Lo scontro

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"Mai come adesso aveva tanto onestamente sentito che avrebbe potuto amarlo, mai come adesso che tutto il suo amore era vano."
(Jane Austen)
•••
Jacob

È ormai sera quando abbandono il mio borsone sull'immacolato pavimento dell'ingresso di casa mia.

Il bagaglio atterra con un tonfo che rimbalza e riverbera lungo le spoglie pareti come una pallina da ping pong.

Mi guardo intorno come se vedessi la casa dove sono cresciuto per la prima volta.

L'ambiente è immerso in un silenzio scomodo e a tratti lugubre, quel tipo di silenzio capace di far affiorare brividi di disagio che serpeggiano sulla pelle.

Sono fermo sul posto mentre tento di combattere lo strano senso di pesantezza che si è impossessato dei miei arti, rendendomi difficile anche solo avanzare di qualche passo.

I rumori di pentole e stoviglie si diffondono dall'ampia cucina situata a poca distanza da dove mi trovo.
Impongo al mio cervello di mettersi in moto, obbligo le mie gambe ad avanzare verso quella stanza.

Quando mi affaccio alla porta scorgo Lizzy, la nostra governante: è intenta a pulire i fornelli con meticolosità mentre canticchia quella che mi sembra una canzone pop degli anni ottanta.

Mi schiarisco la voce per segnalare la mia presenza.

"Jacob, mio caro, sei tornato finalmente!" Si volta verso me, abbandonando la spugna sul piano cottura e, asciugandosi le mani sul grembiule, mi corre incontro per depositare due grossi baci su entrambe le mie guance.

Mi sforzo di sollevare gli angoli della mia bocca per dar forma a qualcosa quanto più simile possibile ad un sorriso, ma le mie labbra si rifiutano di collaborare e, complice il peso che sembra opprimermi il petto, mi ritrovo a rivolgerle un ghigno sbilenco.

Lizzy, che mi ha visto crescere e rubarle i biscotti che preparava fin da quando ero piccolo, deve aver notato qualcosa di strano trapelare dal mio viso perché inizia a scrutarmi con un'occhiata carica di apprensione.

Si scosta da me e si raddrizza in fretta per rivolgermi la parola.
"Cosa succede caro? Non hai una bella cera." Osserva indicando la mia faccia con un cenno del mento e la preoccupazione negli occhi.

Dalle mie labbra non fuoriesce altro che uno sbuffo che però avrebbe dovuto essere una risata.

L'ultima volta che ho gettato uno sguardo al mio riflesso allo specchio ero in condizioni a dir poco disastrose.
Il mio era il volto di chi aveva poche ore di sonno addosso, due mega sbronze sulle spalle e tanta, troppa rabbia repressa.

Non oso immaginare come possa apparire ora, adesso che sono qui.

"Nulla di cui preoccuparsi, è solo stanchezza.
Vedrai, una notte di sonno mi farà tornare come nuovo." Rispondo con voce piatta facendo spallucce.

"Non c'è miglior medicina di una bella notte di riposo." Ribatte, passandosi le mani sul grembiule, ma con poca convinzione nella voce.
"Poi la casa è tranquilla, tua madre e Thomas torneranno domani sera, avrai tutto il silenzio del mondo per te." Mi strizza l'occhio, tornando ad armeggiare con gli utensili da cucina.

Porto le mani sul viso, stropicciandomi gli occhi nervosamente e, quando decido di parlare, lo faccio cercando di occultare l'ansia che mi corrode le viscere.
"Lui è qui?"

Non c'è bisogno che io specifichi chi riguardi la mia domanda.

L'affabile governante di casa mia coglie tutto al volo.

Lizzy raddrizza il capo di colpo e torna ad analizzarmi con preoccupazione e rassegnazione.

"Si." Risponde storcendo la bocca, un chiaro sintomo dell'antipatia che nutre verso mio padre. "È nel soggiorno, sta lavorando. Come al solito." Risponde, torcendosi le mani.

𝗛𝗨𝗥𝗥𝗜𝗖𝗔𝗡𝗘. 𝗧𝗨 𝗦𝗘𝗜 𝗟'𝗜𝗡𝗔𝗦𝗣𝗘𝗧𝗧𝗔𝗧𝗢Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora