Graffi e schiaffi

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"Se mai dovessi perderti io proprio non saprei da dove cominciare a dimenticarti."
(ChiaraNonEsiste, Twitter)
•••

Elisabeth

Il vento sferza furiosamente sul mio viso e i miei capelli ondeggiano al comando della selvaggia brezza serale.

Una serie di brividi mi serpeggia viscidamente sul corpo acceso dalla rabbia e dal senso di colpa in egual misura.

Cammino a passo svelto incurvando la schiena e ricopro in pochi secondi la breve distanza dall'interno del locale all'ampio parcheggio antistante ad esso.

Mi stringo le braccia intorno al busto come se potessero farmi da scudo dall'amara sensazione di delusione che sento riverberare nel petto.

<<Gli uomini ingannano Elisabeth.
Ti ammaliano a suon di dolci parole e promesse suadenti, per poi usarti e gettarti via non appena incrociano il languido sguardo di un altra donna da soggiogare. E tu avrai già commesso l'errore di avergli consegnato il tuo cuore.>>

Le parole di mia madre risuonano a gran voce nella mia mente: un avvertimento che mi è stato ripetuto infinite volte, come un mantra.

Dopotutto, forse ha ragione.

Eppure il mio cuore è ancora intatto, perfettamente corazzato dietro la barriera che ho eretto a difesa di qualsiasi persona che tenti di avvicinarsi.
Una barriera nella quale Jacob è riuscito ad insinuarsi aprendo un minuscolo varco.
Uno spiraglio di luce che mi occuperò di sigillare, cancellando quel ragazzo dagli occhi verdi dalla mia  memoria assieme alle emozioni che in me ha suscitato.

Come ci è riuscito? Come ha fatto a fingere così bene quella sera? Come ha potuto guardarmi con occhi straripanti di desiderio per poi correre da lei?

Ed io, stupidamente, sono stata sul punto di cedere.
Ho rischiato di sfiorare il punto di non ritorno, di cadere vittima delle sue labbra.

"Elisabeth! Fermati!"

È lui.

La sua voce giunge fin troppo chiara alle mie orecchie e odio il fatto che il solo sentirlo parlare mi provochi delle sensazioni che ho il terrore di analizzare.

Mi sta rincorrendo? Sul serio? Di nuovo?
Come può continuare a reggere un gioco del genere?

Inaspettatamente, ordino ai miei piedi di fermarsi.

Mi fermo sul posto, sollevo lo sguardo e osservo il cielo scuro che minaccia di riversare su di noi la sua collera annunciando l'imminente arrivo di un temporale.

Un respiro. Due. Tre.

Prendo un paio di boccate d'aria, mi convinco che mi serviranno per trionfare in questo confronto finale.
Per uscire di scena, o meglio, per scacciare via Jacob una volta per tutte.

So che si trova posizionato alle mie spalle prima ancora che proferisca parola.

È questa assurda elettricità che ci lega ad avvertirmi della sua presenza, si tratta di questo inspiegabile impulso che vibra tra noi che mi spinge a voltarmi per rispondere al suo sguardo.

"Elisabeth."
Sussurra sottovoce, i pugni stretti ai lati del suo corpo.

Non mi accorgo di aver portato una mano tra i capelli nè di star torturando una ciocca della mia chioma in segno di nervosismo.
Eppure eccomi qui.

𝗛𝗨𝗥𝗥𝗜𝗖𝗔𝗡𝗘. 𝗧𝗨 𝗦𝗘𝗜 𝗟'𝗜𝗡𝗔𝗦𝗣𝗘𝗧𝗧𝗔𝗧𝗢Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora