Oltre ciò che vedi

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"Alcune strade portano più ad un destino che a una destinazione."
(Jules Verne)
•••
Jacob

Sono quasi le due del mattino quando varco la soglia di quella che dovrebbe essere casa mia, ma che in realtà non rappresenta altro se non il teatro del mio inferno personale.

La serata con Elisabeth ha superato ogni mia più rosea aspettativa: mai mi sarei aspettato di sentirmi così bene, di sentirmi così vivo con qualcuno.

Chiudo la porta alle mie spalle, cercando di fare il meno rumore possibile.

"Jacob, ti sembra questo l'orario di rincasare?"
La voce grave e malferma di mio padre giunge alle mie orecchie con vivida chiarezza.

Mi immobilizzo: è una delle sue serate.

"Ero da Simon." Borbotto una bugia senza neppure sforzarmi.

Mi volto per osservarlo meglio, ha un aspetto pietoso: siede su una poltrona in pelle, le gambe divaricate, la camicia sgualcita, il nodo della cravatta allentato.
I suoi folti capelli neri sono scompigliati, tra le mani stringe un bicchiere contenente del liquido ambrato.

Sul tavolo, di fronte alla poltrona, giacciono i resti di una bottiglia vuota ormai in frantumi.

"Quel Simon non mi è mai piaciuto, lo sai che la società di suo padre rischia la bancarotta? Un Butler non dovrebbe farsi vedere in giro con i falliti." Sputa velenoso con lo sguardo carico di disprezzo.

Lo guardo e mi chiedo se sia consapevole delle sue condizioni, se riesca comprendere che in fin dei conti il vero fallito è proprio lui, non importa quanti milioni abbia depositati in banca.

Stringo i pugni e mi impongo di non crollare, di non lasciare spazio alla furia che mi vibra sotto pelle. "Simon è il mio migliore amico, non importa se suo padre sia sull'orlo del fallimento, per me Simon rimarrà sempre e solo Simon."

Mio padre ride, un suono roco, invecchiato dal fumo, dall'alcol e dalla cattiveria che lo corrode.

"Sei tale e quale a tua madre: così ingenuo, sempre pronto a donarti agli altri. Hai idea di quello che ti aspetterà un domani? L'impero dei Butler sarà nelle tue mani, dovrai celebrare il nostro nome, dovrai portarlo in alto."
Tossisce e ingoia un'altra goccia di quello che credo sia whiskey.
"Non manderai all'aria il frutto del mio duro lavoro stronzetto, prima o poi ti troverai sotto la mia direzione: penserai come penso io, farai ciò che ti dirò di fare, saremo una sola persona."

Rabbrividisco mentre reprimo un'ondata di nausea al solo pensiero del suo piano malato.

Ricorda: un Butler non perde mai, un Butler non ci prova, un Butler vince e basta.

Non rispondo, non lo provocherò, non asseconderò la sua smania di controllo.

Due anni, solo due anni e andrò via di qui.
Aspetterò che Thomas raggiunga la maggiore età, poi fileremo via da questo dannato inferno.

E, se riuscirò nel mio intento, potrei provare a scappare da tutta questa merda anche prima.

Programmerò tutto nei minimi dettagli, non gli permetterò più di controllarci, impedirò che quanto accaduto quella sera si ripeta.
Costi quel costi.

Attingendo all'ultimo briciolo di autocontrollo rimasto in me, mi incammino verso le scale conducenti al piano superiore.
Con i pugni serrati e il cuore in furioso tumulto.

"Ti auguro una buonanotte, papà."  Il mio tono è calmo, controllato.
Calibrato perfettamente per celare il mio disgusto verso quest'uomo.

Resisterò a tutto questo.

𝗛𝗨𝗥𝗥𝗜𝗖𝗔𝗡𝗘. 𝗧𝗨 𝗦𝗘𝗜 𝗟'𝗜𝗡𝗔𝗦𝗣𝗘𝗧𝗧𝗔𝗧𝗢Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora