Attese

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''In spagnolo aspettare si dice "esperar" , perché in fondo aspettare è anche sperare.''
(Anonimo)

•••
Elisabeth

La settimana trascorre in maniera monotona: sveglia alle sette del mattino, turni infiniti al Katy's, risate in cucina con Noah, rientro a casa.

Il tutto si ripete in maniera ciclica tanto che quasi fatico a distinguere il passare dei giorni.

L'ultimo incontro con Jacob mi appare alla mente come un ricordo sbiadito, un alone indistinto e inizio a dubitare che sia realmente successo.
Non l'ho più visto da quella sera.

Credo che ormai la fase Elisabeth sia stata superata.
Anzi, sono più che convinta che quel ragazzo abbia già iniziato a dedicare le sue attenzioni a qualcun'altro.

Mi sento invasa da una sensazione di sollievo nel realizzare tutto questo, ma è un sollievo a tratti amaro.
Un sollievo che dura il tempo di un soffocato respiro.

Il pensiero di essere stata così facilmente rimpiazzata mi lascia un retrogusto aspro sulle labbra: non che mi aspettassi chissà cosa da lui, eppure le sue parole, forse per un po', mi sono sembrate convincenti e vere.

Quasi credevo di essere riuscita ad attirare le attenzioni di un ragazzo semplicemente rimanendo me stessa, senza filtri.

Scuoto la testa, ho sempre creduto che non ci si potesse aspettare nulla dai tipi come lui: non mi sbagliavo.

***

La domenica giunge veloce e finisce altrettanto in fretta.

Sono davanti all'entrata del mio condominio, intenta ad armeggiare con la serratura nel tentativo di aprire questo vecchio portone cigolante.

"Grazie a Dio finalmente sono a casa." Sussurro stancamente, nell'attimo in cui la porta si spalanca.

D'un tratto, i fari di un'auto inondano la strada buia e deserta della mia via e mi ritrovo investita dalla fredda luce di quegli abbaglianti.

Mi volto e, aguzzando lo sguardo, cerco di capire a chi possa appartenere la costosa macchina appena parcheggiata nel vialetto.

E poi...Jacob fa capolino dallo sportello della vettura.

Cosa diamine ci fa qui a quest'ora?

"Scusa il ritardo, Beth." Mi dice, scendendo con una certa fretta dall'auto, ha il respiro affannato e i capelli ridotti ad ammasso informe di ricci.

Per la millesima volta mi chiedo cosa abbia di tanto speciale questo ragazzo perché è in grado di terrorizzarmi ed affascinarmi al tempo stesso.

"Ritardo? Per cosa?" Non ho idea di cosa stia parlando e la confusione mi lambisce la mente con i suoi tocchi furtivi.

In risposta, Jacob mi scaglia uno sguardo esterrefatto, strabuzzando gli occhi come se non riuscisse ad accettare ciò che ho appena detto.

"Come per cosa? È domenica, il nostro giorno, abbiamo stretto un accordo, ricordi? Sono venuto per dimostrarti quanto io sia fantastico e farti ricredere sul mio conto, e ogni domenica sera sarò qui per portare a termine questo compito." Lo dice come se fosse la cosa più ovvia del mondo.

Non può fare sul serio.
"Dici davvero?"

Nel sentirgli definire questo giorno come nostro sento una morsa prendere a calci il centro del mio petto.
Maledetto, ci sa fare con le parole.

"Sono qui, no?" Si indica con un dito.

"Si, sei qui." Ripeto, sorridendo come una sciocca ragazzina incosciente.

𝗛𝗨𝗥𝗥𝗜𝗖𝗔𝗡𝗘. 𝗧𝗨 𝗦𝗘𝗜 𝗟'𝗜𝗡𝗔𝗦𝗣𝗘𝗧𝗧𝗔𝗧𝗢Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora