L'incontro

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''Spesso s'incontra il proprio destino nella via che s'era presa per evitarlo.''
(Jean de La Fontaine)
•••
Elisabeth

"Beth, prendi l'ordine del tavolo numero cinque! Stanno aspettando già da dieci minuti." Tuona Paul con voce grave dalla cassa.

Borbotto una protesta sottovoce e mi precipito al tavolo in tutta fretta.
Come da repertorio, saluto cordialmente i clienti affamati: "Benvenuti al Katy's, io sono Elisabeth, cosa vi porto?" Domando con gli occhi fissi sul taccuino.

Sollevo lentamente lo sguardo per focalizzarmi sui volti che ho di fronte: i miei occhi registrano dapprima le unghie perfettamente curate e smaltate che reggono il menù, poi si spostano verso una cascata di lunghi capelli biondi ed infine si posano su un viso da angelo al centro del quale spuntano due grandi occhioni azzurri.

Si tratta degli occhi di Emma Carter.

Figlia di una delle famiglie più ricche ed influenti di San Francisco, Emma è senza dubbio una delle ragazze più amate ed invidiate dell'intera città.

Insomma, è quanto di più diverso possa esserci da me.
Io e lei siamo gli antipodi.

"Prenderò una fetta di cheesecake alla fragola." Annuncia con voce morbida e melodiosa rivolgendomi un piccolo, timido sorriso.

"Per me un hamburger senza cipolla e con doppia porzione di patatine fritte." Aggiunge una voce squillante al fianco di Emma.

Solo allora mi rendo conto della presenza di un'altra ragazza al tavolo.

La osservo accuratamente, ha un look che definirei con una sola parola: normale.
Indossa un anonimo cardigan grigio e dei jeans consunti, il suo viso è sormontato da un enorme paio di occhiali dalla montatura tonda.

Lei sembra rispecchiarmi un po' di più soprattutto perchè, guardandola al fianco di Emma, riesco a percepire come queste due ragazze siano lontane anni luce l'una dal mondo dell'altra e questa è una sensazione che mi è parecchio familiare.

Alle volte mi sento così distante dal resto della gente, incapace di costruire legami e di riuscire ad identificarmi con quella massa di persone che dovrei considerare a me vicini o affini perchè miei coetanei.

Mi sento sola e circondata solo dal mare della mia solitudine.

Sono un'isola.

Stringo con forza la presa sulla matita e tento di relegare nel cassetto più recondito del mio cervello questi assurdi pensieri, troppo pesanti da elaborare all'ora di pranzo.

"Il vostro ordine arriverà subito, buona continuazione." Esclamo, stampandomi in faccia un sorriso tutt'altro che genuino.

Mi precipito sgambettando in direzione della cucina per assegnare l'ordine al nostro cuoco: Noah Olsen.

Noah è un ragazzo d'oro.
Lavora con noi da poco tempo, ma sono certa che Paul lo apprezzi un sacco.
Non solo per la passione e l'impegno che dedica al suo lavoro, ma anche, e forse soprattutto, per il suo innato senso dell'umorismo e la sua affabilità.

Mi viene difficile non adorarlo a mia volta: riesce a strapparmi una risata nei momenti più improvvisi e non esista a prestare attenzione a ciò che ho da dire se necessito di qualcuno che sappia ascoltarmi o regalarmi il giusto consiglio.

"Ecco l'ordine del tavolo numero cinque!" Urlo, consegnandogli il foglietto sul quale ho annotato tutto.

"Ma buongiorno anche a te, raggio di sole." Mi saluta, strizzando l'occhio con aria ammiccante.

Raggio di sole.

Mi chiedo ancora cosa diamine lo abbia spinto ad affibbiarmi questo assurdo nomignolo.
Scartando l'ipotesi che possa essere stato ispirato dal mio carattere, dato che sono inevitabilmente conosciuta per il perenne muso lungo che sfoggio sul viso, credo che sia tutta colpa della mia divisa da lavoro.
Gialla come il sole.

𝗛𝗨𝗥𝗥𝗜𝗖𝗔𝗡𝗘. 𝗧𝗨 𝗦𝗘𝗜 𝗟'𝗜𝗡𝗔𝗦𝗣𝗘𝗧𝗧𝗔𝗧𝗢Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora