Imprevisto notturno

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"E non era una stupida, sapeva quel che voleva.
Solamente, voleva delle cose impossibili."
(Cesare Pavese)
•••
Elisabeth

Lascio andare un sospiro denso di stanchezza e preoccupazione mentre la mia mente viaggia a velocità inaudita cercando di venire a capo dell'ennesima, assurda situazione nella quale mi ritrovo incastrata.

A volte ho come la sensazione che la vita si diverta nel vedermi affogare nei problemi: mi schiaffeggia a suon di preoccupazioni e ansie, mi sfida ponendo sul mio cammino intralci sempre più ardui da superare ad ognuno dei quali sono convinta di soccombere.
Alla fine però mi rialzo.
Ed ecco in cosa mi ritrovo: in una vita che mi appare come un interminabile corsa a ostacoli.

L'ostacolo di oggi però è ben più banale: riguarda un ragazzone di un metro e ottanta che ha ingurgitato litri di whiskey e Dio solo sa cos'altro, intento a borbottare qualcosa di indistinto con il corpo abbandonato sul mio divano.

Avverto la morsa della stanchezza sopraffarmi, ruoto il collo per recare sollievo ai muscoli contratti e, con un altro sbadiglio, prendo posto accanto a un Noah maledettamente ubriaco.

"Vuoi spiegarmi per filo e per segno cosa è accaduto oppure hai intenzione di continuare con il tuo monologo da sbronzo?" Gli chiedo con un tono quanto più calmo possibile, evito di fare trapelare la preoccupazione nella quale affogo.

Noah ruota il volto verso di me e sussulto ancora una volta alla vista dei lividi scuri che deturpano i suoi bei lineamenti.

"Non credi che io abbia bisogno di un taglio di capelli? Sul serio, guardali... cazzo! Potrei farci delle treccine..." La sua mano sfiora delicatamente le punte color miele del ciuffo che gli incornicia il viso.

Sbuffo esasperata e mi avvicino alla sua spalla, tentando di riscuoterlo delle assurdità che è intento a blaterare.
Non ottengo alcuna reazione.

"Noah Christopher Olsen!" La mia voce rimbomba tra le spoglie pareti del mio appartamento.

"Dannazione Beth, potresti evitare di urlare? Il mio cervello rischia di esplodere." Porta le mani alle tempie con il volto contratto in una smorfia di fastidio.

Prima che possa anche solo ribattere, lui mi precede.

"E ti prego... non chiamarmi mai più con il mio nome per intero, è imbarazzante. L'ultima volta che l'ho sentito pronunciare sono stato beccato da mia madre a limonare con una ragazza sul pregiato tappeto del salone di casa mia.
A mia discolpa posso dire che all'epoca avevo solo sedici anni ed ero in piena tempesta ormonale."
Scuote la testa, frustrato come se stesse rivivendo quel momento.

Non posso trattenere la lieve risata provocata dalle sue parole.
Noah Olsen da sobrio è divertente, ma sotto l'effetto di alcolici è davvero uno spasso.

"È stato Caleb."

Il mio buon umore viene istantaneamente smorzato.
Le parole di Noah sono seguite da un profondo silenzio impregnato di interrogativi e di dubbi.

"Hamilton?" Chiedo inconsciamente, anche se so per certo che si tratti di lui.

Lui si limita ad annuire.

"Io, io credevo che si trattasse di..."
Cerco di spiegare incerta.

"No, Jacob non c'entra, nonostante abbiamo già avuto altre occasioni."
Capisce al volo a chi volessi riferirmi e risponde in modo enigmatico, ma cosa intende?

𝗛𝗨𝗥𝗥𝗜𝗖𝗔𝗡𝗘. 𝗧𝗨 𝗦𝗘𝗜 𝗟'𝗜𝗡𝗔𝗦𝗣𝗘𝗧𝗧𝗔𝗧𝗢Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora