La festa

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"Il vero segreto per divertirsi alle feste è capire quando è il momento giusto di andarsene."
(Anonimo)
•••
Elisabeth

Alle 22:01 Noah bussa con entusiasmo alla porta del mio appartamento.
Alle 22:02 mi pento ufficialmente di aver accettato il suo invito.

"Raggio di sole!" Esclama, facendo capolino dal mio ingresso.

Incrocio le braccia al petto e lo osservo con severità.
"Ricorda le regole che abbiamo stabilito." Lo rimbecco tagliente.

Noah corruga le sopracciglia con sospetto, poi risponde.
"Non direi che si tratti di regole che abbiamo deciso di comune accordo, però ti prometto solennemente di rispettarle." Con un gesto teatrale porta una mano sul cuore e fa un inchino.

Lo osservo passarsi una mano tra i capelli che gli ricadono sulla fronte in un lungo ciuffo di una chiara tonalità di castano: mi domando se siano morbidi al tatto come lo sembrano alla vista.

Nonostante il caotico flusso dei miei pensieri, noto che lui mi sta attentamente studiando, squadrandomi da capo a piedi quasi come se fosse pronto a comunicarmi un verdetto.

"Sai, speravo di potermi godere la visione del tuo corpo fasciato in uno striminzito vestito o in una gonna vertiginosamente corta, ma senza dubbio il tuo outfit è tipico di Elisabeth. Non mi sarei aspettato nulla di diverso, anche se lo avrei apprezzato." Sorride sfacciatamente, strizzandomi l'occhio.

"Olsen, sei davvero un coglione!" Rido di gusto, dandogli un innocente buffetto sulla guancia.

Getto un frettoloso sguardo ai miei vestiti: jeans a vita alta, logore sneakers e un banale top nero.

Desidero solo comodità: per nulla al mondo avrei condannato i miei piedi ad una serata sui tacchi nè tantomeno sarei stata disposta a morire di freddo solo per mostrare un po' di pelle nuda.

"Cosa intendi dire con tipico di Elisabeth?"
Gli chiedo, riferendomi alle sue parole di qualche attimo fa.

"Tu vai controcorrente, non ti uniformi agli altri perché non vuoi essere come gli altri. Sei l'eccezione.
E ti assicuro che i tuoi jeans valgono mille volte di più dei vestiti succinti di quelle figlie di papà, perché sanno di te e non dell'ennesima copia di un'altra persona." Noah risponde di getto, le parole fluiscono dalle sue labbra con leggiadra delicatezza.

Sussulto dalla sorpresa e rimango letteralmente senza parole dinnanzi a questa sua improvvisa, ma profonda riflessione.

"Chi sei tu e cosa ne hai fatto di Noah?" Tento di celare lo stupore che le sue parole hanno trascinato con loro.

"Beth, so essere molto altro, non solo battute e risate."
I suoi occhi sono fissi nei miei e, pochi secondi dopo, scivolano cautamente verso le mie labbra: mi sembra di scorgere una luce diversa in lui, ma prima che possa pormi anche solo un'altra domanda lo sento parlare di nuovo.

"Avanti, andiamo a far festa!"
Solleva un pugno in aria e lo agita trionfante.

È tornato il solito raggiante Noah e, sorridendo, lo seguo fuori dal mio appartamento.

***

Il tragitto in macchina con Noah è piuttosto tranquillo, una canzone pop accompagna la nostra conversazione: discutiamo del lavoro, dei miei gusti in fatto di vestiti e della serie tv che Noah mi sta pregando di guardare da mesi ormai.

L'orologio batte le dieci e mezza quando arriviamo nei pressi della residenza degli Hamilton: una maestosa villa che si affaccia imponente in uno dei quartieri più ricchi della città.

𝗛𝗨𝗥𝗥𝗜𝗖𝗔𝗡𝗘. 𝗧𝗨 𝗦𝗘𝗜 𝗟'𝗜𝗡𝗔𝗦𝗣𝗘𝗧𝗧𝗔𝗧𝗢Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora