aver farfugliato qualche scusa, inventandomi un impegno inesistente, sono uscito di corsa dal portone d'ingresso.
Il tragitto dalla villa a casa mia è stato tremendo: ho dovuto soffocare più volte l'impulso di cambiare strada per dirigermi da quel pezzo di merda di Derek.

Eppure sono riuscito a non cedere.

Ma non ho idea di quale sarà la mia prossima mossa: sono in un vicolo cieco.

''Maledizione!" Un urlo di pura furia prorompe dalla mia bocca mentre scaglio il cellulare dall'altra parte della stanza.

Lo schermo si spegne, frantumandosi in piccole crepe, ed il cellulare atterra sul parquet producendo uno strano tonfo.

Fin troppo strano.

Corrugo la fronte e mi avvicino al punto in cui ho scagliato il telefono.
L'asse del parquet sul quale è atterrato è seminascosto dal lembo di un costoso tappeto posto al di sotto  della scrivania.
Nel momento in cui appoggio il piede su quella stessa asse avverto propagarsi da quel punto uno strano scricchiolio.

𝗛𝗨𝗥𝗥𝗜𝗖𝗔𝗡𝗘. 𝗧𝗨 𝗦𝗘𝗜 𝗟'𝗜𝗡𝗔𝗦𝗣𝗘𝗧𝗧𝗔𝗧𝗢Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora